“L’Egitto non è un paese sicuro”
Dopo cinque lunghi anni i contorni dei retroscena verso la tanto agognata verità sul caso Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso dalle autorità di Abdel Fattah al-Sisi a causa dei propri studi sui sindacati indipendenti egiziani, continuano a delinearsi. Sono stati anni di dolore, menzogne, depistaggi e coraggio, molto da parte dei genitori e degli avvocati che seguono il caso, poco da parte dei governi che timidamente hanno balbettato di azioni di condanna per l’operato del governo egiziano e le sue continue violazioni dei diritti umani.
Una conferenza organizzata dal Centro per la Pace di Bolzano ha visto ieri (mercoledì 17 marzo) protagonisti Paola e Claudio, i genitori di Giulio, assieme all’avvocata Alessandra Ballerini, che da cinque anni è a fianco dei coniugi Regeni in una strenua battaglia per ottenere verità e giustizia per il brutale assassinio del figlio, ritrovato morto il 3 febbraio del 2016 dopo la sua sparizione, avvenuta una settimana prima.
A fare gli onori di casa, il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi assieme all’assessora alla cultura Chiara Rabini: “Mi trovo a pochi metri dallo stendardo che recita ‘Verità e Giustizia per Giulio Regeni’. Quello striscione mi dà forza - ha detto il primo cittadino -. Quello che vorrei è un sussulto di dignità, l’orgoglio nazionale se deve emergere dovrebbe farlo attraverso il coraggio di cercare questa verità e giustizia per Giulio”.
“Verità per Giulio Regeni è diventata la richiesta di tante città italiane, compresa Bolzano - ha sottolineato invece Chiara Rabini -. È un dovere esprimere la nostra solidarietà e impegnarci per difendere i diritti umani”.
A intervenire durante la conferenza online anche l'ex eurodeputata e attuale vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elly Schlein: “Non si possono intrattenere normali relazioni con uno Stato che calpesta continuamenti i diritti umani e a tal proposito ricordiamo anche l'illegittima detenzione di Patrick Zaki. È necessario sospendere gli accordi commerciali con l’Egitto - continua Schlein -. Considero un fallimento continuare a vendere armi, insignire Al Sisi di premi e onorificenze, nonché rimpatriare persone in questo luogo perché considerato sicuro. Se l’Unione Europea non si dà le basi per il rispetto dei diritti umani il suo futuro non sarà credibile”.
“Nonostante la distanza sentiamo la vicinanza della città di Bolzano: è come un abbraccio che ci arriva” ha esordito il papà di Giulio in collegamento video raccontando poi l'obiettivo del volume Giulio fa cose, recentemente pubblicato assieme alla moglie Paola Deffendi: “Questo libro è stato importante per chiarire in maniera inequivocabile i fatti che si celano dietro questa vicenda: non possono esserci altre interpretazioni ed equivoci. Vi ringraziamo per la vostra vicinanza perché da questo traiamo la nostra forza per trovare verità e giustizia che, oltre alla nostra famiglia, aiuterebbe i tanti ‘Giulio e Giulia’ che hanno incontrato il medesimo destino”.
Il 29 aprile si terrà l’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio delle quattro persone ritenute implicate nella morte del giovane ricercatore dalla Procura di Roma, che a fatica e attraverso molti ostacoli è riuscita a indagare sul caso. Persone di cui conosciamo il nome e il capo di imputazione ma non l’indirizzo di dove si trovano a causa della netta opposizione a collaborare delle autorità egiziane: “L’ambasciatore italiano, che lavora in Egitto per conto del nostro Stato, non è riuscito in tutto questo tempo a recuperare quattro indirizzi - denuncia la madre Paola -. Vengono contestati reati come sequestro di persona, lesioni gravissime e omicidio (il reato di tortura all’epoca dei fatti non era ancora previsto dall’ordinamento italiano, ndr), perchè l’ambasciatore non si sta muovendo? Abbiamo toccato il fondo, continuano a dirci che è necessario convivere con la narrazione dello sviluppo economico a discapito dei diritti umani. È necessario interrompere questo gioco e ribaltare il paradigma”.
“Anche se non abbiamo la possibilità di notificare preso l'abitazione il loro capo di imputazione nei fatti sarà un processo totalmente regolare e osservante dei diritti costituzionali - ha invece specificato l’avvocata Ballerini -. Gli imputati sono in contatto con i propri avvocati d’ufficio, che hanno provveduto a informarli. Oltre a questo la vicenda continua ad avere anche in Egitto un’ampia eco mediatica, grazie soprattutto a una buona stampa che sta facendo emergere gli accordi che sono stati firmati negli ultimi anni: lo Stato italiano forma e ospita a spese nostre i servizi segreti e torturatori egiziani, vendiamo loro armi e forniamo sistemi di spionaggio da utilizzare contro le persone come Giulio”.
Giulio non è un caso isolato e molte altre persone stanno vivendo gli abusi subiti da nostro figlio. Noi stiamo lottando anche per tutte loro
“Quello che infine chiediamo - concludono i coniugi Regeni - è che nessuno si costituisca parte civile al processo: ciò potrebbe prestarsi alla strumentalizzazione della vicenda di Giulio e porterebbe via tempo prezioso, entrambi fattori che gioverebbero al governo egiziano. Stateci vicino in altri modi e continuate a tirare la giacca ai politici sui diritti umani perché continuiamo a ribadire quanto detto sin dalla prima conferenza stampa: Giulio non è un caso isolato e molte altre persone stanno vivendo gli abusi subiti da nostro figlio. Noi stiamo lottando anche per tutte loro”.
Grazie per gli articoli su
Grazie per gli articoli su Patrick Zaki e Giulio Regeni.
A mio avviso nei media di lingua tedesca si parla poco di questo argomento.
Spero che in tanti ci pensano due volte se trascorrere in futuro le ferie di Novembre in Egitto.