Il "caso Cucchi" a Bolzano
Venerdì 19 ottobre sono in programma anche a Bolzano due proiezioni del film "Sulla mia pelle", quello che racconta l'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi. L'appuntamento, alle 18 e quindi alle 20.30, è nella sala del Liceo Carducci di via Manci, con un intervento via Skype di Ilaria Cucchi nella pausa tra le due proiezioni.
"Sulla mia pelle" è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, e dopo il grande successo in sala ha scatenato una campagna di proiezioni pubbliche, che accompagnano la battaglia per la giustizia della famiglia Cucchi (Ilaria e i due genitori) e dell'avvocato Fabio Anselmo. "Queste proiezioni ci fanno capire che non siamo soli, e che il nostro impegno sta diventando un esercizio ed uno sforzo di civiltà" ha detto a inizio ottobre, incontrando i giornalisti prima di una proiezione del film a Milano.
La data di Bolzano arriva invece in un momento importante della vicenda giudiziairia. L'11 ottobre è finalmente caduto un "muro d'omertà" eretto a difesa degli assassini di Stefano Cucchi: uno dei Carabinieri imputati di omicidio nel processo bis per la morte del giovane geometra romano, ritrovato cadavere nella sua cella nel reparto di Medicina Protetta all’ospedale Sandro Pertini di Roma il 22 ottobre del 2009, sette giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti, ha ammesso il pestaggio.
È una delle due scene centrali del film: Stefano, interpretato dall'attore Alessandro Borghi, è in una caserma dei Carabinieri, e viene fatto entrare in una stanza, per il fotosegnalamento. A gettarlo - letteralmente - dentro sono tre Carabinieri, due dei quali in borghese. Da quella stanza, Cucchi uscirà col volto tumefatto. Le botte non si vedono, ma si sentono. E sono quelle che, dopo una settimana, l'hanno ucciso.
Se non si fosse creato un caso mediatico, sarebbe stata negata la giustizia (Ilaria Cucchi)
Poco dopo c'è un altro momento centrale del film: Ilaria Cucchi (Jasmine Trinca, nel film) e la madre si confrontano, subito dopo l'arresto di Stefano. La sorella appare molto contrariata, perché tutta la famiglia ha fatto molto per aiutarlo a superare i problemi legati alla tossicodipendenza, e si sente presa in giro. La famiglia Cucchi non ha mai difeso il figlio, non ha mai negato la sua condizione. Oggi Ilaria Cucchi dice: «era un ultimo, e pure un rompiscatole». Non è accettabile, però, che Stefano Cucchi abbia iniziato a morire di fronte ad un pubblico ministero, quello che ha convalidato il suo arresto. Forse è per questa violenza latente, fatta di silenzi, di dialoghi interrotti, che il film lascia attoniti. Impotenti. E perché in uno stato di diritto non deve accadere che una persona si lasci morire in carcere (in questo caso, in un reparto di Medicina Protetta), come forma estrema di protesta di fronte all'impossibilità di difendersi, e di sentire la vicinanza dei propri cari. Nel film, Cucchi ripete ossessivamente la propria richiesta di poter chiamare il suo avvocato, che cade sempre nel vuoto. Alla famiglia, invece, si impedisce di vederlo. Mentre sta morendo.
«Se non si fosse creato un caso mediatico, sarebbe stata negata la giustizia» ha detto Ilaria Cucchi a Milano. Giusitizia che oggi la famiglia non è più sola a chiedere.