Dorian Gray a misura di teatro
-
Sei capitoli per sette personaggi.
Sipari si aprono parzialmente e dischiudono le scene suddivise in sei capitoli, che si susseguono sul palco come fotogrammi e spezzoni di un film. A tenerli insieme la figura sfuggente di Dorian Gray (interpretato da un'androgina Laura Muller), presente o solo evocata, che incarna i desideri e i lati oscuri degli altri, e la scenografia dominata dalla grande cornice di un quadro che contiene l'intero palcoscenico.
L'arte rappresentata sul palco si interseca con la vita e lo spettatore è coinvolto in un gioco di vuote cornici e ritratti dei personaggi che le riempiono di volta in volta, e rispecchiano l’eccesso, la ricerca spasmodica di appagamenti della società contemporanea, e gli inevitabili fallimenti difficilmente confessabili. Episodi del racconto, ripresi dal punto di vista dei singoli personaggi, Basil (Manuel Nuñez Camino), Sibyl (Giulia Bolcato), Alan (Alexandre Baldo), James (Ugo Tarquini), Gladys (Elena Caccamo) e Harry (Mathieu Dubroca), si sovrappongono e dilatano il tempo, come accade con gli infiniti mondi virtuali che si dischiudono in ogni momento nei nostri smartphone, mentre li teniamo ormai costantemente in mano.
-
Il gioco di illusioni e di sdoppiamento, di cui il romanzo The picture of Dorian Gray di Oscar Wilde è stato un geniale esempio e precursore in epoca Vittoriana, si scontra con le conseguenze concrete dei nostri comportamenti portati all’estremo e di cui abbiamo testimonianza quotidianamente nella cronaca dei giornali.
La regia di Stefano Simone Pintor accentua l’aura noir, quasi da thriller della narrazione, sostenuta, per i centotrenta minuti senza intervallo della rappresentazione, dalla musica di Matteo Franceschini che scava i personaggi, più che accompagnarli, e mantiene incessante la tensione. Tanto che forse nei capitoli finali, costantemente in crescendo, l'ascoltatore vagheggia la tregua di una melodia rassicurante nel perenne incalzare della musica e dell’indagine psicoanalitica in cui ci si sente risucchiati. L’attacco iniziale della musica potente, nella breve overture, fin dalle prime note dell’opera aveva comunque lasciato intendere che lo spettacolo non avrebbe lasciato scampo al pubblico, costretto a scuotersi dal torpore che normalmente concede la comoda poltrona in platea.
Lo spettatore è inevitabilmente coinvolto e chiamato in causa. Del resto lo stesso Wilde nella prefazione del romanzo dichiara che “È lo spettatore, e non la vita, che l’arte veramente rispecchia”. La regia meticolosa e il libretto di Pintor restano fedeli alle intenzioni dell’autore, pur non replicando pedissequamente il romanzo, e riescono a tradurre in un linguaggio contemporaneo la complessità del pensiero e l'importanza che le parole assumono nel testo di Wilde.
Più che convincente la performance dei cantanti, che interpretano con naturalezza la strumentalità delle voci, dal mezzosoprano di Dorian Gray al baritono dello sprezzante Harry e tutti gli altri personaggi, magistralmente scritta nella partitura di Franceschini. Una prova impegnativa eseguita con precisione dall’Orchestra Haydn guidata dalla accurata direzione musicale di Rossen Gergov.
Le scenografie di Gregorio Zurla, i costumi di Alberto Allegretti, le luci di Fiammetta Baldiserri e il video di Virginio Levrio completano le scelte registiche.
L'opera Dorian Gray è una produzione della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento e chiude brillantemente, e coerentemente, l'ultima stagione operistica regionale sotto la direzione artistica di Matthias Lošek che nel suo pluriennale mandato ha dato alla programmazione un’impronta decisamente contemporanea.
Dopo la prima assoluta di sabato, Dorian Gray va in scena oggi domenica 17 marzo alle ore 17 al Teatro comunale di Bolzano. L’opera sarà introdotta nel consueto appuntamento di Oper.a talk un’ora prima dell’inizio dello spettacolo alle ore 16 nel foyer del teatro.