Politics | L'intervista

“Certo non ci piangeremo addosso”

Il segretario del Pd Huber sull’uscita di Renzi dal partito, le ripercussioni locali, l’intesa allargata con il M5s e quel vessillo logoro della sinistra da rammendare.
Alessandro Huber
Foto: Privat

salto.bz: Tanto tuonò che piovve. In breve: Matteo Renzi diventa uno dei maggiori architetti dell’accordo Pd-5 stelle e decide, al suo minimo storico, di lasciare la Casa madre per fondare un nuovo soggetto politico, “Italia viva”, subito dopo la nascita del secondo governo Conte. Lei come l’ha presa, Huber?

Alessandro Huber: Sono molto dispiaciuto, ma parto dal presupposto che quando non si sta più bene insieme la separazione possa essere la soluzione più naturale. Comprendo quindi la scelta di Renzi ma non la condivido, la considero politicamente un errore. I tempi e i modi di questa uscita di scena sono sbagliati, e sottolineo più sbagliati che dannosi. Le ripercussioni immediate su un governo appena partito si traducono in una inevitabile turbolenza ma che per fortuna non produrrà nulla di concreto, dato che l’appoggio al governo Conte 2 è stato ribadito. Si tratta di una pattuglia di parlamentari che esce dal partito, è una operazione  “romana” più che sui territori, mi pare, dove lo strappo non si è rivelato lacerante. Per quel che ci riguarda gli iscritti al partito altoatesino sono rimasti.

Nessuna defezione, quindi?

Per il momento ufficialmente solo quella di un giovane ragazzo di Laives, Marco Fonte, tesserato da poco e di provenienza socialista, è lui, fondatore del Comitato di azione civile di Bolzano, che ha organizzato per questo giovedì al Circolo della stampa di Bolzano, peraltro, l’incontro con Ettore Rosato che seguirà Renzi nel nuovo partito.

Lo spirito con cui Zingaretti guida da qualche mese il Pd è quello del “noi”, che è quello giusto da contrapporre non solo a certe dinamiche di partito ma anche al leaderismo salviniano

La segretaria del Partito democratico del Trentino, Lucia Maestri, ha già fatto sapere che non ci sarà all’incontro con Rosato perché presentarsi significherebbe “avallare la scissione”, lei cosa farà?

Nemmeno io ci sarò, e per le stesse ragioni. A Renzi riconosco il merito di aver lanciato il sasso nello stagno, di aver detto “proviamoci” con i 5 stelle, ma la trattativa è stata condotta, e in modo esemplare, dal leader Nicola Zingaretti che ha coinvolto i segretari regionali e la direzione, parlando più di temi e meno di nomi. 

E ha insistito sull’unità del Pd, tuttavia ha vinto ancora una volta il verticalismo, vizio storico anche del centrosinistra.  

Lo spirito con cui Zingaretti guida da qualche mese il Pd è quello del “noi”, che è quello giusto da contrapporre non solo a certe dinamiche di partito ma anche al leaderismo salviniano, occorre perseguire un’idea di società inclusiva e questo vale anche per chi milita all’interno del Pd.

Ora però Zingaretti rischia, dicono i maligni.

In politica siamo ormai abituati ai cambiamenti repentini delle situazioni. Quello che so è che Zingaretti ha detto chiaramente che nel partito c’è posto per tutti, anche se le vedute differiscono, ha fatto un lavoro di ascolto e di sintesi delle posizioni che non si vedeva da tanto tempo nel Pd. 

Renzi ha dunque promesso che sosterrà il governo, lei si fida?

Sì, secondo quanto ha detto nell’intervista di ieri a Repubblica lui e i suoi non si candideranno, con il nuovo partito, fino al 2023, anno che salvo imprevisti sarà quello delle prossime elezioni politiche. Io credo molto da una parte nell’azione di rinnovamento che i 5 stelle stanno compiendo e dall’altra in quella di presidio del governo che il Pd ha messo in moto. Sono convinto che questa alleanza possa essere una buona soluzione per il Paese, le parole di Di Maio sull’Ungheria fanno già sperare in un cambiamento di linea del Movimento 5 stelle, e anche l’apertura sulla collaborazione nelle liste civiche alle regionali in Umbria è significativa, è chiaro a tutti ormai che Salvini è un pericolo per questo Paese e per l’Europa e che fare fronte comune è opportuno.

Renzi ha deciso per questa brusca uscita di scena, ma non mi sembra che ci siano folle oceaniche a seguirlo.

Non teme che l'ex premier stacchi la spina non appena il suo partito si sarà affermato, riconsegnando il Paese a quello stesso Salvini che ora dice di voler combattere?  

La sua intenzione è quella di andare a pescare fra i voti dei liberali, dei moderati, di quelli di Forza Italia che lo premiarono alle europee del 2014, e per poter aprire quel fronte l’unico modo è sganciarsi dal Partito democratico. Del resto mentre Renzi era nel Pd l’ala più di sinistra si era allontanata dal partito proprio perché c’era lui, nel contempo chi apparteneva all’area di centrodestra non votava il Pd perché c’erano “gli altri”. Quindi forse questa scissione può ora fare chiarezza. Renzi stesso dice che la coalizione anti-Salvini potrebbe trarre vantaggi attirando quelli che nel centrodestra non si riconoscono nel sovranismo. In più sa benissimo che il fronte della sinistra e del centrosinistra ora si riavvicinerà. Sarebbe per esempio fondamentale un eventuale rientro di Speranza e in particolare di Bersani nel Pd, perché perderlo fu una cosa molto grave e triste. Sarebbe una bella riunificazione.

Siete pronti a “riunificarvi” anche con D’Alema?

Vedremo quello che succederà.

 

 

Nell’esecutivo Renzi ha alcuni dei suoi che lo seguiranno: due ministre, Bellanova (Agricoltura) e Bonetti (Famiglia), e due sottosegretari, Ascani e Scalfarotto. Nei gruppi Pd resteranno alcuni dei suoi. Un classico caso di un piede in due scarpe?

La vedo così: Renzi ha deciso per questa brusca uscita di scena, ma non mi sembra che ci siano folle oceaniche a seguirlo. Faccio solo due esempi: il sindaco di Firenze Dario Nardella e quello di Bergamo Giorgio Gori, considerati dei renziani di ferro, hanno detto che rimangono nel Pd. Anche l’attuale ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha deciso di restare, perché che senso ha sfilarsi da un’alleanza appena sottoscritta con i 5 stelle per togliere il Paese dalle mani di Salvini? Ci sono delle persone nel Pd che molto semplicemente hanno detto: andarsene in questo modo e in questo momento non è giusto, perché fa male alle amministrazioni locali, per dirne un’altra. Spostare trenta parlamentari è un conto, rischiare di mettere in crisi la giunta di Firenze ha delle conseguenze evidentemente diverse. 

Se uno se ne vuole andare che lo faccia, io sono tranchant su questo. Sono stati fatti degli appelli, non sono stati raccolti, a questo punto ognuno per la sua strada

Bressa rimarrà, cosa cambierà invece nei vostri rapporti con la deputata Maria Elena Boschi, eletta a Bolzano, e ora pronta a seguire Renzi fuori dal Pd?

Dovremo chiarire con lei quali saranno le ripercussioni per noi in Alto Adige quando cambierà gruppo parlamentare alla Camera, bisognerà capire come continuerà a rappresentare il territorio dove è stata eletta. 

Intanto Forza Italia osserva con un certo interesse l’operazione di Renzi.

Forza Italia è un partito in caduta libera, senza una guida politica, anche se si cambia la legge elettorale, in senso maggioritario o meno, non vedrà un collegio nemmeno da lontano. Ora potrebbe darsi che quelli di Forza Italia spostati più a destra si dirigano verso Toti e il suo nuovo movimento e quelli dell’area di centro verso Renzi. 

Allora il Pd potrebbe tornare a guardare a sinistra e ri-sintonizzarsi su quel suo elettorato smarrito. Sarà mica che alla fine Renzi abbia fatto un favore ai dem?

Io dico che di certo non possiamo piangerci addosso. Se uno se ne vuole andare che lo faccia, io sono tranchant su questo. Sono stati fatti degli appelli, non sono stati raccolti, a questo punto ognuno per la sua strada. Un Pd spostato più a sinistra e più legato a certi valori tradizionali, che Renzi aveva di fatto messo in discussione con la fase della rottamazione, potrebbe far ritornare al suo interno chi ha lasciato, partendo proprio da quei valori del centrosinistra che meglio di altri contrastano il salvinismo becero di Pontida. 

Se ci saranno accordi in Umbria e in Emilia Romagna non si può certamente chiudere le porte al M5s nemmeno a Bolzano o in generale in Alto Adige

Tornando alle intese per le regionali con il M5s, se la immagina una collaborazione del genere anche in Alto Adige? Per le comunali, ad esempio?

I 5 stelle sono diventati degli interlocutori per il Pd, anche a Bolzano, dove sì, in consiglio comunale al momento sono all’opposizione, ma le cose potrebbero cambiare. Se ci saranno accordi in Umbria e in Emilia Romagna non si possono certamente chiudere le porte al Movimento nemmeno a Bolzano o in generale in Alto Adige. 

E con la Svp come la mettete?

La nostra speranza è di proporre una maggioranza per la città di Bolzano, con un Caramaschi bis, di cui faccia parte anche la Svp. Del resto se il rapporto fra Pd e Volkspartei a livello provinciale non c’è più nel comune capoluogo invece resiste. Ne succederanno di cose da qui a maggio prossimo. Detto questo, sul piano nazionale, posizioni come quella della senatrice Unterberger sono molto vicine alle nostre o comunque a quelle del governo Conte 2, e poi c’è l’“astensione benevola” degli altri membri della Stella Alpina che aspettano al varco i 5 stelle, pronti a giudicarne l'operato. Io dico che questo esecutivo debba dare a tutti gli italiani delle risposte, anche agli autonomisti della Svp, e l’autonomia dell’Alto Adige non è che abbia propriamente goduto del passaggio della Lega al governo, nonostante l’alleanza in Provincia. Diciamocelo, sarà ben difficile fare peggio di quanto ha fatto il Carroccio.