Chronicle | Covid-19

Un sistema sanitario a prova di crisi

La politica sanitaria non è estranea a scelte politiche o ideologiche. Non possiamo considerare gli ospedali come aziende e i medici come fornitori di servizi.
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Foto: Fabio Petrini

Durante questa emergenza il sistema sanitario, che già in tempi normali era in forte difficoltà, è stato sull'orlo del collasso. La mancanza di investimenti nel settore, sottoposto pesantemente alle politiche dell’austerity, corruzione, malgoverno e scelte sbagliate – come la privatizzazione dei servizi pubblici di interesse generale - hanno fatto il resto. Questo ha creato un sistema meno solidale nel quale il cittadino deve coprire una quota sempre maggiore dei costi per la sua salute. Nel 2017 in Italia la quota di partecipazione è arrivata al 23,5 per cento.

La salute diventa un prodotto differenziato a seconda del portafoglio dell’ammalato. Chi se lo può permettere ha un ventaglio di scelte molto più largo rispetto a chi deve affidarsi esclusivamente al servizio sanitario pubblico. In una pandemia globale come la crisi Covid, tuttavia, la mancanza di servizi sanitari adeguati non è più un problema per il singolo, ma diventa un rischio per l'intera società.

La crisi sanitaria ed economica è andata di pari passo. La pandemia ha provocato una recessione storica a livello di economia mondiale e un’analoga riduzione del potere d'acquisto dei cittadini. Dove prevale l’assistenza privata si pagano le cure riducendo ulteriormente la liquidità delle famiglie. Se poi il sistema sanitario pubblico collassa, la recessione continua ad accelerare, provocando una spirale verso il basso.

Per evitare tali crisi, serve un sistema sanitario pubblico, accessibile a tutti e finanziato in maniera adeguata dalla mano pubblica. Speriamo che il messaggio che ci lascia questa pandemia raggiunga anche i decisori politici e che il primo tassello per la ricostruzione dell’economia parta da li. È quindi auspicabile un'azione decisa per porre fine a certi processi di privatizzazione incauti.

Ma serve anche la collaborazione a livello nazionale e internazionale per gestire e prevenire tali epidemie, senza mettere in discussione la sanità regionale e la medicina di base. Il punto dolente durante la pandemia riguardava gli approvvigionamenti del materiale per la sicurezza degli operatori sanitari e dei cittadini. Solo una maggiore collaborazione e un coordinamento senza campanilismi, può evitare le strozzature negli approvvigionamenti dei materiali in caso di crisi mediche globali.

Questo aumenta inoltre il potere contrattuale e limita la concorrenza sleale vista in questi mesi, dove alcune Regioni e Stati hanno dirottato prodotti necessari nella lotta al coronavirus, a volte accumulando scorte ingenti, mentre in altri la mancanza metteva a rischio la salute e la vita dei sanitari dei cittadini.
La rincorsa al profitto ha anche altri risvolti, che non può lasciarci indifferenti.

Attraverso l'outsourcing la nostra medicina è diventata pericolosamente dipendente dai prodotti farmaceutici di base e dalle attrezzature sanitarie di paesi terzi. Esiste inoltre il rischio di acquisizioni di aziende strategiche da parte di paesi terzi. Basta pensare al caso di alcune aziende indicate come candidati per sviluppare per prime un antidoto o un vaccino contro covid-19, che si sono ritrovate al centro di “particolari” attenzioni con tanto di polemiche per una possibile distribuzione prioritaria di questi prodotti ai paesi più ricchi.

Un sistema sanitario a prova di crisi ha, infine, bisogno di standard minimi nazionali e in casi di emergenza di un coordinamento forte degli interventi. Solo mettendo a disposizioni tutte le migliori esperienze e una distribuzione razionale dei pazienti tra le varie strutture si può contrastare una pandemia. Ma anche la capacità dei pronti soccorso e il numero di posti letto per la terapia intensiva vanno organizzati in maniera funzionale su larga scala e con criteri uniformi.

Sono questioni delicate che solo un sistema pubblico può mettere in atto. E solo un sistema pubblico può coordinare e coinvolgere al meglio in caso di emergenza anche le strutture private.

Virus e batteri non conoscono frontiere per cui c’è bisogno di un coinvolgimento anche a livello europeo. La Commissione europea non a caso ha incluso risorse per i sistemi sanitari nel suo pacchetto di misure per il rilancio dell’economia. Il microscopico virus Sars-CoV-2 mostra chiaramente la strada da seguire: potenziare e non svendere i servizi sanitari pubblici. Laddove sono in gioco la salute e la sicurezza globale, gli Stati membri devono agire insieme, perché nessun paese può risolvere da solo una crisi come quella in atto.

di Alfred Ebner