Society | Comunicazione

Citizen journalism, strumento di testimonianza

Il web ha rivoluzionato il mondo dell'informazione, il fruitore di contenuti giornalistici diventa co-protagonista.
Beibehalten was gut ist und gleichzeitig Neues bieten: Der Flyer zur diesjährigen Ausgabe des „Burning Park“-Festivals in Welsberg.
Foto: Burning Park Festival

Il citizen journalism è uno dei frutti della società dell'informazione in cui siamo immersi. Nelle infinite situazioni in cui accade qualcosa di importante – magari di drammaticamente importante – e un giornalista non è presente a documentare il fatto, ecco che le moderne tecnologie di comunicazione entrano in gioco. Le possibilità di interagire offerte da Internet sono sempre più ampie, con i lettori che sempre più diventano co-protagonisti nella comunicazione con la parola scritta, immagini, video. Insomma, l'informazione unidirezionale tipica di giornali, radio, televisione sta lasciando via via il passo a piattaforme web dove chiunque può “fare” informazione, oltre che fruirne. Di esempi non ne mancano certo, dal video sul pestaggio da parte delle polizia losangelina dell'afroamericano Rodney King – un video che fece il giro del mondo – ai mille messaggi, articoli, video, foto che hanno documentato le recenti Primavere arabe. E naturalmente lo stesso salto.bz è un progetto con una filosofia partecipativa.

Ma tra un normale cittadino armato magari di uno smartphone di pessima qualità e un altro che invece è stato formato da un corso apposito per realizzare documenti di tipo giornalistico, la differenza è naturalmente grande. In Alto Adige è la scuola di cinema Zelig a lavorare (anche) nel campo del giornalismo partecipativo. “Sono alcuni anni che organizziamo corsi specifici – spiega Georg Zeller della Zelig – lavorando su diverse tematiche e collaborando con Ong che usano questo metodo per raccontare storie che altrimenti non arriverebbero all'orecchio dell'opinione pubblica”. E proprio con una Ong israeliana si è creata una particolare sinergia. “Il progetto di giornalismo partecipativo portato avanti dall'organizzazione B'Tselem è davvero affascinante – spiega Zeller –. Dal loro lavoro di formazione tra i palestinesi nascono dei documentari pazzeschi, scioccanti, ma sono comunque video differenti da quelli che si possono vedere su YouTube, perchè dietro c'è una formazione tecnica e narrativa e quindi il senso, come approcciare la situazione, i contattati con i media tradizionali... tutto viene gestito in modo ottimale. E questi video sono finiti anche sul sito del New York Times".