Economy | Evasione fiscale

Tassazione comune per i business digital

Il presidente dell’Unione commercio dell’Alto Adige Philipp Moser ha ragione quando accusa le aziende digitali di concorrenza sleale.
 
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Foto: Fabio Petrini
Lo stesso Moser sa però che, anche in considerazione della complessità della questione, non esistono margini di intervento a livello locale. Il problema nasce dalla politica fiscale dell'Unione europea che si basa su 27 diversi sistemi fiscali.

Siamo di fronte a una concorrenza sleale basata sul fisco e voluta da una parte degli Stati membro, con enormi perdite di entrate per le casse statali.

Mentre il debito pubblico aumenta le società globali evitano di pagare le imposte. Così Apple che realizza utili giganteschi paga al fisco somme del tutto irrilevanti grazie all'assist delle autorità fiscali irlandesi e al loro piano di risparmio fiscale.

La Commissione Ue aveva ordinato all'Irlanda di chiedere a Google tasse arretrate per 13 miliardi di euro derivanti da una tassazione bassa e ingiustificata. La Corte di Giustizia europea ha però annullato la decisione della Commissione.

Amazon nel 2018 aveva utili per circa 11 miliardi di euro, eppure la società non ha pagato alcuna imposta sul 75% delle sue vendite nell'Ue tra il 2003 e il 2014. Ciò è stato reso possibile da un accordo fiscale preventivo con le autorità fiscali lussemburghesi. Di fatto si sta sfruttando le opportunità derivanti dai diversi sistemi fiscali nel pieno rispetto delle leggi.
 
Oggi l'Unione Europea è ben lontana da una tassazione equa dei cittadini e delle imprese. Mentre la pressione fiscale sul lavoro aumenta, quella sulle imprese è in costante diminuzione.

Anche la Commissione europea conferma che la frode e l'evasione fiscale rappresentano una minaccia per le finanze pubbliche e dichiara inoltre che agli Stati membri, ora più che mai, servono “entrate fiscali sicure per investire nelle persone e nelle imprese che ne hanno più bisogno".

Ma di fatto le misure dell'Ue finora attuate sono state in gran parte inefficaci. Da stime attendibili gli Stati membri dell'Ue a causa dell'evasione fiscale internazionale hanno perso 46 miliardi di euro nel 2016 per l'imposta sul reddito, sulle plusvalenze, sul patrimonio e sulle successioni e 137 miliardi di euro nel 2017 per l’evasione dell’Iva.

Inevitabile che la convinzione di un'equa ripartizione degli oneri tra i contribuenti è compromessa. Tre quarti dei cittadini dell'Ue ritiene necessario agire con urgenza per combattere l'evasione e l'elusione fiscale. Anche la concorrenza leale nel mercato interno esiste solo sulla carta.
 
La Commissione Europea tenta di contrastare il problema dell'evasione fiscale con la norma sugli aiuti di Stato.

Ma i procedimenti contro Apple, Google e altri, non hanno prodotto risultati soddisfacenti. Trovare le prove è estremamente difficile. Servirebbe una regolamentazione comune a livello europeo e globale. Ma l'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Aeuv) prevede l'unanimità in seno al Consiglio dell'Ue per l'armonizzazione delle imposte.  

La legislazione fiscale passata si basava sul principio che gli utili sono tassati dove il valore viene creato e sulla presenza fisica di una società, ma con le imprese che operano a livello globale è possibile spostare i profitti all'interno della struttura aziendale. I business digitali, basati in gran parte su attività immateriali, sono attualmente tassati in modo diverso o non lo sono affatto.

La Commissione Europea si è mossa già nel 2018 per la tassazione dell'economia digitale.

Essa voleva un'armonizzazione delle norme fiscali per le imprese con una significativa presenza digitale nel mercato interno. Gli utili vanno registrati e tassati laddove tramite i canali digitali avvengono le interazioni tra aziende e utenti. È essenziale inoltre che gli utili siano assegnati agli Stati membri in cui sono ubicate le filiali o in cui si ha a presenza digitale.

Una seconda proposta riguarda l'introduzione di un'imposta transitoria sul fatturato del 3% sulla fornitura di servizi digitali da parte di società multinazionali, la cosiddetta "web tax”. Secondo le stime, ciò potrebbe generare tra i 4 e gli 11 miliardi di euro di entrate all'anno.
 
Queste proposte della Commissione europea sono state respinte dal Consiglio Europeo nel 2019.

Alcuni Stati membri hanno successivamente introdotto le proprie imposte digitali, come l'Austria, la Francia, l'Italia, la Spagna e il Regno Unito. La Germania ha deciso di non farlo per paura delle ritorsioni statunitensi contro l'industria automobilistica tedesca. La Francia ha sospeso i pagamenti anticipati delle imposte digitali fino alla fine del 2020, dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni.

Difficile dire ora, dopo i cambimaneti politici negli Usa, se una tassazione equa delle imprese porta inevitabilmente a una guerra commerciale.
Un accordo globale sarebbe certamente auspicabile, ma è comunque poco probabile.

Tuttavia, questo non dovrebbe impedire all'Unione europea di proseguire sulla via dell'armonizzazione. Il commissario economico Gentiloni, ad esempio, spinge in questa direzione.

Anche senza un accordo a livello Ocse nel 2020 egli chiede una nuova tassazione delle aziende digitali nella prima metà del 2021. La tassa riguarderebbe principalmente i grandi gruppi tecnologici americani come Amazon o Google, ma anche nuovi operatori importanti del settore.

Se questo non può essere realizzato per la mancanza dell’'unanimità, peraltro probabile, rimane lo strumento della cooperazione tra i singoli Stati membri disponibili come possibile via d'uscita dal blocco.

Un'altra alternativa sarebbe una direttiva quadro che definisca standard comuni solo per quei paesi che vogliono introdurre l'imposta digitale e l'aliquota fiscale minima a livello nazionale.

Anche se ci sono mille motivi per intervenire sono ancora troppo forti gli egoismi tra le nazioni europee a tutto vantaggio di pochi colossi digitali che stanno diventando un pericolo per il libero mercato e in ultima ratio della stessa democrazia occidentale.
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Gianguido Piani Thu, 11/19/2020 - 05:58

Ci sarebbe un metodo semplice, chiaro e poco costoso per risolvere il problema. Costituire in proprio aziende europee che offrano gli stessi servizi di Facebook, Microsoft, Amazon, Google e Apple. Creare concorrenza.
Esempio Microsoft. C'è l'alternativa Linux e LibreOffice che non sono gravati da licenze, coprono praticamente tutte le applicazioni di ufficio, hanno interfacce intuitive. Ogni licenza Windows costa 60-140 EUR ed è praticamente impossibile trovare in commercio un portatile o desktop senza pagare noi questa tassa a loro. Ai decisori politici servirebbe per iniziare il proibire la pratica dell'acquisto forzato di software preinstallato. Lo fanno? No.
Esempio Facebook. Una piattaforma simile, senza profilazioni pubblicitarie, senza gare al "mi piace" e che rispetti le normative europee di privacy GDPR potrebbe essere sviluppata in pochi mesi da una dozzina di specialisti. Un costo irrisorio rispetto ai miliardi di profitti che annualmente FB succhia dall'Europa. La Commissione europea dà l'ordine di marcia? No.
Esempio Google. I russi di Yandex, fondata nel 1997, hanno messo in piedi un ecosistema simile con funzioni che spaziano dalla posta al motore di ricerca, alla cartografia, ai pagamenti, al cloud e moltissimi altri. Perché l'Europa non fa altrettanto? Il problema non sarebbero né i finanziamenti né la tecnologia, ma mancano la voglia e la visione per farlo.
Nel suo piccolo (rispetto all'Unione europea) anche la Provincia di Bolzano potrebbe assumere alcune iniziative, dare l'esempio per aprire una strada che aiuti a liberare dallo strapotere dei colossi di oltreoceano. A maggior ragione quando il lockdown ci obbliga allo smart working e alla didattica a distanza. Si può fare, ma, almeno all'inizio, è più difficile e impegnativo che scrivere assegni alla Microsoft o andare sulle piattaforme online di Google e Amazon. Se si preferisce la strada facile non lamentiamoci poi se queste aziende fanno i propri interessi e non i nostri.
L'armonizzazione fiscale tra paesi UE è ancora troppo lontana. Solo la presenza di alternative potrà servire a ridimensionare lo strapotere delle aziende del settore IT. In Cina, Russia e India l'hanno capito e stanno agendo di conseguenza.

Thu, 11/19/2020 - 05:58 Permalink
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Karl Trojer Fri, 11/20/2020 - 10:43

Den digitalen Löwen, die alle Märkte an sich reißen, muss ehestens seitens der EU, innerhalb ihrer Grenzen, Einhalt geboten werden ! Sie verursachen zu Lasten des Klimaschutzes einen enormen Transportaufwand, zerstören die lokalen Infrastrukturen des Handles, sie behindern sinnvolle, regionale Kreisläufe und machen aus den Finanzmärkten Speilcasinos, die die gesamte Realwirtschaft gefährden.

Fri, 11/20/2020 - 10:43 Permalink