Culture | Design
„Diplorama è una vetrina“
Foto: unibz, Diplorama
Salto.bz: Professor Camillini, Il motto della Diplorama è: „Non mancano gli spazi: noi manchiamo negli spazi, e loro ci mancano!“ Quanto è importante per gli studenti la visibilità?
Gianluca Camillini: È assolutamente fondamentale, soprattutto in un ambito educativo e didattico. Dopo due anni di pandemia in cui siamo stati obbligati a lasciare le nostre aule e gli spazi dell‘Università, finalmente ritorniamo a viverli. Lo facciamo con Diplorama, che è la presentazione delle tesi della Facoltà di Design e Arti. Durante i due giorni potrete vedere le tesi del master specialistico in eco-social e del corso triennale in design e arte. Mi preme molto sottolineare questa riappropriazione degli spazi, perché? Perché ci sono degli studenti che si sono iscritti a a settembre 2019 e dall‘inizio della pandemia non hanno mai visto un Diplorama di persona. Fortunatamente da un semestre abbiamo ripreso le lezioni all 100% in presenza e speriamo di continuare su questa linea.
Ora che gli spazi non mancano più, quali sono stati i suoi compiti di curatore, rispetto al ruolo tradizionale di curatore di una mostra?
Curare un Diplorama è molto diverso da quello di una mostra. Diplorama è una vetrina – per i nostri studenti e studentesse e per i loro progetti di tesi – che esiste sin dalla fondazione della Facoltà. Nei giorni immediatamente successivi alla alla discussione delle tesi, agli studenti è richiesto di presentare il proprio lavoro ai cittadini ed eventuali stakeholder, ma anche famigliari, amici e a tutti i visitatori del Diplorama. In qualità di responsabile da quando la Facoltà mi ha incaricato di seguire questo evento nel Settembre 2021, per prima cosa ho cercato di essere il più inclusivo possibile, mentre negli anni precedenti è stata fatta una selezione dei progetti, anche per le ragioni di cui sopra, penso che tutti debbano avere la possibilità di aver un riscontro, il primo, con il pubblico, perché i progetti che ogni giorno realizziamo si rivolgono proprio alle persone.
In aggiunta, in concomitanza alla presentazione fisica qui in ateneo, abbiamo aggiunto una “mostra” pubblica che si espande per le vie della città. E qui certamente c‘è una sorta di curatela, infatti dal 4 fino al 18 luglio sarà possibile vedere una selezione di progetti di tesi della sessione precedente, questi saranno affissi nelle strade di Bolzano. Quindi l‘evento non si limita soltanto allo spazio della Facoltà, ma si rivolge soprattutto al territorio, a sottolineare che l’università non potrà mai essere uno spazio chiuso, ma è aperto e in dialogo continuo con la città.
Cosa trova il pubblico in questa manifestazione rivolta alla città?
A parte l’occasione che abbiamo proprio adesso di parlare con un giornale e un sito d’informazione come Salto, che promuove e diffonde l’evento c’è la campagna promozionale a stampa e la comunicazione social che promuovono l’evento. Tra i dodici progetti cerchiamo di dare un’idea di quello che facciamo all’interno delle mura della Facoltà. Questi dodici progetti oltre ad avere come protagonista principale un’immagine, una foto, un rendering o una rappresentazione, presenta un abstract trilingue breve, che dà l‘idea di cosa tratta il progetto. Il primo che mi viene in mente è il lavoro di Giulia Olivieri che si concentra sulla normalizzazione del corpo o comunque sul fatto che il nostro corpo, spesso vittima di shaming o discriminazioni in realtà è uguale per tutti ed è perfetto e stupendo in qualsiasi forma esso si presenti. Un altro progetto è quello di Nicholas Rapagnani, che ha progettato una scarpa sostenibile durante il suo percorso di studi al master in eco-social. Cerchiamo di far emergere le tematiche più impellenti e importanti oggigiorno.
Se Diplorama prima cadeva una volta all‘anno e comprendeva le tre sessioni, adesso è tre volte all’anno: c’è la sessione primaverile a marzo, quella estiva che potrete vedere da domani dalle 18, e infine ci sarà quella invernale, che sarà a novembre. Alla fine delle tre sessioni pubblicheremo un catalogo in cui ci saranno anche dei testi a corredo e tutti i progetti delle tre sessioni raccolti in un unico „spazio“. La pubblicazione può essere richiesta alla Facoltà da parte di tutti gli interessati.
Il design non può essere (solamente) inteso come risolutore o rimedio di una problematica specifica, ma deve poter sollavare domande, stimolare le coscenze.
„A nudo. Forme della diversità genitale“ di Giulia Olivieri parla di processi naturali e del corpo che ancora non è oggetto del design. Qual è l’approccio del lavoro?
In questo caso il design ha un ruolo di mediazione e informazione. In qualità di designer la nostra studentessa diventa una facilitatrice, attraverso le sue competenze di progettazione e il prototipo di mobile app che ha sviluppato è riuscita a stimolare interesse, divulgare nozioni e creare dibattitto su di un tema cruciale come quello del corpo che, al contempo, ha a che fare con l’ inclusività. Il design, nel mio caso specifico, della comunicazione si pone come obiettivo quello di divulgare, semplificare e rendere il più accessibile possibile argomenti fondamentali nella società contemporanea. Il design non può essere (solamente) inteso come risolutore o rimedio di una problematica specifica, ma deve poter sollavare domande, stimolare le coscenze. Come nel caso del lavoro di Olivieri, fa emergere una tematica di cui altrimenti non si parlerebbe affatto, o comunque non abbastanza.
Per parlare del progetto di Ilaria Carrozzo - in arte Icaro Tuttle: Come può rendere una graphci novel come „I morti non prendono l’ascensore“ accessibile il tema dello stress post-traumatico?
Un po’ alla stregua del progetto di Olivieri. In questo caso la studentessa ha deciso di utilizzare un media “popolare”, quello del fumetto d’autore, del graphic novel. Ilaria ha deciso di trattare una tematica assolutamente complesso. Per sua indole, per suo interesse e specificità… Non tratta la salute mentale da un punto di vista alto o scientifico, ma predilige un linguaggio intimo, autorialem, che, di nuovo, si rivolge e tocca da vicino le persone.
È il modo in cui convoglia i valori della società
Passiamo al calcio: Paolo Alpago-Novello con „IM Stories“, un progetto che esamina la memoria storica condivisa. Con l’Inter ha scelto la squadra giusta per Lei?
È una tesi che seguo personalmente insieme al collega Michele Galluzzo. Io tifo per la Roma [rndr, ide], però la fede e gli interessi personali esulano completamente dalla didattica e dal contesto educativo. Ogni studente è libero di affrontare qualsiasi argomento che è nei suoi interessi, nonostante siano differenti da i miei. Nello specifico, lo studente ha fatto una ricerca davvero ottima, raccogliendo materiali di archivi ufficiali e privati.
Quanto ci vuole per creare lo spirito di una squadra? A Bolzano sembra non esserci ancora.
Io non penso che la memoria e la storia di un club abbiano a che fare con i successi. Nel caso dell‘FC Südtirol è già pazzesco immaginare di essere in serie B per una città di 107.000 abitanti. Anche qui la comunicazione gioca un ruolo importante, è il modo in cui l’ente comunica ai propri fan, indipendentemente da quanto sia grande il club. È il modo in cui convoglia i valori della società, dello sport, della collettività. Si riesce più - o meno velocemente a creare un gruppo, e fare rete – di nuovo – fra le persone.
Il progetto di Rebecca Rossetto „Hybrid StoriesAttraverso“ si occupa di pupazzi e libri per bambini e utilizza la realtà aumentata. Di che cosa si tratta ?
In questo caso Rebecca Rossetto ha utilizzato Arduino (scheda programmabile con microcontrollore e software proprietaria, nota dell'editore), quindi tecnologie di programmazione per aumentare il giocattolo, come un pupazzo o un libro tradizionale, in maniera sinestetica. Immaginiamo che io stia leggendo il libro „Nel paese dei mostri selvaggi“ di Maurice Sendak a mio figlio Leonardo [è uno die suoi preferiti]. Mentre leggo, i mostri di Sendak digrignano i denti attraverso dei suoni prodotti dai componeti all’interno delle pagine, oppure brevi animazioni si proiettano sul muro della stanza. Alla Facoltà, progettiamo basandoci su un rapporto dialogico tra analogico e digitale, tra la componente umana, che è insostituibile, e quella tecnologica, che è il presente e futuro ed è sorprendente.
Please login to write a comment!