Society | Violenza

“Pedofilia? La Chiesa ha omesso troppo”

Gottfried Ugolini, prete e psicologo altoatesino, sugli abusi sessuali su minori, la sete di dominio e il potere della prevenzione, tema di un prossimo convegno a Bolzano
Gottfried Ugolini
Foto: upi

salto.bz: Don Ugolini, il 23 ottobre si torna a parlare pubblicamente di pedofilia all’interno della Chiesa cattolica nel convegno* annuale organizzato dalla diocesi di Bolzano-Bressanone. Partiamo dai dati, qual è la situazione ad oggi in Alto Adige in materia di abusi sessuali sui minori?

Don Gottfried Ugolini: Sono 9 le vittime che si sono rivolte allo sportello della diocesi dallo scorso gennaio a oggi, ma si tratta di adulti che hanno subito abusi sia all’interno della Chiesa che in ambito familiare. Questo non significa che dobbiamo abbassare la guardia nei confronti delle violenze sessuali sui minori.

Perché c’è un dato sommerso da considerare. È in piedi un sistema che di fatto scoraggia la denuncia, non è così?

Posso dire che per quel che riguarda la nostra diocesi, ma non solo, conosco vittime che si sono presentate direttamente ai vicari generali, ai vescovi o agli sportelli e sono state ascoltate, prese sul serio e hanno ricevuto un sostegno per elaborare la propria sofferenza. Poi certamente è vero, se si dà uno sguardo generale alla Chiesa italiana è evidente quanta strada ci sia ancora da fare per annientare la pedofilia, sebbene la Conferenza episcopale italiana abbia messo al lavoro una commissione per rielaborare le linee guida sugli abusi sessuali nei confronti dei minori. Atti che ovviamente non hanno nulla a che vedere con il vivere secondo i precetti del Vangelo e questo va detto molto chiaramente. Il punto qui è che troppo viene ancora nascosto sotto al tappeto. 

Troppo viene ancora nascosto sotto al tappeto

Una cultura dell’omertà nella Chiesa che fa emergere casi di abusi anche dopo trent’anni, con tutte le conseguenze del caso per la vittima.

È così, l’omertà c’era e c’è in alcune società come in certi ambiti della Chiesa, per proteggerne l’immagine. Non tenere conto di cosa significa subire abusi né delle conseguenze traumatiche che ne derivano è la risposta peggiore che si possa dare alle vittime. 

Il prete che si macchia di tali crimini viene perlopiù “punito” solo con un precipitoso trasferimento da una parrocchia all’altra, come possono essere scardinate certe dinamiche?

Io dico questo: la Chiesa deve assolutamente operare in modo aperto e trasparente. La nostra diocesi è stata una delle prime ad attivarsi in questo senso, occupandosi degli abusi sessuali perpetrati da sacerdoti. La Chiesa ha ancora riluttanza ad affrontare il tema, questo è innegabile. Ma nel nostro piccolo ci stiamo dando da fare, abbiamo appena fatto partire, per esempio, un corso di formazione per operatori e operatrici pastorali che nelle diocesi saranno poi punti di riferimento per il lavoro di prevenzione.

In cosa consiste esattamente questa prevenzione?

Vogliamo soprattutto informare e sensibilizzare la popolazione sul tema dell’abuso e sulle sue forme, mettere in evidenza che questo fenomeno esiste, i danni di una violenza (o di una tentata violenza), visto che fino a qualche tempo fa si negava perfino che le vittime potessero portarne i segni per tutta la vita. Segni fisici, psicologici, comportamentali, sociali e spirituali quando l’abusatore è un uomo o una donna di Chiesa. È evidentemente anche il contesto che asseconda o può assecondare l’abuso, e che ne copre l’autore. C’è il sacerdote che si ritrova da solo con i giovani e magari non è stato preparato a dovere per questa interazione, che può anche avere una perfetta formazione teologica ma quando si è trovato a dover applicare il suo impegno alla vita concreta non ha saputo gestirla né auto-gestirsi. 

L’omertà c’era e c’è in alcune società come in certi ambiti della Chiesa, per proteggerne l’immagine. Non tenere conto di cosa significa subire abusi né delle conseguenze traumatiche che ne derivano è la risposta peggiore che si possa dare alle vittime

Se dovesse tracciare un profilo di questi “preti predatori”?

Direi che pochi corrispondono alla classificazione patologica della pedofilia, la maggior parte sono persone ordinarie, spesso apprezzate per il loro impegno pastorale, ma che per motivi di solitudine e per problemi relazionali arrivano a comportarsi in modo perverso. Hanno la possibilità di stare in mezzo ai bambini e ai giovani e tutte quelle misure che fino a quel momento hanno retto di colpo saltano. Attenzione, spesso non è solo la ricerca di un appagamento sessuale bensì di un potere, di un dominio sull’altro e sulla relazione così da poterla governare a proprio piacimento. 

E spesso fanno ricadere la colpa sulle vittime, si auto-assolvono.

Per irresponsabilità e profonda immaturità. Rientra nella tattica dell’abusatore.

Papa Francesco ha detto che la Chiesa non ha saputo sconfiggere la pedofilia, intanto altri scandali sessuali di vaste proporzioni (in Pennsylvania o in Olanda, per esempio) continuano ad emergere. Non è che oggi si stiano fronteggiando meglio questi crimini, le pare?

Sugli abusi sessuali bisogna puntare i riflettori e in questo i media hanno un ruolo importante, perché si può dare voce alle vittime. Certo bisogna capire come. Una parte di loro, quelli che hanno ricevuto supporti immediati riescono più frequentemente a riprendere in mano la propria vita, altri, per vergogna, per auto-preservazione o per non dover subire ulteriori danni, non si faranno mai avanti. In Germania un enorme aiuto è stato dato proprio dai mezzi di informazione che hanno parlato di abusi e delle modalità in cui si compiono contribuendo a portare alla luce la lunga serie di scandali sessuali che hanno colpito la Chiesa cattolica nel 2010. Si è formato un tavolo di esperti indipendenti per fornire terapie di recupero per le vittime e successivamente un tavolo solo di vittime per dare loro la possibilità di presentare il proprio vissuto, affrontarlo, elaborarlo, per inquadrare un approccio al lavoro di prevenzione, per indicare agli esperti dove sussistono le situazioni di maggiore rischio. 

Spesso non è solo la ricerca di un appagamento sessuale bensì di un potere, di un dominio sull’altro e sulla relazione così da poterla governare a proprio piacimento

Insomma servono più azioni pratiche che scuse.

Assolutamente sì. Dalle comunità parrocchiali ai ritrovi per i giovani, ai collegi, alle scuole, occorre mettere al centro dell’attenzione il benessere dei minori, chiederci come possiamo favorire una loro crescita integrale. La diocesi ha in primo luogo la responsabilità di provvedere a ciò e tutti i parrocchiani devono essere coinvolti in questo impegno per la prevenzione, segnalare se ci sono sospetti su parroci, cappellani, a volte anche su collaboratori laici che sfruttano l'occasione di prestare servizio di volontariato per coprire dei misfatti. Il punto è che queste persone non sono mostri riconoscibili, ma delle persone insospettabili che conosciamo e magari stimiamo, anche.

Non è ora di riconoscere che la sessualità è un problema strutturale fra le mura della Chiesa?

Sicuramente è un discorso da approfondire. Sappiamo bene per esempio che il celibato, scelto e preparato, è anche uno stile di vita arricchente, ma è pur vero che con i problemi relativi alla sessualità dobbiamo confrontarci sempre in quanto esseri umani, si tratta di impulsi vitali. Spesso nella Chiesa il fattore sessuale nella formazione dei religiosi non è stato affrontato quando si doveva, perché si dava piuttosto priorità a una buona condotta, allo studio della teologia, alla preghiera, tralasciando la base, il fondamento umano.

Il punto è che queste persone non sono mostri riconoscibili, ma delle persone insospettabili che conosciamo e magari stimiamo, anche

La Chiesa deve confrontarsi con la propria negligenza anche per quel che riguarda la figura femminile? C’è o no una forte connotazione misogina in ambito ecclesiastico?

Lei tocca un altro tasto dolente. Io avverto un atteggiamento ambivalente in questo senso, da una parte c’è l’idealizzazione di alcune figure femminili, dalla Madonna alla propria madre, e dall’altra c’è questa tendenza a svalutare la donna. E sul suo ruolo c’è ancora tanto non solo da discutere ma da fare per abbattere ogni differenza di genere anche nella Chiesa.

 

 

Don Gottfried Ugolini è responsabile, per la diocesi Bolzano-Bressanone, del Servizio specialistico per la prevenzione e la tutela dei minori da abusi sessuali e da altre forme di violenza.