Culture | L'intervista

L'insostenibile leggerezza del leggere

Marcello Landi, libraio alla Ubik di Bolzano, sull’evento di domani che vedrà protagonista lo scrittore Leogrande e il libro “La Frontiera” e sui danni dell’indifferenza.

“Chi non legge - scriveva Umberto Eco - a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni, c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro”. Un approccio, questo, quasi dogmatico per Marcello Landi, 32enne, originario di Cava de’ Tirreni in provincia di Salerno, da due anni e mezzo approdato alla libreria Ubik di Bolzano in via dei Grappoli, dopo essere transitato per Gorizia e Trieste. “Sono 15 anni che faccio questo mestiere, molti anni fa, entrando in una libreria appena aperta nella mia città rimasi folgorato da questo mondo”, dice Marcello mentre si muove con consumata esperienza fra scaffali e pile di volumi da sistemare, “è una storia d’amore quella con i libri, quasi un rapporto erotico”, ammette candidamente.

La Ubik ha organizzato, con la collaborazione attiva della Fondazione Langer, l’evento che si terrà domani (18 giugno) alle 20 al Centro Trevi in via Cappuccini e che si colloca all’interno di un progetto più ampio dal titolo “Il Sudtirolo: territorio di accoglienza, di transito e di confine”: lo scrittore e giornalista Alessandro Leogrande, presenterà per l'edizione 2016 di Letti di Notte, ovvero la notte bianca delle librerie, il libro “La Frontiera” insieme al redattore di salto Gabriele Di Luca. La Fondazione Langer, come già precedentemente annunciato, ha in programma per domani, in vista della Giornata mondiale del rifugiato (20 giugno), una serie di interventi e approfondimenti sul tema migranti.

Landi, perché invitare Leogrande a Bolzano?
“La Frontiera” è uscito nel 2015, trovo che sia un libro molto interessante e “obbligatorio”, specie per chi vive qui, eppure è sprofondato nell’indifferenza più totale. Lo teniamo “in proposta”, cioè in vista, già da molto tempo, ma nulla, una cosa piuttosto sconfortante. Per questo ho deciso di chiamare Leogrande per proporgli di venire a Bolzano e per non gravare sulla libreria io e il mio collega Davide ci siamo accollati la spesa della trasferta, è un regalo per la città e per noi stessi.

I libri di attualità si vendono poco, a quanto pare, specie quelli che approfondiscono in modo non scontato i temi prevalentemente usati per la polemica spicciola sui social.
Chi attacca spesso lo fa in maniera sconsiderata, senza cognizione di causa, restando sulla superficie delle cose. È vero che i libri di attualità si vendono poco ma noi ci ostiniamo a tenerne pieni 3 scaffali. Tornando all’evento, invece, l’idea iniziale era quella di organizzarlo al parco della stazione, all’aperto, già lo scorso febbraio quando il flusso di migranti era maggiore. Sono immagini che non si dimenticano, quelle, così come non si dimentica il disinteresse di molte persone. Il problema è che purtroppo siamo un “esercito senza soldati” qui in libreria, e non avendo strutturalmente il modo né il tempo per sobbarcarci tutto da soli ci siamo appoggiati alla Fondazione Langer. Spero che stavolta l’occasione servirà per dare un messaggio forte alla città, una scossa, ecco.

E come, esattamente?
Io credo che i migranti bisognerebbe accoglierli tutti, senza regalare questa opportunità agli altri paesi, perché sono un motore incredibile, hanno una gran voglia di fare e se riusciamo a incanalare questa energia in qualcosa di costruttivo e non lasciare che la lotta per la sopravvivenza si trasformi in disperazione con tutte le conseguenze del caso, nel giro di 10 anni il nostro Pil diventerebbe il più alto d’Europa. Diamo loro una possibilità. L’America, del resto, ha fondato la sua storia sui migranti e oggi è il primo paese al mondo. E poi, diciamocelo, chi leggerà la nostra storia fra trent’anni cosa penserà di noi?

Già, cosa penserà?
È una domanda che dobbiamo porci costantemente. Il libro di Leogrande, peraltro, racconta la storia di un incontro con un uomo curdo che vive proprio a Bolzano (dove c’è la comunità curda più grande d’Italia). È un popolo che ha difeso strenuamente Kobane ed è tra i principali nemici dell'IS. È faticoso organizzare eventi nel capoluogo altoatesino, per un appuntamento del genere a Trento si presenterebbero almeno mille persone. Guardi, l’unica cosa che si vende più rispetto alla Ubik di Trento (che ha il maggior fatturato fra le Ubik in Italia) sono le guide turistiche, che mi sembra piuttosto indicativo.

Significa che la situazione delle librerie qui è critica?
La nostra Ubik ha attraversato un momento buio ma in due anni siamo riusciti a rimetterla in sesto. Resta sempre il fatto però che gli affitti sono spropositatamente alti a Bolzano, il mercato immobiliare in generale è fra i più folli d’Europa. Le librerie le fa chi ci lavora e a chi vuole fare questo mestiere consiglio sempre di fare un'esperienza di 3 mesi come contadino e 3 mesi come barista: ci vuole presenza fisica e flessibilità mentale nel gestire il tutto. La libreria va curata come fosse una terra da coltivare.

Le librerie devono diversificarsi? Offrire sì un ambiente confortevole per il lettore, coinvolgerlo in progetti culturali, ma anche vendere gadget e oggetti vari oltre ai libri?
Alla Ubik vendiamo cartoline, cartine, cd, oggetti ormai demodé (per alcuni lo sono anche i libri e i dvd). Quando la domanda cala cerchiamo di risollevarla, e a volte i miracoli accadono. Ci crediamo. E c’è un altro fattore fondamentale da considerare in questo senso.

Quale?
Con le cartoline ci paghiamo l’affitto, e ci permettono di vendere Dostoevskij. Mi spiego: ci danno la possibilità di non dover rinunciare agli scaffali dei classici per sostituirli con qualcosa di più commerciabile. E noi, ostinatamente, non li toglieremo mai. Mi sono imbattuto in Albert Camus da ragazzino. In libreria abbiamo l’opera completa dell’autore, magari fra tre anni qualcuno entra in libreria e lo scopre, e gli cambia la vita come l’ha cambiata a me.

Come risponde alla critica secondo cui i librai non hanno saputo adeguarsi ai mutamenti del mercato?
Se parliamo dei libri digitali dico subito che vendiamo anche gli eReader.

Libreria e e-book è un connubio possibile, dunque.
L’importante è che la gente torni a leggere. Quando prima andavamo a letto o aspettavamo un autobus o anche sul treno leggevamo, ora siamo attaccati vita natural durante ai nostri smartphone. Vede, credo che quelli che hanno più di 30 anni abbiano sfruttato “l’onda lunga” della libreria che li ha formati, perciò sono in grado di selezionare i volumi su internet, gli altri meno. C’è da dire poi che la gente sa distinguere chi, nelle librerie, ci mette la passione e chi lo fa solo per vendere, su internet invece si viaggia solo ed esclusivamente su interessi commerciali, manca per definizione il rapporto umano.

Crede che la crisi delle librerie coincida con un collasso culturale?
Purtroppo sì, quando chiude una libreria sono sempre triste, il problema non è la concorrenza ma il fatto che, come dicevo, si legge ormai troppo poco, nei centri storici, poi, ci sono sempre meno librerie. Mantova, ad esempio, è un chiaro esempio di quello che potrebbe accadere nei prossimi vent’anni a Bolzano, con un centro storico pieno solo di ristoranti, e librerie quasi assenti. Quelli che fanno più tenerezza sono i lettori assidui che passano di fronte alla nostra vetrina, hanno il terrore che chiuda la libreria, glielo si legge negli occhi. Occorre tornare a frequentare le librerie e capire perché sono importanti. Tornare a leggere in maniera famelica.