BODYMATIC and other normal disasters
In biologia e zoologia con il termine “metamorfosi” si indica quella serie di trasformazioni che caratterizzano lo sviluppo di molti animali al termine della fase embrionale, che permette loro di raggiungere lo stadio adulto, in contrapposizione a quelli che nascono dall’uovo con una struttura fisica già definita.
Nelle arti visive quello della metamorfosi è un processo comune, si parte da una forma, un concetto o nucleo strutturale, per elaborarlo e trasformarlo in qualcosa d’altro, procedimento particolarmente apprezzabile ed evidente quando si tratta di scultura. E quello della metamorfosi è un punto centrale anche nella ricerca di Peter Senoner, protagonista insieme all’austriaco Klaus Auderer della mostra ospitata fino al 20 giugno alla galleria Gefängnis Le Carceri di Caldaro.
Come accennato quello della scultura è un contesto che meglio di altri permette di notare il processo metamorfico insito in realtà in ogni forma di arte visiva, perché trasformazioni e cambi di contesto sono in continuo mutamento e divenire. Secondo questa logica procede anche il lavoro di Peter Senoner, che muove a partire dal disegno che costituisce certo una fase preparatoria rispetto alla scultura, ma che allo stesso tempo è un prodotto finito, o il potenziale elemento di una performance. A legare i lavori dei due artisti protagonisti di “Bodymatic and other normal disasters” (questo il titolo della mostra) è proprio il concetto di metamorfosi, una tendenza evolutiva, che Senoner e Auderer declinano come visione anticipatoria del futuro e dei processi di adattamento che questo implicherà.
Le creazioni di Peter Senoner – sculture high-end – si presentano come degli ibridi sospesi tra lo stato di vegetale e tecnoide dai tratti androgini, sulle quali si innestano delle protuberanze così come accade in quelle di Klaus Auderer, contraddistinte tuttavia da un andamento decisamente più disturbato, quasi irritante. Nel lavoro di Senoner, questi innesti hanno per lo più il carattere di elementi tecnologici che trasformano il corpo in cyborg, mentre nei disegni lo stesso processo viene spesso affidato a pattern cromatici che intervengono agendo direttamente sul corpo, presentandosi quasi come delle modifiche della superficie cutanea, esaltate dal colore rosso che spesso le caratterizza, definendole come possibili zone “problematiche” (come sottolinea Victoria Dejaco) all’interno di una rappresentazione geografica. Le stratificazioni presenti nei disegni non hanno carattere puramente simbolico, ma fisico, sui corpi delineati si sovrappongono modifiche e decorazioni dipinte ricorrendo a vari mezzi espressivi.
Al contrario del processo messo in atto da Senoner, nelle sculture di Klaus Auderer le alterazioni sembrano derivare ed emergere direttamente dai corpi coinvolti, come espressione di modifiche organiche che trasformano la figura. Le stesse superfici corporee dalle quali queste modifiche prendono forma, si presentano come vittime di alterazioni di diversa natura, come viti, fori o elementi connettivi, se non addirittura membra aggiunte in luoghi o posizioni innaturali, che conferiscono alle forme un aspetto perturbante che coinvolge l’osservatore, generando una sensazione di disagio. L’artista austriaco, compiendo viaggi che interessano zone martoriate da guerre e crisi politico-umanitarie, indaga e tematizza la mancanza di umanità ed empatia. Nella mostra ospitata alla galleria Gefängnis Le Carceri, viene proposta una selezione di opere che propone i temi centrali che muovono da anni la ricerca di Auderer, come l’analisi della storia europea e dei crimini che l’hanno segnata, come il colonialismo e i vari episodi di genocidio. Il modo di procedere di Auder è apprezzabile ad esempio nel lavoro “Untitled – Gun Club – a disease”, nella quale il braccio armato che occupa lo spazio nel quale dovrebbe trovarsi la testa, allude direttamente al Terzo Reich e al regime di terrore da esso messo in atto.
Nell’insieme la ricerca di Peter Senoner e quella di Klaus Auderer pongono un insieme di seri interrogativi sul futuro.