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“Lei net rogeln? No, adesso basta”

In un’ampia intervista l’Obmann SVP Philipp Achammer dice la sua in maniera aperta su toponomastica, scuola bilingue ed immigrazione. Ma anche sulle ombre del passato.
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Foto: web

salto.bz : Le ultime notizie riguardano la nuova legge elettorale per il Consiglio Provinciale. Dove dopo diversi giorni di braccio di ferro sulle soglie per le liste e le quote rosa la SVP è venuta incontro alle richieste delle opposizioni. Anche per quanto riguarda il consigliere ladino ‘blindato’ alla fine la Stella Alpine ha accettato un compromesso.
Philipp Achammer - Come premessa va detto che oggi c’è davvero bisogno di una ‘vera’ legge elettorale, dopo i vari aggiustamenti tecnici operati in passato. Anche se sarebbe stato meglio occuparcene prima e non così a ridosso delle elezioni provinciali, perché in questa fase tutti i partiti sono già condizionati dall’imminente appuntamento elettorale. Per quanto riguarda le quote rosa mi sembra che sia stata trovata una soluzione sensata e non ideologica riservando un terzo dei posti per il genere sottorappresentato. In ogni caso voglio la SVP in merito, anche a livello di statuto, di tiene molto a dare spazio alle donne. Per quanto riguarda il consigliere ladino il problema era quello di riuscire a garantire in consiglio la presenza di una rappresentanza con il più ampio consenso da parte degli elettori ladini, non importa di quale partito. Ed anche su questa questione siamo arrivati ad una buona soluzione, a mio avviso. 

Altro tema caldo in questi giorni è quello della toponomastica. Secondo lei si riuscirà ad approvare la norma di attuazione? Alpenverein e CAI dicono di voler starsene fuori dalla questione, sostenendo che per i cartelli in montagna la priorità dovrebbe essere data la sicurezza. 
Questa questione si trascina da decenni è una un vera e propria pietra d’inciampo nella convivenza tra i gruppi linguistici. Oggi ci sarebbe - spero di non dover dire “ci sarebbe stata” - una grande occasione per  trovare finalmente una soluzione. Per questo motivo la questione non dovrebbe essere condizionata dalla campagna elettorale. L’ideale secondo me sarebbe cercare di arrivare ad una condivisione sul logico principio che un toponimo è valido se è in uso. Si tratta di una soluzione molto praticata a livello internazionale e sarete molto importante che diventasse praticabile anche nella nostra realtà. Non nascondo che in merito questa tematica nella Volkspartei sono presenti diverse anime e che siamo sotto pressione anche dall’esterno. Noi però non abbiamo mai condiviso le posizioni più estreme, dicendo sempre che occorre trovare una soluzione sensata che rispetti le sensibilità dei diversi gruppi linguistici. Insomma: ci vuole un compromesso, una via di mezzo. Anche se in questo momento ho la sensazione che diverse parti continuino a tirare dalla propria parte. Così ad esempio nel mondo italiano c’è chi pensa di dover difendere in questo modo la sottorappresentanza in consiglio. Poi addirittura si arriva a parlare di cultura, come nel caso della lettera aperta scritta da un gruppo di professori universitari, mah…

“Mi chiedo: davvero la cultura italiana è rappresentata in Alto Adige dal nome di quella malga che non viene mai usato? In merito io chiederei un po’ di ragionevolezza, niente di più.”

Secondo lei Francesco Palermo ha fatto un buon lavoro in Commissione dei 6?
Il lavoro fatto in Commissione lo giudico positivamente nel suo complesso e va rilevato che anche Karl Zeller si è sempre mosso per riuscire a trovare un compromesso. Per noi è imbarazzante anche il fatto che a rappresentare la posizione più intransigente sia il presidente del Consiglio Provinciale che dovrebbe avere un ruolo di garanzia. Lo ribadisco: va trovata una soluzione condivisa tra le varie forze politiche più rappresentative. Altre forze chiedono tutt’altro e se noi non troviamo una soluzione questo finirà per fare il gioco degli altri. Ed un fallimento potrebbe portare anche nel nostro partito ad un rafforzamento del gruppo più ‘duro’ su queste tematiche. 

“Il mio è quasi un appello: occorre essere consapevoli della situazione e non solo pensare in termini elettorali. Ma piuttosto considerare la grande occasione che abbiamo per concludere uno dei capitoli ancora aperti nella nostra convivenza.”

Parliamo di bilinguismo. Medicina e scienza nei giorni scorsi hanno confermato che la pratica di due lingue allunga la vita e ritarda l’insorgenza dell’Alzheimer, ovvero la malattia più diffusa nella nostra generazione ‘anziana’. Alla presentazione dei risultati della ricerca però la politica non si è presentata. Come fare per riuscire a spostare finalmente l’apprendimento della L2 dalla sfera del dovere alla sfera del piacere? In Trentino abbiamo scuole bilingui inglesi e cinesi, con certificazioni linguistiche tedesche in forte aumento. Quanto durerà ancora in Alto Adige il tabù dell’opzione per una terza via facoltativa, ovvero una scuola strutturalmente bilingue?
A mancare è convinzione che nella nostra terra abbiamo una grandissima ricchezza rappresentata dal bilinguismo. O meglio oggi questa convinzione non è ancora diffusa dappertutto nello stesso modo. Esiste infatti una grande differenza tra l’ambito cittadino e quello rurale. In alcuni luoghi della periferia è davvero difficile lavorare su questo. Quello che chiedo in questo senso è di non essere solo aperti ma anche di fare uno vero e proprio sforzo sotto diversi punti di vista. Faccio un esempio: le imprese ci chiedono giovani perfettamente bilingui. Ma allora io dovrei anche chiedere alle associazioni imprenditoriali di aiutarci per diffondere la convinzione che essere bilingui è una ricchezza. Per apprendere una lingua è infatti fondamentale avere una vera motivazione intrinseca, personale. Più che essere sollecitati dall’esterno. 

Cosa si può fare ancora e di più per andare in questa direzione?
Sono molti i passi che possiamo fare. Ad esempio possiamo potenziare lo scambio dei docenti e degli  studenti tra le scuole. In questa legislatura io poi ho introdotto la possibilità dell’insegnamento CLIL nelle scuole superiori tedesche. 

Beh, si tratta di una sfida non da poco. Sul Dolomiten ancor oggi quando si parla di CLIL ci si muove ancora con i piedi di piombo…
Sì e le notizie pubblicate spesso a mio avviso non rispecchiano la situazione reale. O la vera pubblica opinione in merito. Nella scuola tedesca oggi ci sono modelli e progetti davvero molto innovativi e senz’altro di più rispetto a quello che appare. Ma sul CLIL abbiamo anche una destra tedesca durissima che dice che non si può fare e nel dirlo ha un grande spazio mediatico. In certi momenti sembra quasi che questi progetti non siano possibili. Personalmente io sono convinto che l’insegnamento nella lingua materna è fondamentalissimo nella scuola primaria e su questo senz’altro non apriremo in futuro. Ma nella scuola media abbiamo già ora la possibilità del CLIL, che poi nella scuola superiore diventa davvero fondamentale. Anche se naturalmente occorre garantire qualità e poi che gli stessi contenuti vengano veicolati anche nella madrelingua. Bisogna dire che al momento un certo gruppo in questo senso è senz’altro più avanti.

“Quando mi trovo in periferia talvolta mi capita di parlare con docenti che mi dicono «dell’italiano non ne abbiamo bisogno perché nel giro di alcuni anni non faremo più parte di questo stato»”.

Negli adolescenti poi capita che la seconda lingua perda fascino andando in secondo piano ad esempio rispetto alla lingua inglese….
Dipende anche dal metodo di insegnamento, su questo bisogna essere molto aperti e onesti. Io ho frequentato un liceo linguistico e devo ammettere che i miei colleghi dopo la maturità sapevano molto meglio l’inglese dell’italiano. Per questo abbiamo cambiato le indicazioni provinciali dicendo che sulla seconda lingua ci dobbiamo concentrare molto di più sul livello comunicativo e espressivo. E non basandoci esclusivamente sulla letteratura. La letteratura infatti deve essere soprattutto un ponte per arrivare alla conversazione. 

Parliamo ora di sicurezza, profughi ed immigrati. Negli ultimi tempi Lega e Casapound hanno incentrato gran parte della loro politica sulla necessità di bloccare quella che loro ritengono una vera e propria invasione. In Consiglio Comunale a Bolzano Lega e Casapound sono presenti in modo massiccio. E delle ultime ore è la notizia di ‘ronde’ organizzate proprio dai simpatizzanti di Casapound nel rione Don Bosco. Ma anche per la parte di lingua tedesca dobbiamo citare il gruppo FB iats reichst che ha più di 8mila aderenti. 
Ci sono parti politiche che di questi fenomeni ne approfittano in un modo a mio avviso molto pericoloso. Dicono: immigrato o profugo vuol dire criminalità. Punto. Si tratta di un grande problema, perché una differenziazione in questo senso è assolutamente necessaria. Io ritengo che dove c’è effettivamente  criminalità devono poterci essere anche le forze dell’ordine. La legge ci dà degli strumenti per reagire e la sanzione non ha solo lo scopo di far rispettare la legge ma anche di fare da argine per evitare che la situazione sfugga di mano. In ogni caso la reazione alla criminalità è più semplice se si hanno le idee chiare sul da farsi. E la reazione deve essere davvero chiara e netta se vuole anche dimostrare la forza dello stato. A preoccuparmi molto comunque sono certi comportamenti legati al meccanismo che tende a generalizza, estendendo le colpe dei singoli ad un intero gruppo, nello specifico di profughi o di immigrati. Ebbene: ci vuole un nuovo patto di integrazione, nel quale tutti possano riconoscersi nella nostra società. Dicendo chiaramente cosa viene dato ma anche cosa viene richiesto ai nuovi arrivati. 

Il prossimo 18 Josef Mayr-Nusser verrà beatificato. Per anni è stato questo nome ha indicato un parcheggio. Ora la prospettiva è quella di venerare delle reliquie e porre il bolzanino in cima ad un piedistallo, additandolo come un inarrivabile esempio di virtù cristiane. Allo stesso tempo però oggi il quotidiano Dolomiten pubblica un’intera pagina intera agli elenchi di migliaia di cittadini sudtirolesi che durante la seconda guerra mondiale fecero parte, talvolta in maniera entusiasta, dell’esercito nazista. Secondo lei non è arrivato il momento per fare finalmente un po’ di chiarezza anche in questo senso?
Io penso che questa occasione deve assolutamente essere colta e sono convinto che si deve iniziare dai giovani. Per questo ritengo estremamente importante il Treno della Memoria, un progetto realizzato in maniera veramente congiunta tra i tre gruppi linguistici. Quell’idea potrebbe essere estesa lavorando nello stesso modo anche nel nostro ambito locale e sulla nostra storia. In questo senso proprio Mayr-Nusser potrebbe essere l’occasione ideare un progetto del genere, che sia sostenuto con convinzione da parte della politica. La mia generazione ha la grande opportunità di elaborare fino in fondo la nostra storia, diventandone testimone. Noi certi eventi non li abbiamo vissuti ma abbiamo la possibilità e il compito di elaborarli in un modo molto più aperto rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto. Non dobbiamo aver paura. 

“Magnago diceva «lei net rogeln», che voleva dire non occuparsi di quello che potrebbe ‘spaccare’. Io penso invece che dobbiamo elaborare una nostra storia in cui siamo non solo vittime ma anche carnefici. Facevamo parte di un sistema e se parliamo solo di una ‘parte’ non compiamo una vera rielaborazione della nostra storia.”

In effetti per così dire abbiamo un debito con noi stessi da saldare. Ma allo stesso tempo dobbiamo anche confrontarci con la nuova ondata di intolleranza ed estremismo che si sta affacciando a livello globale…
Partecipando al Treno della Memoria ho visto quale effetto fa nei giovani vedere con i propri occhi cosa è successo e che - qui sta il punto - può sempre succedere. Ad Auschwitz ho letto una frase che dice che se non ci ricordiamo della nostra storia il pericolo di riviverla diventa davvero concreto. Le nuove preoccupazioni che viviamo a livello internazionale hanno le loro radici proprio in quello che è avvenuto 70 anni fa. Dobbiamo essere davvero responsabili in questo senso.