Society | Migrazioni

Chi non alza la voce è complice

Intervista a Don Luigi Ciotti a Bolzano per i 40 anni dell'associazione La strada/Der Weg su accoglienza, migranti e la questione Aquarius: "Stiamo perdendo l'umanità".
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Foto: Samira Mosca

salto.bz: Secondo lei cosa può fare l'associazionismo, in questo momento storico, dal punto di vista dell'accoglienza? E cosa può fare per favorire i processi d'integrazione e costruire tessuto sociale?

Don Luigi Ciotti: Il problema è questo: non basta accorgersi che gli altri esistono attorno a noi. Il vero problema è sentirli dentro di noi. Non basta accogliere le persone, perché tutto sommato veniamo sempre un po' accolti. Bisogna riconoscerle e qui è il punto centrale. Dobbiamo anche lottare perché non diventiamo i delegati che si occupano dei poveri e degli ultimi. Immagino un domani in cui ci sia meno solidarietà e più diritti e giustizia. Non verrà mai meno la solidarietà - fa parte del nostro DNA – e non verrà mai meno l'attenzione agli altri e il dovere di riconoscere gli altri, che è un bisogno di tutti. Dobbiamo chiedere alle istituzioni che facciano la loro parte e di mettere in grado gli altri di fare la loro. Oggi nel nostro paese riguardo ai poveri e gli ultimi  - non voglio generalizzare o dimenticare le cose positive che ci sono da sostenere, ma... - in generale c'è questa delega: "Occupatevene voi!". E questo non è giusto. In Italia in genere la gente si arrampica sui vetri per fare le cose: meno progetti, meno soldi.

 

Secondo lei perchè?

Perché i soldi vanno in un'altra direzione! Perché questi problemi, che riguardano la vita e la fatica delle persone, rischiano di essere l'ultima ruota del carro. In Italia, dove ci sono 5 milioni di persone in povertà assoluta, ma 9 milioni di povertà relativa, sarà un problema centrale? Siamo in un paese sono 2 milioni e 300mila giovani giovani, una volta terminata la scuola, non trovano lavoro: sarà un problema centrale? Ci sono delle sacche dove le cose vanno meglio e dove ci sono interventi che promuovono tutto questo ma il mio sguardo è quello che abbraccia il paese.

Senza contare il dato sulla dispersione scolastica...

Un giovane su tre abbandona la scuola superiore nei primi cinque anni: sarà un problema chiedersi dove vanno questi ragazzi? Chi se ne occupa? Se l'eroina è tornata più forte di trentacinque o quarant'anni fa, sarà un problema? Quest'onda lunga parte da una condizione di disagio, oltre al consumo ricreativo. Uno deve fermarsi e interrogarsi su un mondo profondamente cambiato, dove la dimensione virtuale ha scombussolato tutto, dove è in atto la digitalizzazione dell'esistenza. Si confondo i contatti con le relazioni. Dobbiamo recuperare le relazioni e si perde il senso critico, attraverso la velocità del digitale, dei telefonini. Anche l'esistenza viene schiacciata in questa dimensione. C'è uno strumento non da criminalizzare ma da usare nel modo giusto. Dobbiamo affacciarci alle nuove dipendenze e ai nuovi volti di oggi e alla fatiche delle famiglie: c'è un modo adulto che arranca e che rincorre. L'associazionismo rimane il segno di un fermento meraviglioso. E c'è spazio per tutti.

"C'è un grido che dobbiamo fare all'Europa e all'ONU, che arriva sempre in ritardo. C'è una lotta politica e mondiale che deve essere fatta".

Lei è il fondatore di Libera, l'associazione contro le mafie. Per riallacciarci al discorso di prima sull'accoglienza: la prima equazione che viene in mente di frequente ai più critici verso l'accoglienza dei migranti è - appunto -  “mafia= business dell'immigrazione”. E si attaccano quindi associazioni e cooperative che lucrerebbero sulla gestione dell'accoglienza. Ma non è così, no?

Certo che non è così. La speranza non è un reato, quindi l'emigrazione non è un reato. Fuggono da disastri ambientali, da conflitti, dalla povertà, dalla fame e dalla sete. Quindi dobbiamo prendere coscienza di questo. Io sono una piccola cosa, qui rappresento un noi - non un io -  e da quasi quarant'anni siamo in Africa, in Costa d'Avorio, abbia lavorato nei carceri minorili di tanti paesi africani. Quindi la mia voce è piccola, fragile ma è testimone. Lì vediamo la gente partire, per cercare una terra promessa. Partono dall'Africa, che noi occidentali abbiamo usato, sfruttato, umiliato, colonizzato. Quei paesi sono stati colonizzati da tutti, abbiamo tolto risorse e continuiamo a toglierle con le multinazionali. L'Africa avrebbe le gambe per camminare da sola. E' un problema di giustizia e di conoscenza e un problema di verità. Bisogna conoscere per diventare tutti più responsabili. La conoscenza deve essere il cambiamento. Uno deve di conseguenza agire: qui c'è anche un problema culturale. E' la cultura che risveglia le coscienze. C'è tanta ignoranza e ci sono tanti pregiudizi, tante semplificazioni nel nostro paese, in cui il dato che ci viene consegnato è che sei milioni di italiani vivono l'analfabetismo di ritorno. C'è una fragilizzazione della società, nei suoi contenuti, nei suoi percorsi. Chiediamoci allora cosa sarà l'Europa tra venticinque, trent'anni!

 

Ovvero?

Una ricerca seria - non proveniente dal portaborse di qualche politico o da qualche paese che manipola la verità per i propri interessi - dice: nei prossimi anni il mondo crescerà, ci saranno più di un miliardo di persone. Crescerà la Cina, l'Africa, il 60% della popolazione mondiale sarà asiatica. Cosa sarà l'Europa, che oggi è il 17% della popolazione mondiale? Sarà il 7%! Bisogna essere seri, bisogna essere documentati e ricercare la verità. Oggi i giovani al di sotto dei 18 anni in Italia sono circa 10 milioni. Ma ogni cento ragazzi di 14 anni ci sono 155 adulti oltre 65 anni. L'Italia è un paese che invecchia sempre di più, sempre meno giovani, sempre meno ragazzi. E poi bisogna ricordare che l'emigrazione non è un emergenza, queste migrazioni cresceranno sempre di più.

Questo si ricollega alla questione della nave Aquarius?

Papa Francesco ha detto - mentre l'Aquarius viaggiava: una nave mortificata, una nave rifiutata -  quando ha visto questo: “No ai muri”. Ho tanta nostalgià di umanità, stiamo perdendo l'umanità, per avere il consenso da parte degli egoismi di tante persone. Abbiamo respinto 629 persone. Cosa costava? C'è un grido che dobbiamo fare all'Europa e all'ONU, l'ONU, che arriva sempre in ritardo. C'è una lotta politica e mondiale che deve essere fatta. Mai tante guerre in atto come in questo momento sulla faccia della terra, milioni di persone coinvolte. Lottiamo perché ognuno faccia la sua parte.

E a proposito di perdita di umanità: qualcuno ha dimostrato umanità, alcuni sindaci del Sud Italia hanno dimostrato umanità, dichiarando di voler mettere a disposizione i porti. Questa presa di posizione, questa disobbedienza civile, almeno intellettuale, la ritiene un segnale importante?

I sindaci rispettano la legge, la legge del buonsenso e della coscienza e quella secondo la quale si soccorre la gente che è in mare. Ma non ci sono solo i sindaci, qualcuno vuole denunciare chi ha gridato: “No ai nostri porti!”. E' bello che i sindaci abbiano detto di voler tenere aperti i porti. Quello dell'Aquarius è stato un rifiuto che non ha ragione di essere, stiamo perdendo l'umanità. Non punto il dito verso nessuno ma dobbiamo riflettere un pochettino tutti.

"Non si possono fare delle scelte elettorali preoccupato dal consenso degli elettori. Si fanno dei proclami per catturare elettori. E invece io vorrei e incoraggio gli onesti della politica".

La conoscenza è un fatto fondamentale va diffusa. Una delle voci più importanti e interessanti, italiane, che ha saputo raccontare il momento presente e il dramma della migrazione è stato Alessandro Leogrande, venuto a mancare da poco. Crede che di voci ce ne siano troppo poche o troppe ma poco efficaci?

A questa domanda non saprei rispondere, l'unica laurea che ho è in Scienze Confuse. Faccio fatica a giudicare gli altri. Ci sono voci che si sono alzate e continuano ad alzarsi, sono troppo poche però. Mi piacerebbe che gli intellettuali alzassero di più questa voce, però devo aggiungere che dobbiamo alzarla un pochettino tutti la voce. Come diceva Tonino Bello, “bisogna alzare la voce, quando in molti scelgono un prudente silenzio”. Diventiamo complici se non alziamo la voce e oggi sono troppi, i complici. Compromessi di comodo. Abbiamo bisogno del silenzio per guardarci dentro e riflettere, pregare, per saldare la terra con il cielo. Dobbiamo guardare la profondità della nostra coscienza.

 

Parlando invece di consenso riferito a questo tema. Lei prima ha citato un dato, quello del calo demografico italiano. Il presidente dell'INPS Tito Boeri ha detto recentemente che una politica di chiusura creerebbe un buco di 38 miliardi per i prossimi decenni per mantenere attivo il sistema delle pensioni. Questi dati non vengono affrontati in campagna elettorale. Quali sono secondo lei i temi, invece, che hanno fatto più leva sul sentimento degli italiani?

Fare politica non è il mio mestiere, faccio altro. Però posso dire che non si possono fare delle scelte elettorali preoccupati dal consenso degli elettori. Si fanno dei proclami per catturare elettori. E invece io vorrei incoraggiare gli onesti della politica di non inseguire gli elettori ma di essere al servizio delle persone, perché alla fine della vita saremo chiamati a rispondere della nostra coscienza, da che parte siamo stati e lo dico anche a tanti che masticano di essere dei cristiani! E aveva ragione Tonino Bello quando diceva: “Non mi interessa sapere chi sia dio, mi basta sapere da che parte sta. E dobbiamo stare da quella parte. Dalla parte di chi fa fatica, di chi arranca, di chi è fragile, di chi è piccolo, povero, escluso, chi vive un'anoressia esistenziale. Quanta gente che conosco, che ha tutto a livello culturale e a livello economico ed è disperata, dentro.