Economy | Fisco

Quelli che pagano più di tutti

I più tartassati dal fisco? I contribuenti con un reddito lordo tra i 35.000 e i 55.000 euro. Ecco perché in Italia servono sforzi verso una maggiore equità.
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Foto: Adobe Stock Images

In Italia il peso maggiore del gettito IRPEF è quello che grava sulle spalle dei cittadini che dichiarano redditi tra i 35.000 e i 55.000 euro lordi. Ma cosa manca al fisco italiano per essere equo? L’opinione di Maria Elena Iarossi, ricercatrice presso l’IPL | Istituto Promozione Lavoratori.

salto.bz: La pressione tributaria nel nostro Paese è molto elevata e si concentra solo su alcune fasce della popolazione. Si può ancora parlare di equità fiscale?

Maria Elena Iarossi: Do un dato esplicativo: la classe di reddito sotto i 29.000 euro - e complessivamente sotto i 35.000 - gode giustamente di una serie di facilitazioni, tra bonus e sgravi fiscali, ma il reale gettito IRPEF di tale quota di popolazione è minimo. Se guardiamo invece alla fascia 35.000 - 55.000 euro notiamo che questa contribuisce al 21,9% del gettito ma costituisce appena l’8,4% della popolazione. 

Quindi sarebbe opportuno uno sgravio per la fascia 35.000 – 55.000 euro?

Il sistema tributario, secondo la Costituzione, deve essere ispirato a un principio di equità, ma come attestano concretamente gli studi in materia esiste un problema di copertura della spesa e quindi è difficile attendersi un vero, incisivo intervento per garantire maggiore giustizia fiscale. I vincoli europei al bilancio dello Stato sono molto stringenti e proprio perché il debito pubblico è elevato, le misure di sgravio del governo di turno risultano essere di volta in volta piuttosto limitate.

I vincoli europei al bilancio dello Stato sono molto stringenti e proprio perché il debito pubblico è elevato, le misure di sgravio del governo di turno risultano essere di volta in volta piuttosto limitate.

In particolare, i dati Istat sull’indebitamento mostrano chiaramente che dal 2020 - ed era da mettere in conto visto l’impatto della pandemia di Covid-19 - il saldo primario, ovvero la differenza fra le entrate e le spese delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi, è diventato negativo. Ci sono poi anche altre considerazioni da fare.

Prego.

Una riguarda la convenienza politica. Come segnalato anche nel rapporto a cura dell’Osservatorio Itinerari Previdenziali, è talmente ampia la platea beneficiaria di agevolazioni fiscali e bonus a pioggia che il riscontro in termini elettorali è tangibile. C’è poi il problema dell’evasione fiscale e anche quello dell’elusione - di cui si parla poco -, della possibilità perfettamente legale, cioè, di non pagare le tasse (pensiamo ad esempio ai paradisi fiscali della stessa Unione europea, come Olanda e Lussemburgo, dove alcune aziende spostano la sede fiscale e legale - pagando quindi legalmente le tasse all’estero), cosa che si traduce per l’Italia in perdite fiscali di oltre 6,5 miliardi di euro (dato 2020). 

Il maggior numero di contribuenti contribuisce in misura troppo scarsa al gettito IRPEF?

Fondamentalmente sempre meno pagano sempre di più. Il gettito IRPEF pesa in misura maggiore su precise categorie di contribuenti.

A fronte di questo carico fiscale, l’accesso ai servizi che oneri presenta?

La fascia 35.000 - 55.000 euro è quella che sopporta il grosso del carico fiscale e del finanziamento del nostro welfare: insomma questi cittadini sono i primi a dover pagare i servizi, per sé stessi e per le fasce di reddito più basse. Peraltro, per chi dichiara dai 35.000 euro in su non sono praticamente previsti benefici. Tutto ciò deriva dal nostro sistema fiscale ma anche da un problema cronico: i salari troppo bassi. Basti pensare che tra il 1990 e il 2020 nei Paesi Ocse dell’area Euro i salari sono aumentati dappertutto tranne che in Italia. Qui le retribuzioni reali sono calate di circa il 3% a fronte di incrementi medi, in altri Paesi, che sfiorano il 30%. Con salari così risicati vengono a mancare sia il gettito per lo Stato, sia i contributi per la pensione, tenuto anche conto del fatto che con il nostro regime contributivo ciascuno prenderà quanto ha versato. Un meccanismo che, fra l’altro, può disincentivare il lavoro regolare.

Con salari così risicati vengono a mancare sia il gettito per lo Stato, sia i contributi per la pensione, tenuto anche conto del fatto che con il nostro regime contributivo ciascuno prenderà quanto ha versato.

L’equità redistributiva passa solo dal sistema fiscale?

La fascia di reddito media e poco sopra la media finisce per essere quella più tartassata poiché si incide su una quota più ampia di contribuenti e con cifre meno clamorose. Non è possibile. Tuttavia. pensare che riallineare le aliquote sia l’unica soluzione al problema.

Di fronte a una situazione di inequità fiscale e debito pubblico crescente cosa dovrebbe cambiare per rendere più giusto il sistema? 

Dal punto di vista prettamente economico è comprensibile che il legislatore abbia le mani legate vista la situazione in cui l’Italia versa, dovendo rispettare gli equilibri di bilancio che servono per garantirsi la permanenza nell’area dell’Euro. Un’opzione di cui si parla da tempo è la cosiddetta armonizzazione fiscale europea per evitare che Paesi con problemi di debito e che non possono permettersi di tagliare le tasse alle imprese vedano fuggire queste aziende verso altri Stati europei. Questa iniziativa comunitaria tesa a scongiurare perdite di entrate tributarie risolverebbe una parte del problema. Va detto, inoltre, che se si insiste sull’armonizzazione fiscale europea è anche perché in una situazione di evasione, sebbene quel denaro non finisca nelle casse dello Stato, rimane almeno in parte prevedibilmente in Italia, viene quantificato dall’Istat e si ritrova in quell’indicatore del rapporto debito/Pil utile per gli equilibri europei. Per assurdo, il sommerso ha comunque un impatto positivo sulla nostra stabilità monetaria.