Il triste tramonto di Bolzano
I falsari di parola scontano la loro pena nell’ultima Bolgia del VII cerchio dell’Inferno, afflitti da febbri fortissime che evaporano tutto intorno al loro corpo vapore come ‘man bagnate di inverno.’ Renzo Caramaschi, annunciando la sua seconda candidatura a sindaco, ha probabilmente sottostimato il destino che potrebbe aspettarlo. Cinque anni fa si era presentato come l’uomo di una sola legislatura, escludendo la possibilità del secondo mandato, forse per segnare anche una linea di discontinuità con il precedente borgomastro Luigi Spagnolli, uomo dall’immagine bruciata secondo molti da un poco puritano attaccamento alla poltrona. Dopo i primi cinque anni, nella migliore tradizione della politica italica, le promesse del passato sono purtroppo state dimenticate. Ora la sua presenza è essenziale per il completamento delle cosiddette 'grandi opere'. Come sia possibile che l’esecuzione di programmi decisi collegialmente con atti amministrativi vincolanti dalla Giunta dipendano dalla mano di un unico uomo è qualcosa di insondabile. Ma in fondo chi nell’opinione pubblica del dopo Covid ha memoria di cosa aveva solennemente proclamato il vecchio sindaco che così tanto, continua a ricordare, ha fatto per il bene della città?
La truppa che sostiene Caramaschi è composta da figure di secondo piano: ex forza Italia passati al Pd, qualche amico di vecchia data, qualche assessore che punta a tenere la posizione e qualche consigliere e segretario di partito che mira a diventarlo. Il programma della compagine guidata dal settantacinquenne Caramaschi dichiara di guardare al futuro, ma ha inevitabilmente uno sguardo rivolto al passato. Il cavallo di battaglia della nuova legislatura è l’avvio dei lavori dell’Areale ferroviario. Rievoca questo insistere su un’opera fondamentale della città, il faraonico leit motiv della indispensabilità per il futuro del capoluogo del progetto del Kaufhaus: un mega centro commerciale edificato in pieno centro di Bolzano che porterà in città per i prossimi decenni tutto il traffico che sindaco e giunta hanno giurato di volere combattere all’ultimo sangue per l’intera vecchia legislatura. Solo che l’Areale è qualcosa di molto più appetitoso dal punto di vista degli affari del pur remunerativo Kaufhaus, e non a caso in zona Piani, a colpi di varianti urbanistiche, stanno già sorgendo da parte di investitori molto privati infrastrutture per valorizzare il prossimo aumento di valore dell’intera area.
Per Caramaschi e soci, l’Areale modernizzerà la città e sarà la chiave di volta della politica urbana del prossimo quinquennio. Come e in che modo non è ancora chiaro, perché in fondo specificare cosa significa modernizzare una città di commercianti e poteri forti è sempre un po’ rischioso. Così il candidato sindaco del centro sinistra, forse per spostare l’attenzione, plana su un tema delicato: il calmieramento dei prezzi degli alloggi, una delle principali piaghe di Bolzano, causa numero uno della fuga dei giovani e della difficoltà a richiamare in pianta stabile nuovi abitanti. Come fare in modo di conciliare gli interessi a massimizzare il profitto dei potenziali investitori con la costruzione di appartamenti a prezzo accessibile, è un altro mistero su cui il sindaco e gli alleati giustamente glissano. Per il momento è meglio dare l’impressione di lavorare per il bene comune, se poi bisognerà fare qualche concessione, ci sono sempre i cavilli amministrativi su cui scaricare la responsabilità di variazioni di destinazione e cubatura.
Il centro destra, dopo estenuanti mesi di attesa, ha candidato Roberto Zanin, da Appiano. Non è chiaro se individuare il nome del candidato sindaco sessanta giorni prima delle elezioni sia una strategia innovativa di marketing politico. Di solito, serve del tempo per fare conoscere un politico sconosciuto all’elettorato, ma probabilmente saranno stati gli spin doctor della Lega a decidere diversamente. Nella prima conferenza stampa, Zanin dimostra sicuramente più creatività del sindaco Caramaschi: sull’Areale chiede giustamente una rilettura del progetto funzionale a rispondere ai cambiamenti intercorsi nella società negli ultimi mesi e anni, rivendica maggiore partecipazione nella gestione dell’amministrazione, spende alcune parole per giovani, disabili e anziani. La sua lista Oltre-Weiter, senza alcun radicamento e posizionamento politico a livello provinciale e nazionale, dovrebbe però capeggiare la riscossa di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia: partiti che storicamente non condividono niente della linea moderata con cui Zanin ha aperto la campagna elettorale. I primi passi mostrano già la strumentalità e la debolezza dell’operazione, voluta non a caso strenuamente dall’onorevole Filippo Maturi, il noto autore del lungometraggio Bolzanistan, politico raffinato e visionario, ma forse ancora un pò inesperto di campagne elettorali.
La SVP, di fronte all’evanescenza delle candidature italiane, ha deciso di presentare il vice sindaco Walcher, una delle figura più a destra del partito di raccolta bolzanino, molto ben visto da Schützen e Freiheitlichen residenti nelle campagne circostanti all’ospedale. Caramaschi e Zanin si guardano bene dal proferire parola sull’orientamento politico del futuro vicesindaco, da sempre fautore della divisione etnica in asili, scuole, associazioni. Un politico di cui si può parlare male solo sottovoce, perché non bisogna irritare l’alleato di minoranza che, di fatto, sceglierà chi sarà il nuovo sindaco della città.
Team K e eventuali alleati italiani progressisti in chiave anti dominio SVP e poteri forti non sono purtroppo ad oggi pervenuti, mentre altre candidature minori sono destinate a raccogliere briciole.
Così Bolzano si riprepara alla continuità di gestione degli ultimi venti anni, in cui a governare il capoluogo sono stati sempre i soliti poteri forti: le grandi famiglie, gli immobiliaristi, i costruttori, i mandatari dei commercianti dei Portici, i contadini, con la politica in sottofondo a fare il lavoro sporco. Fa specie che nessuno dei candidati si sia preso la briga di lanciare un allarme e proposte contro il problema più grande della città: l’invecchiamento della popolazione con la conseguente perdita di vitalità e creatività dell’intero corpo urbano. Secondo gli ultimi dati Istat sulla natalità pubblicati la settimana scorsa, Bolzano, in trend opposto all’intera provincia, continua a diventare più vecchia, nonostante il numero di stranieri sia in costante aumento. Se qualcuno degli aspiranti politici in campo sapesse veramente fare di conto, si accorgerebbe che nel giro di dieci anni le nuove abitazioni dell’areale rischieranno di restare vuote e non solo per l’inaccessibilità dei prezzi imposti dai nuovi padroni della città. Perché Bolzano, il capoluogo di una terra baciata dalla fortuna si svuota? Come è possibile che la città in testa alle classifiche della qualità della vita non attragga frotte di nuovi abitanti ansiosi di condividere le gioie della vita all’ombra del Catinaccio?
Sono domande queste che richiederebbero un’onestà intellettuale che i campioni schierati ai nastri di partenza della competizione elettorale non sembrano avere. Una città con un disequilibrio generazionale così grande, è destinata a spegnersi. Ma la città muore, perché politicamente si vuole farla morire. Perché Bolzano è una città ancora italiana e alla grande parte tedesca che comanda non interessa darle un disegno di crescita che vada oltre la gestione famelica degli affari. Perché è un’area urbana, che se veramente sviluppata andrebbe in rottura con il mondo tradizionale delle periferie. Perché una città che guarda al futuro, per essere tale deve essere capace di includere, attrarre e promuovere le diversità di lingua, di genere, di orientamenti politici e culturali e in un mondo fossilizzato sulle appartenenze etniche e sulle rendite di posizione, questo non fa gioco a chi gode dei benefici dello status quo.
La fine di Bolzano come città aperta probabilmente risale a tanti anni fa, quando a Alex Langer venne rifiutata la possibilità di candidarsi sindaco. Quello sarebbe stato un momento di svolta. Non sappiamo se Langer sarebbe diventato il primo borgomastro tedesco dopo Perathoner. Forse no, o forse si. Quello che si può dire con certezza è che oggi la lunga agonia di una città ripiegata sulla soddisfazione di interessi particolaristici e sulle irrisolte divisioni etniche presenta il conto. Bolzano si spopola, ha prezzi degli alloggi inaccessibili per i giovani, è ancora divisa da un muro sottile che divide italiani e tedeschi come dopo la seconda Guerra mondiale, non tollera il dissenso e loda l’ossequio del potere.
L’assessora Verde Lorenzini che piange per l’abbattimento dei tre platani davanti alla stazione è la sintesi plastica di un fallimento di una politica che avrebbe dovuto guardare in avanti ed è stata capace soltanto di favorire un opaco e crepuscolare dividi et impera.
Concordo sul rischio di
Concordo sul rischio di declino di Bolzano e sulla necessità di ragionare anche preventivamente sulle cause di questo paventato declino. Mi pare semplicistica la tesi scondo la quale l'inizio del declino corrisponda con la mancata candidatura a Sindaco di Bolzano di Alex Langer, nel 1995. Il progetto di Langer era molto ambizioso, ma contemporaneamente anche velleitario vista la reale situazione della società bolzanina. La sua ipotesi di poter essere eletto da una maggioranza di elettori a sostegno dell'istanza interetnica, (mandando all'opposizione SVP e AN) non corrispondeva purtroppo alla realtà delle cose; il 4 giugno 1995 i bolzanini, ancorchè privi della sua candidatura, scelsero come primo partito, Alleanza Nazionale (30,88%), la SVP , secondo partito (18%) e terzo Forza Italia col 10%... Questa era l'espressione degli elettori di Bolzano pochi giorni prima che Alex ci lasciasse (il 5 luglio 1995).