Kuhnlein, il legno ferito degli umani
Fessure e spacchi, nel legno duro di abete, di olmo, di quercia: come ferite. E quelle quattro teste rosse che significano le età dell’uomo (Stationen des Lebens) ma ci colpiscono come urli della cronaca: magari, decapitazioni di guerra (anche in Ucraina, succede!). E quei tagli e strappi nella carne del legno: come un corpo aggredito da una forza della natura, magari da un grande carnivoro che usa i suoi denti. Arte che ci rispecchia la vita. Legno che pare grondare sangue.
Le sculture di Andreas Kuhnlein, al Castello di Pergine, sono un grande emozione. Forse anche il passato di poliziotto di frontiera ha allenato l’acclamato artista bavarese – le sue opere sono esposte a Berlino come in Corea, nel Québec e in Cina – a scrutare la debolezza degli esseri umani e a darsi una consapevolezza politica del ruolo dell’arte, privilegio di libertà.
E quando con la motosega affronta i tronchi schiantati o malati che sono la sua materia prima (non taglia alberi vivi per realizzare le sue opere), Kuhnlein incide ferite profonde in quei corpi, in quei volti. Ce li restituisce con le ferite in superficie, visibili, esplicitate, mentre sappiamo quanto sia la sofferenza nascosta, negata, occultata ad essere il nemico più insidioso per gli esseri umani.
Il titolo della mostra, allestita dallo stesso scultore, è Spuren des Menschseins, “Tracce di umanità”, e sono 28 sculture e gruppi scultorei, 28 tracce corpose, concrete, coinvolgenti. Intorno alle mura e dentro il Castello. Perfettamente inserite tra alberi e bastioni grazie all’intelligente coordinamento di Manuela Dalmeri, “castellana” infaticabile.
Il Castello di Pergine, luogo mitico tra tigli roveri castagni e il raro carpino bianco, luogo culto dei teosofi di Krishnamurti, luogo amatissimo dai viaggiatori tedeschi diretti verso il mare, e da mani tedesche (Burg Persen Gesellschaft) riveduto e riscritto, almeno negli enigmatici arredi interni, a inizio del secolo scorso, è oggi della Fondazione CastelPergine Onlus, che è riuscita – correva l’anno 2018 – nel miracolo di sottrarre ad un acquisto privato o al declino un monumento così significativo. Novecento i sottoscrittori, azionariato popolare, appassionato, dalla forte valenza culturale, che ha meritato il riconoscimento della bandiera verde. La Fondazione è oggi presieduta da Carmelo Anderle, e ha sempre un sacco di idee oltre a dedicarsi al restauro del Castello, dove oggi si può pernottare e mangiare. Nel Castello e intorno al Castello si vive l’arte. Da oltre trent’anni, dalla personale di Fabrizio Plessi nel 1991, è luogo di esposizioni eccellenti e spiazzanti. E questa è la trentesima edizione.
C’è tempo fino a inizio novembre per vedere gli uomini lignei di Kuhnlein (nato nel 1953 nel Chiemgau, l’anno scorso insignito dell’Ordine al merito della Repubblica federale tedesca) al Castello di Pergine. Una deviazione che vale la pena. Perché in quei corpi riconosciamo, uno ad uno, i nostri dolori, il nostro invecchiare.
La mostra ha un totem, sul pendio verso le mura ovest: è il Sisyphos/ Sisifo che rimanda a Camus, con quella sua pietra che bisogna pur spingere in su, anche se sappiamo che da un momento all’altro può rotolare di nuovo a valle. Bisogna immaginare Sisifo “felice” nella sua fatica, avverte Camus, come se “la lotta stessa verso le vette fosse sufficiente per riempire il cuore di un uomo”.
L’umano. L’umanizzazione. Il ritrovare le radici del nostro essere. “Die Holzplastik von Andreas Kuhnlein – scrive Dorothee Baer Bogenschütz nel catalogo di Publistampa – propagiert die Humanisierung über den Dialog mit dem Baum. Darauf hat der Wald sein Wort „Wald. Baum. Kunst. Die Motorsäge. Una motosega, strumento di lavoro artigianale e industriale, che diventa scalpello artistico. Spiega Kuhnlein: “Molti pensano che il lavorare con la motosega sia un’azione spettacolare. Per me la motosega è uno strumento sensibile e un mezzo per raggiungere lo scopo. Mi dà la possibilità di realizzare in modo relativamente veloce i vari stati d’animo e inoltre mi costringe a limitarmi all’essenziale. Niente di più e niente di meno”.
Vedere per credere. Auf Wesentliches , all’essenziale puntano davvero le figure di Kuhnlein: il Lichtblick, testa rossa e corpo bianco, appeso alla torre; l’Ikarus che precipita inesorabilmente; il re e la regina così come i contadini; il Kaiser e lo Zwiegespräch, fino al Pensatore (Im Gedanken) che è facile irridere nel suo nascondersi il viso, come a sfuggire dal contatto con la realtà. Eppure senza pensiero non nasce nulla, neppure un’arte visiva con la forza controllata della motosega, che intuisce la vena del taglio ancora prima di penetrare nella carne del legno.
Non siamo “solo” le nostre ferite, sembra dirci Kuhnlein: ma senza riconoscere le nostre ferite, non sappiamo nulla di noi stessi. Nulla degli altri.
gute tiefsinnige idee..
gute tiefsinnige idee..