Su tutti i media locali si è parlato della pizzetta e della sigaretta a 400 euro.
Nel primo caso siamo in piazza Walther. Una ragazza e un ragazzo, partner, attratti dal suono di una chitarra, si avvicinano all'artista di strada. Si siedono, calano la mascherina al mento e si accendono una sigaretta. Stanno insieme e si tengono a distanza dagli altri avventori. Dopo qualche minuto intervengono due agenti. Documenti, fotografia e 400 euro di multa senza alcuna forma di preavviso né un invito a lasciare il luogo. La multa vi arriva direttamente a casa, dice uno dei due.
Il secondo caso è simile. Due ragazze sono in pausa pranzo. Comprano una pizzetta. Si siedono in piazza Municipio, distanziate, su una panchina. Arriva una pattuglia. I vigili filmano e poi scendono dall'auto. Documenti e 400 euro di multa.
Nessuna comprensione, nessuna tolleranza, nessun preavviso. Le due ragazze scrivono una lettera a Kompatscher e Caramaschi.
È evidente come in ambedue i casi non ci sia rischio alcuno. Conosciamo le argomentazioni a monte: vogliamo evitare gli assembramenti, vogliamo dissuadere. Ma la sigaretta e la pizzetta di cui sopra sono cose diverse. Non hanno niente a che vedere con i bordelli dell'apres ski o i festini sotto il fungo termico.
Manca umanità, buon senso, flessibilità. La sanzione, 400 euro, è ingiusta e sproporzionata.
Così, gli operai edili che lavorano nel cantiere e asportano l'hamburger dal chiosco, dove devono andare a mangiarlo?
Sabato ho visto consumare coppette di gelato in piazza Mazzini. Tutti distanziati, su panchine diverse. Che male c'è? Dovevano squagliarsi il gelato verso casa per berselo poi sul divano? Allora è meglio chiudere la gelateria.
Che senso ha la mascherina per uno che cammina da solo distante dagli altri?
Gli esempi possono essere decine.
Sull'ultimo numero di Internazionale interviene con l'articolo “Gli errori che hanno aiutato il virus” Zeynep Tufekci, una sociologa di fama mondiale.
C'è una grande “differenza tra spazi esterni e interni...All'aperto è l'opposto. C'è un solido motivo scientifico per cui esistono relativamente pochi casi documentati di trasmissione all'aperto, anche dopo un anno di lavoro epidemiologico: l'aria aperta diluisce il virus molto rapidamente e il sole aiuta a disattivarlo, fornendo ulteriore protezione. La superdiffusione, che è il più grande motore della pandemia, sembra essere un fenomeno che riguarda esclusivamente gli spazi chiusi. Ho letto tutti i rapporti che sono riuscita a procurarmi nell'ultimo anno e devo ancora trovare un evento di superdiffusione confermato che si sia sviluppato solo all'aperto”.