Superare lo stigma
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Binario 7 (B7), servizio della Caritas Bolzano-Bressanone, ha aperto le sue porte nel capoluogo nel 2001 e da più di vent’anni Patrizia Federer ne coordina le attività. “I nostri obiettivi principali sono la riduzione del danno e l’aiuto alla sopravvivenza -afferma-, che vanno di pari passo con l’attività di sensibilizzazione e informazione rivolta sia all’utenza, sia alla cittadinanza. Quest’ultimo aspetto è quantomai necessario, perché lo stigma che accompagna chi fa uso di sostanze è ancora molto alto.
SALTO: Può descrivere il target a cui si rivolge Binario 7?
Nel 2024 abbiamo accolto in totale 137 persone, una buona parte delle quali vive in condizioni di grave emarginazione. Si tratta nel 90 percento dei casi di uomini, prevalentemente persone dai 45 anni in su. A Binario 7 abbiamo da sempre un occhio di riguardo per l’utenza femminile, perché i loro accessi sono pochi e corriamo il rischio di “non vederle”. Analizzando i dati degli ultimi vent’anni, abbiamo osservato che le donne non frequentano quotidianamente il servizio, del quale utilizzano soprattutto i servizi di consulenza e di igiene. Per frequentare B7 non c’è un vincolo di astinenza, gli utenti possono usufruire dei servizi di cui hanno bisogno: noi siamo sempre a disposizione, nel caso in cui qualcuno voglia smettere con il consumo – o staccare per un periodo – o meno.
Qual è l’obiettivo del servizio?
Il nostro servizio lavora innanzitutto sulla riduzione del danno e l’aiuto alla sopravvivenza. In termini pratici questo si traduce con un servizio mensa che garantisce ogni giorno pasti caldi e bevande, la possibilità di fare una doccia, lavare e asciugare i propri vestiti. Offriamo un piccolo deposito, affinché ciascuno possa conservare qui un cambio di abiti, e abbiamo la possibilità di fare piccole medicazioni. L’utenza, inoltre, può partecipare a un laboratorio occupazionale che garantisce come “indennizzo” una somma con la quale ci si può pagare il pranzo, che è a pagamento in un’ottica educativa. Chi frequenta Binario 7, inoltre, può portare qui le siringhe usate – così da smaltirle correttamente – e ritirare un set di consumo composto da stantuffi, aghi, disinfettante e cerotto. A questo si aggiunge poi il lavoro di consulenza.
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Qualche anno fa Binario 7 ha traslocato da via Garibaldi – nei pressi della stazione ferroviaria – a via Macello. Questo trasferimento ha avuto delle ripercussioni sul servizio?
Sì, ne abbiamo risentito. L’ubicazione in via Garibaldi, più vicina alla “scena”, per un servizio come il nostro era ideale, perché facilmente raggiungibile. Infatti, accoglievamo più persone rispetto a quanto riusciamo a fare adesso che siamo dislocati. In questi anni abbiamo perso soprattutto il contatto con i giovani, per cui venire dal centro nella zona artigianale nord di Bolzano non è un’opzione.
Quali strategie avete attuato per recuperare il contatto con questo target specifico?
Da un anno e mezzo siamo presenti con un’unità mobile in piazza Verdi, proprio per riagganciare i ragazzi. L’esperimento sta funzionando. I dati mostrano che l’età di accesso al camper è più bassa rispetto a quella che abbiamo al servizio “indoor”. Sul camper, ovviamente, non riusciamo a offrire tutti i servizi che proponiamo al centro diurno, pertanto ci concentriamo sulla riduzione del danno: informazioni su sostanze e consumo, modalità dei consumi sempre in direzione di riduzione del rischio, cambio siringhe, distribuzione dei kit di consumo, sensibilizzazione al corretto smaltimento delle siringhe. Ovviamente invitiamo tutti e tutte a venire a Binario 7.
“La nostra è una struttura a bassa soglia che vuole dare accoglienza al maggior numero di consumatori e consumatrici .”
Rispetto al consumo di sostanze, qual è il trend che registrate in questo momento?
Sicuramente il mix di sostanze. Per quanto riguarda l’utenza di Binario 7, proviamo a capire quali sostanze le persone consumano contemporaneamente o in successione, mettendo in guardia circa i pericoli e gli effetti collaterali, a volta inaspettati, che possono verificarsi.
Di quali sostanze si tratta?
Tra le sostanze consumate dagli utenti che afferiscono al nostro servizio al primo posto c’è la cannabis, seguita dall’eroina e dalla cocaina. Seppur presenti, psicofarmaci, alcol e sostanze come speed e MDMA non così rilevanti. In particolare, quindi, sottolineerei l’aumento del consumo di crack e di cocaina, che ha praticamente raggiunto l’eroina.
La condizione di vita delle persone che si rivolgono a Binario 7 determina in qualche modo la scelta delle sostanze da consumare?
Sì, certo. Per quanto riguarda il crack, per esempio, abbiamo avviato un confronto costante con l’utenza e i servizi della rete – Hands, Ser.D, La Strada. È emerso che per molti questa sostanza rappresenta un vero e proprio aiuto per sopportare la vita in strada. Osserviamo, invece, che chi ha una situazione lavorativa e alloggiativa stabile fa uso prevalentemente di eroina o cocaina all’interno di un quadro stabile e controllato. Certo, anche in queste situazioni possono verificarsi momenti di squilibrio – per esempio in seguito a un evento traumatico –, ma si tratta in ogni caso di episodi limitati.
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È possibile, invece, restituire una fotografia a livello globale del consumo di sostanze?
L’ultimo dossier dell’Agenzia dell’Unione Europea sulle droghe rileva che si consuma “tutto e ovunque”: molte più persone consumano molte più sostanze, la concentrazione di principio attivo è in aumento e così il policonsumo, ovvero si usano diverse sostanze contemporaneamente o in successione.
A livello internazionale si parla molto del fentanyl. Questa sostanza è arrivata anche in Italia?
A oggi, in Italia, si sono registrati casi singoli e al momento non c’è un’allerta, ma non è detto che sarà sempre così. Ovviamente va tenuto sotto stretta osservazione il contesto internazionale, che determina quanto accade a livello locale. In questo senso si segnala che il 2024, in Afghanistan, è coinciso con il secondo anno di stop alle coltivazioni di oppio. Ciò vuol dire che i magazzini di stoccaggio si stanno svuotando e che nei prossimi mesi bisognerà capire se ci sarà nuovamente l’ok per la ripresa della coltivazione o se assisteremo alla diffusione di sostanze sintetiche, come il fentanyl.
Quali caratteristiche rendono questa particolare sostanza appetibile per il mercato?
A suo “favore” il fentanyl ha la produzione in laboratorio, un costo non elevatissimo, la facile reperibilità delle sostanze che servono per cucinarlo ed è così potente che chi lo consuma fa ricorso a dosi basse. Il problema per il consumatore è proprio capire quanto assumerne, perché appunto è molto potente e tossico. Ed è questo il motivo che ha portato alle tantissime morti negli Stati Uniti e non solo.
"L’ultimo dossier dell’Agenzia dell’Unione Europea sulle droghe ha rilevato un incremento dei consumatori e l'aumento della concentrazione di principio attivo e del policonsumo.”
Come giudica la collaborazione tra Binario 7 e i servizi specialistici della rete?
Binario 7 di per sé non ha la facoltà di inserire i propri utenti in alcun servizio specialistico, però siamo molto vicini al Ser.D, col quale collaboriamo bene e, sempre in accordo con le persone seguite, il passaggio di informazioni circa la loro situazione è molto rapido ed efficace. Da parte nostra siamo privilegiati, perché vediamo l’utenza tutti i giorni, siamo formati per comprendere e valutare velocemente le singole situazioni e, grazie alla relazione di fiducia che instauriamo, veniamo a conoscenza in “presa diretta” delle loro condizioni di salute. Certo, parlando in generale di accessibilità ai servizi specialistici ci sono alcuni aspetti da migliorare.
Quali?
I tempi di attesa sono determinanti per agganciare o perdere i nostri utenti. So bene che sono lunghissimi per chiunque e il sistema sanitario stesso è in difficoltà, ma le persone che seguiamo hanno un livello di tolleranza alla frustrazione molto basso e non riescono a restare in attesa a lungo. Questo crea tante difficoltà – in primo luogo a loro stessi – e ha delle ricadute sulla società in termini di salute pubblica. Se i servizi arrivassero a loro prima, si potrebbero evitare infezioni e le persone potrebbero ricevere delle cure efficaci prima dell’insorgere di patologie legate a lunghi periodi di consumo. Questo contribuirebbe al lavoro di prevenzione. Un altro aspetto rivedibile è la presa in carico “multipla” tra i servizi della rete. Spesso capita che gli utenti girino da un servizio all’altro – Ser.D, psichiatria, medico di base – come palline da flipper. La conseguenza è che il loro isolamento, la loro frustrazione e, di conseguenza, il loro allontanamento dal sistema aumenta.
Quali ripercussioni ha questa situazione per Binario 7?
Da circa dieci anni sono aumentate esponenzialmente le situazioni bloccate dal punto di vista sociale e sanitario. Di fatto sono sempre di più anche le persone in strada. Basta prendere in mano i dati del nostro servizio per rendersene conto: nel 2014 solo due utenti su duecento vivevano in strada; dieci anni dopo, nel 2024, il 18 percento delle 137 persone seguite si trova in questa condizione. È un trend in crescita e da parte nostra investiamo tante risorse in un lavoro di mero contenimento, perché queste persone portano all’interno del servizio un grado di rabbia che va gestita, contenuta e ridimensionata.
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Lei lavora in questo settore da quasi 30 anni, a Binario 7 da 20. Cosa risponde quando le chiedono perché ha scelto questa professione?
Premetto che io non faccio questo lavoro perché sono “buona”, ma perché ero interessata da sempre a questo ambito e mi sono formata per lavorarci. Detto questo, è innegabile che il lavoro con le persone permetta di conoscere meglio sé stesse. Per lavorare bene bisogna essere in grado di guardarsi dall’esterno, osservare la propria postura, capire cosa dire, quando, come e perché intervenire. Questo processo di “auto-osservazione”, quindi, è un incredibile percorso di crescita personale e professionale. Altrettanto importante per me è il do ut des che permea questa professione. L’ambito sociale è accompagnato spesso dall’idea che chi fa questo lavoro dà e basta, ma non è affatto così. È vero, si dà tanto, ma si riceve altrettanto dalla condivisione con le persone conosciute, le cui traiettorie di vita a volte hanno dell’incredibile.
Ce n’è qualcuna che le è rimasta particolarmente impressa?
È difficilissimo sceglierne una. In generale, mi lascia a bocca aperta quando le persone, ripercorrendo le loro storie di vita, raccontano esperienze che avrei sempre voluto fare anche io. Per esempio, c’è chi ha girato il mondo e ha vissuto in luoghi lontani, imparando lingue diverse. Questo lavoro è una scuola continua, che insegna a esplorare le diverse dimensioni della persona che si ha di fronte, senza appiattirsi sul suo essere tossicodipendente. Per questo a Binario 7 cerchiamo di non focalizzarci solo sulla sostanza e sul consumo: chi arriva qui è una persona con una storia molto più profonda e complessa.
“Il mio lavoro mi insegna a esplorare le diverse dimensioni delle persone che incontro, senza appiattirmi solo sulla loro tossicodipendenza.”
Qual è invece l’aspetto più complicato che ha affrontato da professionista del sociale?
La sfida più grande è avvicinarsi alle persone mantenendo al contempo la distanza che il proprio ruolo di operatrice impone, che è sottile e sempre presente. Questo è possibile se le persone che si rivolgono al servizio ci riconoscono nel nostro ruolo. Da parte nostra ci vuole tanta disciplina e autoconsapevolezza. Qualche giorno fa pensavo alla mia prima esperienza in una comunità per giovani donne, in parte minorenni, dove ho imparato molto rispetto al mio ruolo di rappresentante delle regole. In quell’occasione ho potuto contare su un coaching intenso, che mi ha permesso di capire velocemente come muovermi e a cosa fare attenzione. All’università questo non lo insegnano e se non lo si impara dai colleghi più esperti ci si può bruciare in pochi anni.
La domanda più difficile a cui rispondere probabilmente è perché le persone iniziano a fare uso di sostanze. Lei si è data una risposta in questi 30 anni di carriera?
Io stessa, da anni, mi domando il “perché”. I motivi per cui alcune persone cominciano a usare sostanze sono diversi, non ci sono regole prestabilite. Sicuramente ci sono traumi ed esperienze che hanno mosso le loro vite in questa direzione. Tantissimi hanno subito forme di violenza e abbandono di tutti i generi e devono fare i conti con un vuoto da riempire. E allora alcuni si accorgono che assumendo una determinata sostanza la cappa di pesantezza se ne va. Però ci tengo a sottolineare che la percentuale di persone che dal consumo di sostanze sviluppa una dipendenza è basso, parliamo circa del 7 percento.
Storicamente intorno alle droghe c’è sempre un forte stigma. Per quale ragione?
Le droghe fanno paura e chi ne fa uso viene spesso giudicato come uno che “se l’è andata a cercare”. Secondo questa visione la tossicodipendenza, quindi è una colpa, non una malattia. Io stessa non sono una grande sostenitrice del concetto di malattia, perché ritengo si corra facilmente il rischio di etichettare per sempre le persone. Però riconosco che gran parte dell’utenza che seguiamo soffre a tutti gli effetti di una patologia. Non solo a causa della dipendenza, ma anche perché il consumo crea una serie di ulteriori disturbi debilitanti. Va evidenziato, infatti, che l’aspettativa di vita delle persone tossicodipendenti è molto più bassa di quella del resto della popolazione.
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Un pregiudizio ulteriore lo subiscono le donne tossicodipendenti.
Le donne devono far fronte a un doppio stigma, in quanto tossicodipendenti e donne. Nel loro caso l’outing è un vero e proprio atto di coraggio, perché il prezzo che pagano è più salato di quanto non capiti già agli uomini. Teniamo conto che le donne devono fare i conti anche con il disprezzo del proprio gruppo. Ancora peggio va a una donna che al contempo è madre. Un ulteriore rischio, inoltre, è costituito dalle relazioni affettive in cui è il compagno a “gestire” tutto e, così facendo, esercita il pieno controllo sulla propria partner. Rispetto agli uomini poi la situazione lavorativa e alloggiativa femminile è spesso più precaria. Quest’ultima, in particolare, in molti casi è vincolata al compagno e dunque se la relazione finisce rischiano di ritrovarsi per strada.
Come superare lo stigma?
Negli ultimi anni la depressione, a lungo un altro tabù della società, è entrata giustamente a far parte del dibattito pubblico. Ecco, io mi auguro che accada lo stesso con il consumo di sostanze. Per arrivare a questo, secondo me, bisognerebbe innanzitutto normalizzare il discorso pubblico intorno a questo tema. Già avere lo spazio per affermare che non tutti quelli che consumano sviluppano una dipendenza è importante. Ci vorrebbe poi una piattaforma un po’ più ampia, per smontare la paura intorno a questa questione. Un altro obiettivo a cui mirare è lo sviluppo delle competenze di consumo. Prima di andare in pensione vorrei tanto vedere un “drug checking” a Bolzano. Credo sia inutile fare proclami in cui si afferma di voler tutelare i giovani e poi vietare un servizio che permetterebbe loro di controllare le sostanze che consumano. Io, davvero, capisco i timori, soprattutto quelli dei genitori. Però sono convinta che l’unico modo per affrontarla e superarla, questa paura, sia conoscere l’argomento e parlarne.
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Cos'è il drug checking?
Il drug checking è un servizio integrato che offre un’analisi chimica della sostanza e una consulenza individuale alle persone che fanno uso di sostanze psicoattive. Focalizzandosi sulle esigenze delle persone, rappresenta un ottimo strumento per agganciare le fasce di popolazione che difficilmente entrano in contatto con i servizi ed è essenziale per prevenire intossicazioni inconsapevoli. Il drug checking, inoltre, permette di osservare le tendenze del mercato e di riconoscere tempestivamente l’insorgenza di nuove sostanze.
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