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Una favola da Gerusalemme

Una delle tappe del mio tour israeliano mi ha condotta nella città santa, così ne ho approfittato per fare una passeggiata in questo concentrato di storia delle religioni. Dopo la vertigine prodotta dal vortice di simboli di tutti i culti possibili, ho cercato di scrivere qualche appunto di viaggio.

Gerusalemme ostenta le sue multiformi scaramanzie sedimentate; giacimenti anzi, miniere di odio. Le strade pullulano di truppe schierate, in uniformi militari o religiose. Simboli accostati gli uni agli altri, che si fronteggiano dalle vetrine di souvenir. Il nome di Dio riempie la bocca i pensieri ed i gesti della gente che passeggia, prega, vive, lavora e se ne disputa il possesso. Nel suo nome si combattono le guerre di conquista. Nel suo nome si armano gli eserciti. Nel suo nome si reclama la terra. Immagino lo sguardo dalla croce, chissà se sarebbe più pieno di rabbia o di compassione.

Così, mentre passeggiavo, cercavo di guardare, poi di trovare le parole per ciò che vedevo, poi di ordinare le parole, ed invece di una cronaca di guerra ne è uscita una favola.

Ecco la storia.

C'era una volta il diamante più grande del mondo. Tutti lo volevano, anzi, ne reclamavano il possesso come un sacro diritto. Arrivarono tutte le fazioni e schierarono le loro truppe, proclamando a gran voce le ragioni dei propri eserciti. I loro simboli si fronteggiavano persino dalle vetrine dei souvenir.

Il nome del diamante riempiva la bocca ed i gesti delle persone che vivevano, amavano, pregavano, e lottavano. Ciascuno parlava a nome suo. Ne interpretavano la muta volontà, ed armavano sempre più numerosi eserciti.

Le lotte cruente sembravano non dover finire mai, col passar del tempo le parole si sovrapponevano alle parole, le ragioni si moltiplicavano, le strade pullulavano di uniformi di tutti i colori, le complessità crescevano. I detriti della guerra si andavano stratificando, e formavano enormi giacimenti, miniere d'odio. Muri sempre più alti, difesi da armi sempre più micidiali.

Finchè un bel giorno il più grande saggio portò il diamante in un laboratorio, e lì scoprirono che era solo un grande pezzo di vetro, bello ma senza valore. La guerra finì, le persone si spogliarono delle insegne di guerra, e guardandosi senza divise finalmente impararono a riconoscere la bellezza ed il valore della diversità rispettata.

La pietra rimase per ricordo al centro di un grande meraviglioso giardino aperto, dove ora giocano i bambini e gli innamorati si baciano, e chi lo attraversa lo possiede quanto più lo ama e lo cura per tutto il tempo della passeggiata.