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Custodi di biodiversità

Il pastore è oggi un* professionista che ancora fatica a vedere riconosciuto il proprio valore economico e sociale. Il reportage del giornale di strada zebra.
pastorizia
Foto: Alessio Giordano
  • Il pastore oggi è un professionista che, con un occhio sempre attento al benessere del gregge e alla tutela della biodiversità, guarda alla tradizione e al tempo stesso la innova. Ma che ancora fatica a vedere riconosciuto il suo valore economico e sociale. Il nostro reportage.

  • Marzo 2024. Daniel Paratscha e Sandra Hofer, coppia di pastori altoatesini, pascolano le loro 150 pecore e 14 capre nel vigneto di un agricoltore biodinamico tra Magré e Cortina sulla Strada del Vino. Mentre i cani da guardiania – quattro pastori della Sila e un Maremmano abruzzese – riposano sull’erba, a mantenere l’ordine del gregge ci pensano lo sguardo sempre vigile della coppia e i loro cani da pastore. Girando costantemente intorno alla mandria, un Border Collie e quattro cani della Lessinia e del Lagorai si assicurano che gli animali non si allontanino. Paratascha e Hofer si concedono qualche giorno di stanzialità prima di riprendere la marcia in direzione sud. Dallo scorso dicembre, infatti, stanno percorrendo una sorta di transumanza in scala ridotta lungo gli argini del fiume Adige, da Salorno a Lana e ritorno, utilizzando la tecnica del pascolamento guidato. 

  • Pastori itineranti

    La manutenzione degli argini a opera degli ovini rientra in un progetto pilota dell’Ufficio Sistemazione Bacini Montani della Provincia di Bolzano, che ha assegnato alla coppia di pastori il compito dello sfalcio dei prati e della pulizia degli argini del fiume. Oltre a contribuire al lavoro di protezione contro le piene, i due, insieme al loro gregge, forniscono un vero e proprio servizio ecosistemico. Sandra Hofer, che dopo la laurea in Economia e commercio e alcuni anni di lavoro in azienda da un anno si dedica alla pastorizia a fianco di Paratscha, spiega che “la presenza di caprini e ovini all’interno del gregge, oltre a livellare l’altezza dell’erba senza ricorrere a mezzi meccanici, permette anche il contenimento delle neofite invasive – come, per esempio, la robinia – una delle principali cause di modificazione degli ecosistemi e di perdita della biodiversità autoctona”. Il pascolo, inoltre, garantisce una copertura erbosa più fitta e grazie al calpestio degli zoccoli rende il terreno dell’argine meno soggetto all’erosione. Iniziato a dicembre dello scorso anno, il progetto si concluderà a maggio, quando Paratscha e Hofer saliranno con il loro gregge a Malga Puez per la stagione estiva. Anche qui, con la tecnica del pascolo guidato, contribuiranno alla tutela della diversità della flora. “Conducendole e mettendo a loro disposizione specie vegetali diverse, le pecore non si nutrono solo di ciò che trovano appetibile, ma di ciò che c’è, come tipi di erba più dura che altrimenti non mangerebbero”, racconta Paratscha, che sottolinea come “questa modalità di pascolo ha fatto crescere un bel 'ricaccio'” – germogli di piante che hanno sviluppato nuovi getti per via vegetativa – “e negli anni l’erba è diventata molto più bella”. 

  • Foto: Alessio Giordano
  • Oltre alla salvaguardia dell’ambiente, per i pastori l’alpeggio comporta anche altre sfide: l’eventuale presenza di grandi predatori, il rischio di incidenti e, soprattutto, i turisti. Rispetto a un eventuale incontro con il lupo, Paratscha ha le idee chiare. “Non sono affatto d’accordo con chi dice 'schießen, schaufeln, schweigen (spara, scava, taci)' e sono convinto che la protezione del gregge vada fatta in maniera professionale con la copresenza di tre elementi: pastore, cani da guardiania e reti elettrificate”. A oggi con questo sistema i due non hanno mai subito predazioni. Quello che più preoccupa il pastore della Val Badia, quindi non è il lupo, bensì i turisti, gli appassionati di mountain bike, gli escursionisti con cane senza guinzaglio al seguito e i viandanti che si avvicinano agli animali. Per questo ritiene necessario “sensibilizzare i cittadini a prestare più attenzione verso l’ambiente e chi fa il nostro lavoro, perché la montagna non può ridursi a un grande luna park a cielo aperto”. 

    Con il loro gregge, Paratscha e Hofer forniscono un vero e proprio servizio ecosistemico.

  • Un lavoro scientifico

    “La vera pastorizia, quella praticata da Daniel e Sandra, è quasi una scienza”. Ad affermarlo è Johanna Platzgummer, storica e collaboratrice del Museo di Scienze Naturali di Bolzano, che individua nella coppia un ottimo esempio per delineare la figura del pastore contemporaneo: “costantemente a contatto con la mandria, sempre presente per evitare incidenti e salvaguardare la bio-diversità”. Una figura professionale, dunque, che sviluppa competenze anche in ambito botanico e nel pascolamento del gregge. Platzgummer aggiunge che “in alpeggio il pascolo guidato è fondamentale per la corretta gestione di alcuni tipi di piante”. Un esempio in questo senso lo fornisce la gestione del nardeto, un insieme di piante ricco di specie. Benjamin Kostner e Valeria Vitangeli del gruppo di ricerca Human-Envirnomental Interactions dell’Istituto per lo Sviluppo Regionale di Eurac Research evidenziano come il nardeto “deve essere controllato sapientemente per evitare che vada a prevalere sulle altre specie vegetali, indebolendo la struttura dell’eco- sistema”. Secondo Platzgummer e il team di ricercatori*rici è proprio il pascolo guidato svolto dal pastore con l’ausilio dei cani lo strumento migliore per mantenere un prato a nardo ricco di specie, classificato come ambiente di interesse comunitario dalla Direttiva Habitat dell’UE. Se in Italia la pianificazione delle misure volte alla conservazione naturalistica è lasciata spesso nelle mani dei singoli contadini e pastori, alcuni Paesi europei – Germania, Austria e Svizzera – vedono le istituzioni pubbliche assumersi questa responsabilità. In Baviera, per esempio, il “Bayerisches Staatsministerium für Umwelt und Verbraucherschutz” prevede finanziamenti, consulenza e accompagnamento per agricoltori, allevatori e associazioni di tutela della natura e del paesaggio che attuano misure per la creazione, lo sviluppo e la conservazione di habitat a valore ecologico. Lo stesso avviene in Austria, con il lavoro dell’associazione “Hirtenkultur”, che opera, tra le altre cose, nel mantenimento delle zone paludose. “In questi contesti”, spiega Johanna Platzgummer, “le aziende e le associazioni incaricate formano i pastori, che sviluppano così ottime competenze in ambito naturalistico”. La Provincia di Bolzano prevede alcuni contributi per gli interventi di cura e mantenimento del paesaggio. Tuttavia, gli addetti ai lavori ritengono che queste azioni possano avere un impatto significativo sulla biodiversità solo se i pastori verranno formati al pascolamento del gregge a fini conservazionistici attraverso lezioni teoriche ed esperienze pratiche. Un percorso che, a livello nazionale e locale, muove ora  i primi passi. 

  • Foto: Alessio Giordano
  • La pastorizia tra i banchi

    Negli ultimi anni, in Italia, sono nate alcune iniziative che mirano alla formazione degli aspiranti pastori. È il caso, per esempio della “ShepherdSchool” in Toscana, una scuola per pastori e allevatori realizzata nell’ambito del progetto UE “ShepForBio”. Da qualche anno anche in provincia di Bolzano si muove qualcosa. A gennaio, la Scuola professionale per l’agricoltura e l’economia domestica di Salern, frazione del Comune di Varna, ha avviato per il terzo anno consecutivo il corso di formazione per la qualifica di pastore. Si tratta di un percorso di cento ore che consente di ottenere una certificazione riconosciuta a livello europeo. 

    “L’idea del corso è nata nel 2020 e, dopo diversi incontri di programmazione, siamo partiti l’anno successivo con il primo ciclo formativo”, ricorda Gabriele Falschlunger, docente di Botanica, Agricoltura alpina e Nutrizione delle piante e coordinatrice del corso.
    Da gennaio a fine aprile gli aspiranti pastori – massimo venti persone – approfondiscono tre diversi ambiti di lavoro: benessere dell’animale, biodiversità e formazione del pascolo, protezione del bestiame. Sono previste, inoltre, alcune ore di lezione con un meteorologo. Poiché nelle malghe non c’è rete – e dunque la possibilità di consultare internet –, la capacità di prevedere il tempo osservando il cielo e in base alla forza e alla direzione del vento consente di reagire tempestivamente in caso di condizioni climatiche avverse.

    “In alpeggio il pascolo guidato è fondamentale per la corretta gestione di alcuni tipi di piante.”

    Dal 2021 a oggi hanno preso parte alla formazione soprattutto uomini, ma, sottolinea la coordinatrice del corso, “quest’anno tra i*le 17 partecipanti ci sono anche alcune donne”. È un gruppo eterogeneo, in cui persone con anni di esperienza nella pastorizia si ritro- vano sedute accanto ad altre che partono da zero. “Il primo anno, quando ho visto una classe con profili così diversi inizialmente mi sono preoccupata”, ammette Falschlunger, che però si è accorta presto che i suoi timori erano infondati. “L’interazione tra i*le corsisti*e è stata ottima: chi già faceva il pastore ha messo le proprie competenze a disposizione di chi non aveva mai lavorato con il bestiame, i*le quali a loro volta hanno riconosciuto il valore della conoscenza dei compagni più esperti”. In questo modo si è creata una rete di relazioni e in estate, durante l’alpeggio, i pastori alle prime armi hanno aiutato i colleghi più navigati per alcune settimane. “A oggi manca ancora un vero e proprio periodo di formazione sul campo”, conclude Falschlunger, “per questo, quando la rete di ex-alunni*e sarà più ampia, il nostro obiettivo è integrare al corso la possibilità di svolgere di un tirocinio”. 

  • Una vita da pastore

    Matthias Prieth, da Vernurio in Val Passiria, è uno dei partecipanti del corso della Scuola professionale di Salern. Pastore da undici anni, vive il suo mestiere con grande senso di responsabilità. “L’immaginario tradizionale ci presenta come coloro che passano le giornate all’aria aperta sorvegliando placidi il gregge, ma il nostro ruolo è molto più complesso: lavoriamo sodo e siamo fondamentali nella tutela del patrimonio naturalistico”. Proprio a questo scopo, a fine aprile Prieth sarà in Bassa Austria, dove lavorerà a un progetto di “Hirtenkultur”, un’associazione che su incarico dello Stato ingaggia pastori per pascolare pecore e capre nei biotopi al fine di mantenerli in salute. Come Paratscha e Hofer, da giugno a fine settembre poi il 33enne di Vernurio sarà impegnato in malga, dove lo aspettano mesi di duro lavoro. “All’inizio della stagione, la prima cosa da fare sono i recinti”, chiarisce. Lo scorso anno per la sua mandria di 150 mucche ne ha costruiti cinque per ben 35 chilometri di lunghezza totale, in cui ha alternato il pascolo a rotazione. Un momento molto importante, poi, è il giorno della consegna degli animali, che trascorrono le prime due settimane a fare branco, mentre il pastore ne osserva l’interazione e le condizioni di salute, fino ad arrivare a conoscerli uno per uno. Prieth ricorda che il primo giorno di pascolo dello scorso anno, per esempio, aveva notato subito una mucca dall’andatura particolare. “Ho capito che era cieca ed ero sicuro che non sarebbe sopravvissuta alla stagione. Invece ce l’ha fatta ed è stata una grande soddisfazione.”

    “Dopo alcune settimane un buon pastore conosce tutti i suoi animali.”

    Una giornata lavorativa del pastore di Vernurio dura tra le dieci e le dodici ore. La sveglia suona verso le sette. Il tempo di fare colazione e poi porta gli animali al pascolo, coprendo un dislivello di circa 700 metri. Qui, se nota una o più mucche in una posizione rischiosa o vuole che si spostino per cibarsi in un altro punto del pascolo, le fa muovere con l’aiuto dei cani pastore. Quando la situazione è tranquilla torna “a casa”per pranzo e risale dagli animali nel primo pomeriggio, ma se avverte situazioni di rischio – arrivo di precipitazioni, animali particolarmente agitati – resta tutto il giorno con loro e ritorna in malga la sera. “Questo è il mio programma quotidiano, sette giorni su sette, anche se fa freddo o nevica”. Fino allo scorso anno, al termine dell’alpeggio Matthias Prieth ha sempre trovato un’altra occupazione fino all’arrivo della stagione estiva successiva. A ottobre, però, tornerà in Bassa Austria e per la prima volta nella sua vita lavorerà come pastore per tutto l’anno. 

    “Ho deciso di trasferirmi, perché in provincia di Bolzano sono troppe le condizioni sfavorevoli che mi impediscono di lavorare come pastore 365 giorni su 365”, dice. Vivere tutto l’anno di pastorizia in Alto Adige è molto complicato. In primo luogo, perché, sebbene sia consentita nel resto d’Italia e nei Paesi dell’Unione Europea e rientri tra i patrimoni culturali immateriali dell'UNESCO, salvo rare eccezioni (Val Senales) qui la transumanza è vietata dal 2004. “Per legge, entrando in Alto Adige dal Trentino gli animali vanno vaccinati, ma ci sono diversi effetti collaterali: parti prematuri, aborti, feti riassorbiti”, spiega Daniel Paratscha. Proprio per evitare questa procedura, al termine dell’alpeggio lui e Hofer vorrebbero restare entro i confini del territorio e ripartire con il progetto di pulizia degli argini.

    Un ulteriore problema con cui fare i conti è l’inquadramento contrattuale. A oggi il lavoro del pastore rientra nel Contratto collettivo nazionale-Agricoltura. Non vi è però alcuna descrizione dei compiti che svolge e spesso viene assunto come bracciante agricolo. “L’inquadramento attuale non corrisponde alla realtà del mestiere: da contratto, infatti, un turno di lavoro non potrebbe superare le 11 ore e ogni 13 giorni di lavoro bisognerebbe godere di almeno 35 ore di stacco”, afferma Alexander Pancheri, sindacalista della CISL, che ha avanzato la richiesta di contrattazione tra parti sociali, gruppi di interesse – nello specifico Bauernbund e Coldiretti – e datori di lavoro per definire le mansioni speci- fiche del pastore. 

    Un lavoro, quindi, regolato male, molto duro fisicamente e probante anche dal punto di vista psicologico. “In malga sei da solo, con la responsabilità verso gli animali e l’ambiente”, dice Matthias Prieth. Il giovane pastore della Val Passiria confessa di essersi trovato, a volte, di fronte a uno dei suoi recinti e aver pensato “ma questo l’ho costruito per le mucche o per me?”. Quando, però, gli si chiede perché ha scelto questo mestiere, non ha dubbi: “Il pastore è il lavoro più bello in assoluto”, risponde e il volto gli si illumina in un sorriso, “perché mi permette di contribuire a una causa che mi sta molto a cuore: la tutela della natura”. 

  • Experiment LIFEstockProtect cerca volontari*e!

    Per la prossima stagione di alpeggio il progetto LIFEstockProtect cerca volontari*e che aiutino allevatori e pastori nel loro lavoro quotidiano in Austria, Baviera e Trentino-Alto Adige. Per un periodo da una a tre settimane, i*le volontari*e aiuteranno a controllare e smontare le recinzioni di protezione del bestiame e assisteranno i pastori nella cura quotidiana degli animali. Prima del loro impiego, tutti*e i*le volontari*e verranno formati. Una buona forma fisica è un requisito fondamentale.

    Info e iscrizioni:

    https://lifestockprotect.info/volunteer-workforce •Benjamin Kostner – Eurac Research, Istituto per lo sviluppo regionale:
    T +39 0471 055 848 @ [email protected]

  • Questo articolo è stato pubblicato nell'edizione di maggio 2024 del giornale di strada zebra. Foto: zebra