“La rivolta sociale è andare a votare”
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La stagione referendaria è aperta. Sui cinque quesiti dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale si voterà in primavera, tra il 15 aprile e il 15 giugno. Quattro sono quelli promossi dalla Cgil a tema lavoro che puntano a reintrodurre tutele sui licenziamenti, aumentare gli indennizzi, regolare i contratti a termine e garantire la sicurezza negli appalti. Il quinto quesito invece chiede di modificare le norme sulla cittadinanza per le persone extracomunitarie.
SALTO: Segretaria Masera, perché votare sì ai cinque referendum abrogativi?
Cristina Masera: Perché sono in ballo questioni fondamentali. Il primo dei quesiti è relativo al Jobs Act, una riforma da noi fortemente contestata e oggetto di varie interlocuzioni con più di un governo. Ci siamo ovviamente anche impegnati a cambiare le cose con le controparti nella contrattazione ma ora, con il referendum, vogliamo che siano le persone – perché sono loro i primi ad avere a cuore il proprio futuro o quello dei propri figli o nipoti – a esprimersi sulla questione. Nello specifico il primo quesito mira a cancellare la norma che permette di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015. Il secondo quesito chiede di abrogare la norma che pone un tetto massimo all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese: l’obiettivo è innalzare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti, togliendo il limite massimo di sei mesi di stipendio all’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo. Il terzo quesito punta ad abrogare le norme che hanno reso precario il lavoro, liberalizzando i contratti a tempo determinato che attualmente non sono legati ad una motivazione. Il quarto riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro. Lo scopo è eliminare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante in modo che i committenti pongano la massima attenzione nell’assegnare un appalto e controllino i subappalti. -
Poi c’è il quesito che punta a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza. Una sfida complicata anche questa.
Sì è un obiettivo difficile, ma io credo che dovremmo fare tutti una riflessione nel merito. Se una persona è regolarmente residente, lavora, paga le tasse e contribuisce alla costruzione della nostra società non vedo perché non possa diventare cittadino italiano in tempi più brevi. Ricordiamoci che il riconoscimento stesso della cittadinanza prevede una serie di criteri che devono comunque essere soddisfatti. Fra calo delle nascite, richiesta di manodopera e invecchiamento della popolazione attiva il nostro Paese ha, del resto, sempre più bisogno di lavoratori extracomunitari. Penso ad esempio alla Germania che ha di recente ridotto da otto a cinque gli anni di residenza richiesti per l’ottenimento della cittadinanza per gli stranieri. Perché non adeguarci alle normative più avanzate di altri Paesi europei?
Il mondo lo cambiamo tutti insieme o non lo cambiamo
Cosa significherebbe una vittoria al referendum?
Dire sì a questi 5 quesiti referendari significa avere una concreta possibilità di cambiare le cose in meglio dal punto di vista dei diritti. Il primo passo però è andare a votare, a prescindere dalla preferenza per il sì o per il no, è questa la cosa importante. Che ci si si riappropri dell’idea che votare fa la differenza. Con lo strumento del referendum, poi, il cittadino decide direttamente senza filtri né compromessi.
Come si convincono 26 milioni di persone a votare in un Paese in cui c’è una evidente crisi della partecipazione alla democrazia?
Lo slogan che abbiamo scelto per la campagna referendaria “Il voto è la nostra rivolta” la dice tutta: per noi la rivolta sociale è andare a votare. Nessuno può essere contento se diminuisce la partecipazione al voto perché sa di non rappresentare la maggioranza delle persone. L’astensionismo, iniziato come una forma di protesta, ora diventa una resa al sistema. E questo non è sano per la democrazia che è uno dei valori fondanti dell’UE. Nel caso dei referendum sul lavoro ad esempio dovrebbero essere i lavoratori a poter decidere sui propri contratti, e se votano no ne prenderemo atto, purché non ci si arrenda al non voto. Il mondo lo cambiamo tutti insieme o non lo cambiamo.
Dire sì a questi 5 quesiti referendari significa avere una concreta possibilità di cambiare le cose in meglio dal punto di vista dei diritti
Che tipo di iniziative metterete in campo in Alto Adige per raggiungere l’obiettivo del quorum?
Come ha detto il segretario Maurizio Landini dal palco dell’assemblea generale della Cgil a Bologna chiederemo al governo un “election day” in cui votare sia per le elezioni amministrative che per i referendum, anche se ci aspettiamo poca collaborazione da parte dell’esecutivo in questo senso. Intanto il prossimo 21 febbraio a Bolzano riuniremo tutte le assemblee delle categorie della Cgil più l’assemblea generale del sindacato per condividere le iniziative che intraprenderemo. Cercheremo di raggiungere più persone possibili in più modi possibili. Lavoratrici e lavoratori ma anche pensionate e pensionati, perché questo è soprattutto un referendum di civiltà e di solidarietà verso le nuove generazioni che hanno meno diritti di quelle precedenti e quindi riguarda sì i giovani ma anche tutti quelli che li hanno a cuore.