Moro - Waldheim
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Politics | Avvenne domani

581 fogli di carta

Pubblicati i documenti diplomatici italiani sulla questione altoatesina dal 1964 al 1969.

Il primo documento, in ordine cronologico, è una lettera datata 10 dicembre 1964 ed inviata dal Ministro degli Esteri italiano Giuseppe Saragat all’omologo austriaco Bruno Kreisky.

“Come ella stessa ha detto – scrive Saragat -, il cammino compiuto nel periodo trascorso dal nostro primo incontro a Parigi è stato certamente notevole ed è tale da metterci dinnanzi a decisioni concrete. Per questa ragione, dopo la pausa che si era riscontrata dopo la quinta Sessione della Commissione di Esperti per l’Alto Adige, le avevo suggerito l’effettuazione di alcuni contatti per uscire dal punto morto cui eravamo venuti a trovarci, costituendo così la base per una nostra decisione in uno dei nostri prossimi incontri. Ho visto con vivo piacere che anch’ella era animata dallo stesso proposito e penso che questi contatti siano stati estremamente utili. Noi siamo di fatto ormai alla vigilia di un incontro che penso possa avere carattere conclusivo”.

L’ultimo documento è un telegramma riservato che, poco dopo le 21 del 30 novembre 1969 il Ministro degli Esteri Aldo Moro invia da Copenaghen, dove si è appena concluso l’incontro con il Ministro austriaco Kurt Waldheim, al Presidente della Repubblica Saragat e al Presidente del Consiglio Mariano Rumor. Moro ritiene evidentemente che sia assolutamente urgente aggiornare le due massime cariche dello Stato sugli esiti di un incontro ritenuto decisivo per definire i dettagli della chiusura della lunga trattativa sul “Pacchetto” altoatesino.

Ha avuto luogo oggi previsto incontro con il Ministro Waldheim. Durante conversazioni di stamane, che si sono svolte in atmosfera particolarmente cordiale,sono stati trattati anzitutto seguenti argomenti proposti da parte italiana.1) Definizione del «pacchetto». Da parte mia ho ribadito innanzi tutto nostro punto di vista circa carattere autonomo misure in esso contenute ed ho poi ricordato quanto già fatto presente alla parte austriaca attraverso i canali diplomatici e cioè unicità pacchetto cui ci si potrà riferire ai fini attuazione calendario operativo e rilascio quietanza. Tale «pacchetto» è costituito da elenco misure da noi consegnato al Dr. Magnago.

Il lungo documento, articolato in più punti, si sofferma su tutti gli argomenti trattati in una estenuante giornata di discussione. Moro ricorda di aver sollecitato il pari grado austriaco per quel che riguarda una formale dichiarazione del governo di Vienna di condanna del terrorismo e assicura, per contro, che entro alcuni giorni l’Italia rimuoverà ogni ostacolo frapposto sino a quel momento alla stipula, da parte dell’Austria, di accordi con la Comunità Economica Europea. Si scende nel dettaglio e si toccano anche questioni delicate come quelle dei provvedimenti di clemenza, sollecitati da Waldheim, nei confronti di sudtirolesi condannati in Italia per terrorismo, ma anche di un austriaco, il maggiore Walter Reder, condannato per l’eccidio di Marzabotto e per il quale si chiede un provvedimento di grazia. Il lungo elenco delle questioni discusse termina con l’impegno ad avviare le procedure previste nel cosiddetto calendario operativo allegato al “Pacchetto” e con un giudizio di merito. Ancora Moro. "Nell’esprimere apprezzamento per risultati raggiunti ho detto che fecondo contenuto e tono amichevole attuale riunione lasciano sperare nell’inizio di una nuova era nello sviluppo relazioni italo-austriache fino a giungere conclusione accordo amicizia previsto come ultima tappa calendario operativo".

Quelli di cui abbiamo dato conto, sia pur per sommi capi, sono i fogli di apertura e di chiusura di un robustissimo faldone che comprende ben 581 documenti usciti dagli archivi della diplomazia italiana per documentare i modi e i tempi con i quali essa misurò con la cosiddetta questione altoatesina. Si riferiscono ad un periodo di tempo ben definito e assai interessante: quello che va, come abbiamo visto, dalla fine del 1964 sino agli ultimi giorni del 1969. Un quinquennio cruciale perché è in questo periodo che viene compiutamente a maturazione l’intesa politico diplomatica che porterà alla nascita di quel secondo Statuto di autonomia per il Trentino-Alto Adige di cui si celebrano in queste settimane il cinquant’anni di vigenza.

Il materiale di cui parliamo è stato pubblicato non molto tempo fa, la data ufficiale parla del dicembre 2019, per iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la propria segreteria generale e l’unità di analisi, programmazione, statistica e documentazione storica.

Rientra sostanzialmente nella serie dei cosiddetti Documenti Diplomatici italiani che si è arricchita, nel corso del tempo, di numerosi volumi e, nell’ambito della quale, non erano già mancati i riferimenti alle cose altoatesine. Basti pensare al volume relativo all’anno 1946 che riporta i dati riguardanti la conclusione dello storico Accordo di Parigi, con il verbale del vero e proprio processo cui Alcide De Gasperi fu sottoposto, il giorno successivo alla firma dell’intesa, da parte della delegazione italiana, che gli rimproverava di aver inutilmente coinvolto l’Austria in una questione che sarebbe dovuta restare di esclusiva pertinenza interna dell’Italia.

Questa volta però stiamo parlando di un prodotto archivistico assai diverso. I due tomi in cui è divisa la pubblicazione sono interamente dedicati alla vicenda altoatesina e sono il frutto di un lungo lavoro di selezione, compiuto da esperti archivisti del Ministero e coordinato scientificamente da una commissione di docenti universitari. L’opera in sé è stata affidata alla cura di due professori: Francesco Lefebvre D’Ovidio, docente alla Sapienza di Roma, affiancato dal professor Antonio Varsori dell’Università di Padova. Dei 581 documenti di cui si è detto 268 sono riportati nel primo tomo relativo al periodo 10 dicembre 1964 – 3 ottobre 1967, mentre gli altri 313 documenti compaiono nel secondo tomo relativo al periodo 5 ottobre 1967 – 30 novembre 1969. L’elenco dei documenti, relazioni segrete, minute confidenziali, lettere, verbali di sedute, è accuratamente catalogato in un indice molto dettagliato ed è completato, oltre che da un saggio introduttivo di cui diremo più oltre, anche da alcune tabelle di notevole interesse. Una, posta in conclusione del secondo tomo, dimostra come, nel corso del tempo, siano mutati i vari istituti giuridici che andavano a comporre il quadro dell’intesa per la nuova autonomia. Una seconda e una terza, collocate nel saggio iniziale, contengono rispettivamente gli elenchi degli incontri del comitato ristretto dei ministri costituito appositamente per trattare il caso-Alto Adige e quello degli incontri diplomatici (ufficiali e segreti) tra le delegazioni di Vienna e di Roma.

L’intero lavoro, che porta questo titolo “La questione dell’Alto Adige/Südtirol: lo sviluppo della controversia 1964-1969”, ha un’altra caratteristica di assoluto interesse: oltre che nell’edizione cartacea è disponibile, e liberamente consultabile, anche on-line, con due file PDF che chiunque può scaricare e leggere agevolmente aprendo questa pagina.

 

Il momento delle scelte

 

La seconda metà degli anni 60, come abbiamo accennato più sopra, rappresenta il periodo di tempo nel quale si delinea compiutamente la possibilità di arrivare ad un accordo che ponga fine alla profonda crisi politico istituzionale apertasi all’incirca un decennio prima nel quadro autonomistico del Trentino Alto Adige, con l’abbandono, da parte della Südtiroler Volkspartei delle responsabilità politiche nell’ambito della Regione, considerata come un quadro assolutamente inidoneo a garantire la tutela della minoranza linguistica. Su questo conflitto si innesta, più o meno negli stessi anni, la controversia internazionale con l’Austria che ha il suo nodo cruciale nel ricorso alle Nazioni Unite nel 1960. Gli anni successivi, in un panorama reso ancor più cupo dall’esercizio su vasta scala della violenza politica con il fenomeno terroristico in rapida espansione, vede il faticoso procedere di una prima forma di trattativa nell’ambito della cosiddetta Commissione dei 19, mentre, sul piano più squisitamente diplomatico, Austria e Italia faticano assai a dare un concreto significato all’invito formulato da parte dell’Onu ai due stati perché trovassero, nel dialogo bilaterale, una soluzione ai loro contrasti.

Si arriva così alla metà del decennio con l’intensificazione di un dialogo che sembra preludere ad un’intesa molto più vicina nel tempo di quanto poi avverrà nel concreto. È il periodo coperto dalle centinaia di documenti pubblicati e il cui senso politico giuridico è delineato in un ampio saggio, circa ottanta pagine, che il professor Lefebvre D’Ovidio ha posto come premessa, necessaria più ancora che utile, per inoltrarsi con profitto della lettura del carteggio. Si tratta indubbiamente di uno dei contributi scientifici più importanti realizzati negli ultimi anni sullo sviluppo della questione altoatesina nel secolo passato e sarebbe quanto mai opportuno che una delle istituzioni che si occupano di animare il dibattito storico in Alto Adige ne traesse spunto per promuovere un confronto, su questi temi, coinvolgendo ovviamente in primo luogo coloro che hanno realizzato l’opera. Sarebbe un contributo importante all’analisi del quadro politico relativo all’autonomia altoatesina nel momento in cui essa, al giro di boa del mezzo secolo di vita, può legittimamente interrogarsi sulle proprie radici storiche e politiche.

 

Le convergenze parallele

 

Dar conto in modo esaustivo del contenuto dei due volumi è impresa che travalica di parecchio lo spazio di questo contributo, ma, per stimolare la curiosità dei possibili lettori, val la pena forse far cenno ad un paio di temi particolari che ricorrono nella gran mole di carte. Per la prima questione ci soccorre un celebre ossimoro politico-geometrico che viene comunemente attribuito proprio ad Aldo Moro, che lo utilizzava per descrivere il percorso di avvicinamento tra cattolici e marxisti. Le convergenze parallele nel nostro caso sono invece quelle tra i due aspetti della lunga trattativa che, per la diplomazia e la politica italiane vanno tenuti rigorosamente separati: quello interno e quello internazionale. Scrive in proposito il professore Lefebvre:

"A partire dalla conclusione dei lavori della Commissione «dei diciannove» il Governo italiano condusse la ricerca di una soluzione della controversia su due piani paralleli: da un lato sul piano internazionale, con gli incontri a livello di Ministri degli Esteri, con l’istituzione della Commissione bilaterale di studio italo-austriaca, con le riunioni segrete fra i rappresentanti dei Ministri degli Affari Esteri e con la presentazione al Governo austriaco delle proposte «globali» per la chiusura della controversia; dall’altro lato sul piano interno, con una serie di incontri fra il Presidente della SVP, Silvius Magnago, e il Governo italiano, dal primo incontro fra Moro e Magnago, il 1° aprile 1965, ai contatti diretti della Presidenza del Consiglio con la SVP, agli incontri Moro-Magnago del 20 ottobre 1966 e del 21 gennaio 1967, alle riunioni di Magnago al Viminale nel febbraio-marzo 1969 e all’incontro Magnago- Rumor del 28 marzo per la «rilettura del pacchetto» di misure: i due piani erano di competenza di due istituzioni diverse, il Ministero degli Affari Esteri per la dimensione internazionale e la Presidenza del Consiglio per quella interna. Il parallelismo fra i due piani è evidenziato dalla circostanza che, quando il Governo austriaco chiese di conoscere il contenuto dei «chiarimenti» forniti da Moro a Magnago il 15 febbraio 1967, da parte italiana venne opposto un cortese ma fermo diniego, diniego che fu mantenuto fino alla conclusione della controversia: i rapporti della Presidenza del Consiglio con i rappresentanti della SVP erano affare interno e non dovevano formare oggetto di conversazioni con uno Stato terzo. L’elenco definitivo delle misure interne fu, in effetti, il frutto delle consultazioni con la SVP, alla quale sola vennero comunicate nella loro versione integrale; e – come vedremo più avanti – vennero infine concordate modalità particolari per dare una comunicazione «di fatto» ma non formale al Governo austriaco delle modifiche introdotte a seguito dei colloqui con Magnago, mediante la «lettura lenta» o la dettatura di tali modifiche, per evitare che una consegna formale del «pacchetto » potesse dare adito a considerarla oggetto di un nuovo accordo”.

La seconda questione è quella che riguarda l’influsso degli attentati terroristici, sempre più gravi e sanguinosi nel periodo preso in esame, sui rapporti diplomatici tra Italia e Austria. È interessante notare come, da parte del Governo non siano mai state raccolte le pur forti sollecitazioni a interrompere ogni forma di trattativa per effetto degli atti di violenza politica, mentre si sia scelto di premere in maniera decisa su Vienna perché mutasse un atteggiamento che Roma riteneva essere gravemente corrivo nei confronti degli attentatori e dei loro mandanti politici. Il punto di maggior tensione viene toccato quando l’Italia, adducendo come motivazione proprio l’atteggiamento austriaco nei confronti degli attentatori, decide di bloccare la richiesta austriaca di negoziare accordi con la CEE.

Ancora Lefevbre: Gli aspetti rilevanti del problema da un punto di vista delle relazioni internazionali, a parte gli aspetti morali, erano dunque due: la matrice ideologica neonazista del terrorismo in Alto Adige e l’atteggiamento degli ambienti giudiziari e delle autorità tirolesi e federali, che lo consideravano una reazione estrema alla presunta inadempienza dello stesso Governo di Roma. Quest’ultimo veniva additato da rappresentanti governativi austriaci quale vero responsabile del terrorismo, per il fatto stesso di non aver ancora accettato le riforme richieste dalla SVP, e gli autori degli attentati, quando identificati, venivano assolti per aver agito per motivi politici, dunque, implicitamente, giustificati. In base a questa analisi, il Governo, facendo proprio l’orientamento del Ministro degli Esteri Fanfani, deliberò di esercitare una pressione più energica su quello austriaco per ottenere un radicale mutamento di rotta, ponendo il veto alle trattative per l’associazione dell’Austria alla CECA e alla CEE (DD. 227, 228, 230, 232, 234 e 236). Il veto, comunicato ai rappresentanti italiani presso le comunità sin dal 28 giugno, dunque solo tre giorni dopo la strage di Cima Vallona, ed eseguito il 29 al Consiglio dei Ministri della CECA e il 30 alla Commissione della CEE, introduceva un nuovo elemento nella dimensione internazionale della controversia, un elemento che riguardava solo l’Austria, non l’Alto Adige, e – quanto meno formalmente – era slegato dalla vertenza sulla minoranza linguistica, dato che il Governo italiano dichiarò di non voler interrompere la ricerca della soluzione”.

Questa è la storia raccontata dai documenti che ora escono dagli archivi della Farnesina e diventano materia di studio e di analisi. Molte altre carte relative a quell’epoca e a quei fatti sono già pubbliche e non solo in Italia. Basti pensare, solo per fare un esempio, a quelle fortunosamente riscoperte ed esaminate da un team di studiosi e che documentano l’attività dell’Ufficio Zone di Confine. Altre, come ad esempio quelle dell’Archivio Andreotti, dove esiste, ancora intonso, un robusto fascicolo intitolato a Silvius Magnago, aspettano di essere esplorate. È più che probabile che vi siano, nei fondi d’archivio di Parigi, Londra, Mosca e Washington carte che possano ancor meglio chiarire la dimensione internazionale delle vicende altoatesine del ‘900. Il lavoro di ricerca, per gli storici di professione, è appena iniziato.

 

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Hartmuth Staffler Sat, 02/19/2022 - 18:24

Leider kommen diese Dokumente mit sehr großer Verspätung an die Öffentlichkeit. Interessant wäre es, sie mit korrespondierenden österreichischen Dokumenten vergleichen zu können.

Sat, 02/19/2022 - 18:24 Permalink
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Josef Fulterer Sun, 02/20/2022 - 05:44

Was wäre wenn die Gruppe um Erich Ammon bis in die 60ger Jahre hinein das Sagen gehabt hätte und nicht von der Gruppe um Silvius Magnago aus der SVP abgedrängt worden wäre?
Mit Sicherheit hätten damals nicht 35.000 Fremd/Gastarbeiter in das Deutsch-sprachige Ausland auswandern müssen, um eine Existenzgrundlage zu suchen.

Sun, 02/20/2022 - 05:44 Permalink
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Martin Piger Sun, 02/20/2022 - 09:36

In reply to by Josef Fulterer

Wohl wahr. Wir hätten die "weltbeste" Autonomie vom Staat erhalten als Dank für weiteres geduldiges Stillhalten. Wie überhaupt interessant ist, zu sehen, wie bei der gesamten Südtirolangelegenheit der ital. Staat souverän Regie geführt hat, und Österreich und Südtirol nur so quasi als Zaungäste anwesend waren.
Diesen Eindruck wollen zumindest diese Papiere vermitteln.

Sun, 02/20/2022 - 09:36 Permalink