“Piergiorgio sarebbe felice”
salto.bz: Signora Welby, ha atteso 11 anni, da quando è venuto a mancare suo marito Piergiorgio, affetto da distrofia muscolare, per una legge sul biotestamento che è stata possibile anche e proprio grazie all’esposizione pubblica del dolore di alcune persone, cosa significa per lei questo risultato?
Mina Welby: Significa moltissimo. Sono molto soddisfatta, anche perché fino all’ultimo ho temuto che questa legge non diventasse realtà. Pensi che mi ero anche preparata un discorso adatto a questo eventuale scenario. In ogni caso non ritengo questa conquista un mio merito, devo dire che hanno lavorato bene anche in Parlamento dove che c’è stato un consenso sostanzialmente trasversale, aspettavamo davvero da tanto che si arrivasse a questo obiettivo.
Sebbene non sia una legge perfetta.
No, non lo è ma è un segnale importante e ora non ci possiamo fermare. Molte sono le cose che vanno messe in pratica. Prima di tutto occorre che il fascicolo sanitario elettronico sia reperibile in tutte le regioni cosicché i cittadini possano inserirvi il testamento biologico e che questo documento sia rintracciabile ovunque ci si trovi in Italia. Altra cosa per me fondamentale è che vengano applicate le cure palliative, al momento lo sono solo al 30%. E questa legge spinge di nuovo su questo tasto.
Cure palliative a domicilio per tutti?
Esatto, non solo quindi per casi gravissimi come in presenza di un cancro o di malattie neurodegenerative, ma cure palliative anche per le persone anziane, nei casi di Alzheimer, per esempio. Sono malattie destabilizzanti anche per le famiglie, che hanno bisogno di aiuto. Io dico che bisognerebbe inserire un corso di laurea obbligatorio all’università sulle cure palliative.
"Si tratterà anche di pochi i casi ma le persone devono avere la possibilità di scegliere come andarsene, e su questo va fatta una legge"
Crede che ci sarà spazio anche per aprire un dibattito sull’eutanasia nella prossima legislatura?
Lo auspico. Anche per la morte volontaria assistita bisogna fare passi importanti. Diversi sono gli italiani che vanno in Svizzera per il suicidio assistito, e ritornando al discorso di prima, non tutti ci sarebbero andati se avessero potuto usufruire delle cure palliative a domicilio. Perché potevano essere aiutati a morire in altra maniera, senza quindi la somministrazione o l’auto-somministrazione di un medicinale letale. È il medico che deve valutare caso per caso insieme al paziente stesso, ai parenti e magari anche al Comitato etico. Si tratterà anche di pochi i casi ma le persone devono avere la possibilità di scegliere come andarsene, e su questo va fatta una legge. Penso a Dj Fabo che avrebbe potuto staccarsi dal respiratore, aveva ancora abbastanza autonomia respiratoria e avrebbe impiegato tempo per morire. E penso alla sofferenza della madre, della fidanzata nel vedere un figlio o un compagno morire lentamente. Bisogna tutelare queste persone. Spero che il processo a Cappato faccia più luce sul caso e spero che venga rivisto l'articolo 580 del codice penale, che prevede per l'istigazione o l'aiuto al suicidio pene fino a 12 anni. Con la legge appena approvata qualcosa è cambiato, comunque. Una persona che chiede di staccare il respiratore significa che non sopporta più sofferenze inutili, che rifiuta l’accanimento terapeutico. Non si tratta di eutanasia ma di sospensione delle cure e per questo il medico non dovrà essere sottoposto a giudizio nei tribunali.
E di questa legge sul testamento biologico anche Piergiorgio sarebbe stato contento?
Assolutamente sì [ride]. Oggi [ieri, ndr] è la festa di Piergiorgio, la sua zattera naviga veloce con il vento in poppa.