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Politics | Accadde domani

Un Preside sovversivo?

L’occupazione del Carducci nei giorni del Pacchetto
  • Riprende e si conclude con il testo che segue la cronaca della prima occupazione del Classico Carducci di Bolzano, nel novembre del 1969. Nella prima puntata si sono rievocate le premesse dell’azione messa in atto dagli studenti per protestare, tra l’altro contro le pessime condizioni della scuola dove erano ospitati. Ora si passa alla cronaca di quei giorni.

     

    Fu un'occupazione, quella del Carducci nel novembre del 1969, che non sarebbe eccessivo definire morbida. Nessun eccesso, nessun danneggiamento di suppellettili che peraltro, come gli studenti avevano sottolineato dei loro documenti, erano già assolutamente vetuste e mal ridotte. Gli occupanti, dopo la proclamazione, si divisero in otto gruppi di studio, quattro dei quali dedicati espressamente al tema dell'edilizia nei campi della scuola, della sanità, delle case popolari e del settore privato. Gli altri gruppi erano intitolati all'organizzazione sportiva (il più vivace di tutti) all'organizzazione culturale, alla sperimentazione didattica e al ruolo degli studenti nella società. Come si vede al tema principale che aveva dato luogo all'occupazione se ne sovrapponevano anche altri, direttamente collegati al grande movimento di contestazione delle istituzioni sviluppatosi in quegli anni.

    Il tutto, come si diceva, senza alcuna forma di estremismo, con il lavoro dei gruppi di studio interrotto ogni tanto da qualche assemblea e il presidio notturno assicurato soprattutto dagli studenti più anziani. A controllare il tutto dal suo ufficio il Preside Ermete Lovera, ben deciso sin dall'inizio a considerare l'iniziativa con benevolenza se questa si fosse mantenuta entro i binari della civiltà.

    Non altrettanto favorevole, per molti aspetti, il clima che si creò nei confronti dell'occupazione in una parte del corpo insegnante e all'esterno dell'istituto. C’erano tra i professori figure legate ad un modello di scuola classista e autoritario per i quali la semplice idea che gli studenti potessero appropriarsi del tempo e dello spazio dedicati a dispensare il sapere aveva un che di sacrilego. Il timore che la rivolta in atto dall'America alla Francia fosse approdata anche sulla scalinata di piazza Domenicani riempiva intanto d'ansia il respiro di molti genitori. Telefonavano alla scuola, sollecitando sgomberi con l’uso della forza e interventi disciplinari. A giustificare almeno in parte queste preoccupazioni il clima che si respirava in quei giorni a Bolzano e che non era certo dei migliori. Proprio mentre il liceo era occupato, in città si tenne una grande manifestazione operaia in occasione di uno sciopero generale. Al corteo parteciparono numerosi studenti di varie scuole. Quelli del Classico, tuttavia, decisero in assemblea di rimanere a scuola e di proseguire i lavori nei gruppi di studio. È un fatto che durante la manifestazione operaia studenti vennero a contatto piuttosto vigorosamente con un gruppo di neofascisti che li attaccavano. Ci furono scontri e qualche ferito.

    Nella scuola occupata intanto arrivavano le autorità politiche. Si fecero vivi per parlare con gli studenti e il Sindaco Bolognini e l'assessore alla pubblica istruzione Battisti. Furono ribadite le questioni già sollevate nel documento-inchiesta, ma arrivarono anche delle assicurazioni sia sulla disponibilità a sostituire banchi d'anteguerra ed altre suppellettili sia su una decisa accelerazione del progetto per il nuovo edificio la cui collocazione è stata ormai decisa con la scelta di via Manci. 

    Nella giornata di venerdì 21 novembre gli studenti decisero a maggioranza che era arrivato il momento di concludere l'esperimento. Nel documento finale non mancavano gli spunti polemici.

    "Gli studenti del liceo Carducci occupato - dice la nota - [...] Denunciano l'assenteismo delle famiglie e le ingiustificate accuse di parte dell'opinione pubblica; deplorano l'evasività degli amministratori comunali che, sottoposti a precise domande nell'assemblea del giorno 19, non hanno saputo dare risposte altrettanto precise. Disapprovano la diffidenza e la scarsa disponibilità di molti degli enti pubblici consultati per la raccolta di materiale informativo".

    L'occupazione finisce così ma i suoi effetti si faranno sentire, sotto vari punti di vista, per un bel po' di tempo.

    Le polemiche rimaste sottotraccia nei giorni dell'occupazione non si placano con la fine della stessa e ad essere preso di mira è soprattutto il Preside Lovera, apertamente accusato da diversi insegnanti, da alcuni rappresentanti del mondo politico e dell'opinione pubblica di aver tollerato se non incoraggiato iniziativa degli studenti, di non aver preso nei loro confronti quei provvedimenti disciplinari considerati indispensabili. Lovera, dal canto suo, è tutt'altro che all'oscuro di queste manovre e ne parla apertamente in una lettera inviata, assieme a tutti i documenti approvati dagli studenti durante l'occupazione al Provveditore agli Studi e datata sabato 22 novembre, all'indomani quindi della fine della protesta studentesca.

    "Lo scrivente - afferma il Preside - mentre deplora il fatto che si sia dovuto ricorrere ad un'azione di per sé stessa illegale onde convincere i responsabili della improrogabilità di certe soluzioni, dichiara che l'occupazione si è svolta in forme sempre altamente responsabili e civili e che solo l'incomprensione e l'irrigidimento di taluni Docenti e genitori ha rischiato in qualche momento di far precipitare una situazione di per sé già abbastanza tesa".

    La risposta della massima autorità scolastica provinciale arriva una settimana dopo, il 26 novembre. "Sono soddisfatto - scrive il Provveditore Alfio Cozzi - che la vicenda si sia conclusa in tempo relativamente breve, soprattutto per interesse della S.V., e per l'atteggiamento responsabile del corpo insegnante. Ho piena fiducia che, per l'avvenire, i giovani, incitati guidati dal loro Preside e dai loro insegnanti, possano risolvere i loro problemi nella forma più responsabile dignitosa attraverso contatti con Autorità e organi di stampa, senza il bisogno di ricorrere a gesti clamorosi e atti di violenza che, essendo loro aperto un colloquio, non avrebbero giustificazione".

    Il tono di sottile minaccia della missiva è difficilmente contestabile, corredato com'è da quel cenno all'atteggiamento responsabile degli insegnanti che invece Lovera aveva almeno in parte contestato. Il clima, in aula professori resta pesante e il destino di Lovera appare comunque segnato. Nel 1971, appena due anni dopo, dovrà lasciare la presidenza. Ci si sbarazza di un uomo di scuola e di un fine intellettuale, cui la città ha dedicato un centro culturale.

    Qualunque sia stato il giudizio sull'occupazione, va riconosciuto che essa ebbe effetti pratici addirittura sorprendenti. Nel giro di qualche settimana al Carducci arrivarono i banchi nuovi. Nessuno sapeva però dove smaltire le vecchie bancate di legno che rimasero accatastate nei corridoi, limitando ulteriormente lo spazio disponibile ma creando nel contempo pertugi ed anfratti assai apprezzati, durante la pausa, dagli studenti. Altrettanto rapidamente si procedette con il progetto della nuova scuola. Il terreno di via Manci si era reso magicamente disponibile proprio qualche giorno prima dell'occupazione e il progetto prese il via con ritmi insoliti per la letargica burocrazia comunale. A distanza di poco più di due anni da quell'occupazione gli studenti del Liceo Carducci poterono fare il loro ingresso nella scuola nuova.

    Tutto dunque fu fatto molto in fretta. Forse troppo se è vero che quell'edificio, afflitto da carenze strutturali inemendabili, ha finito per dover essere demolito a meno di trent'anni dalla sua costruzione. Un vero record negativo.

     

    Il racconto di quei giorni si conclude però allargando brevemente lo guardo al contesto politico in cui si colloca l'avventura degli studenti. Ce lo suggerisce un incrocio di date davvero particolare. L'occupazione del Carducci termina, come detto, nel tardo pomeriggio del 21 novembre 1969. La mattina del giorno successivo, sabato, gli studenti entrano in classe per riprendere il normale ritmo delle lezioni. C'è da credere che pochi di loro sapessero che, nello stesso momento, centinaia di delegati SVP facevano il loro ingresso sotto le volte liberty del Kursaal di Merano per partecipare ad un passaggio storico delle vicende altoatesine. Con la risicata vittoria di Silvius Magnago si decise quel giorno il via libera al "Pacchetto". Due anni dopo, proprio nei giorni in cui gli studenti del Classico entravano nella loro nuova scuola, il frutto di quelle intese prendeva la forma del nuovo Statuto di autonomia che prevedeva istituti, come quello del bilinguismo, che sarebbero divenuti norme cogenti qualche anno più tardi. Quegli studenti, è bene ricordarlo, avevano una scuola nuova della quale però i programmi di studio erano ancora quelli che non prevedevano l'insegnamento del tedesco per tutto l'ultimo triennio e che lo consideravano come una materia minore. Un vuoto educativo che avrebbe avuto i suoi effetti sulla vita e sulle scelte di non pochi tra quei ragazzi.

     

    (2 – fine)