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Missione compiuta!

Il rover Perseverance della NASA ha completato con successo l’atterraggio su Marte. O meglio, ammartaggio. Ora svelerà i segreti del pianeta rosso: anche tracce di vita?
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Foto: NASA

Giovedì 18 febbraio nell’ambito della missione “Mars 2020” un rover e un piccolo elicottero della NASA sono atterrati - anzi più correttamente ammartati - sul pianeta rosso. L’ammartaggio è stato seguito in diretta youtube sul profilo della NASA da più di 1 milione e mezzo di persone. Grida di gioia e commossi applausi hanno coronato il successo della manovra avvenuta intorno alle 22.

Dopo ben 203 giorni di viaggio attraverso lo spazio, infatti, il rover Perseverance e il mini-elicottero Ingenuity hanno raggiunto la loro destinazione, il cratere Jezero su Marte. Si apre cosí una nuova pagina delle esplorazioni spaziali volta a cercare tracce di forme di vita - presenti o passate - sul pianeta rosso. I 1050 chilorammi di silicio, circuiti, sensori radar e varie incredibili tecnologie avranno il compito di esplorare il cratere Jezero (lago in lingua slava) alla ricerca di campioni di terreno - veri e propri carotaggi - che verranno poi raccolti in future missioni e portate sulla Terra nel 2031. La NASA non si aspetta che la vita si sia evoluta su Marte - ha sottolineato l’ente spaziale Usa durante la videodiretta - ma che in passato ci siano stati microrganismi unicellulari, di cui ci si aspetta di trovare alcune tracce.

Il cratere Jezero non è stata una destinazione scelta casualmente, ma proprio perché risulta essere il luogo più promettente per la ricerca della vita. Si tratta infatti molto probabilmente di un antico delta fluviale creatosi 3,9 miliardi di anni fa quando un corpo gigantesco colpì Marte: lo si può facilmente intuire dalle immagini fornite dalla NASA che mostrano i segni di un fiume che miliardi di anni fa fluiva dentro un bacino lacustre e un altro fiume dal quale l’acqua defluiva. Per farsi un’idea il bacino lacustre è grande come 82 volte il lago di Resia. Tuttavia, nonostante sia un luogo promettente per la ricerca di forme di vita, il cratere Jezero è anche irto di difficoltà: crateri, dune, pendii ripidi e massi ne contraddistinguono la superficie e rendono l'ammartaggio ancora più rischioso.

 

 

La precisione durante la discesa è stata massimizzata grazie alle più innovative tecnologie della NASA. Fondamentale è stata la fase di rallentamento, pena lo schianto al suolo e il fallimento della missione, come accaduto l’ultima volta nel 2016, quando una missione europea non è riuscita a rallentare abbastanza prima dell’impatto con il suolo. Finora solo il 40% dei tentativi di atterraggio su Marte è riuscito.

La decelerazione è sicuramente la parte più impegnativa dell’ammartaggio: in soli sette minuti - definiti dalla NASA “i sette minuti del terrore” - il rover è passato da 20mila km/h a zero. A 130 chilometro di altitudine Perseverance si è staccato dal modulo di viaggio che in sette mesi lo ha trasportato fino a Marte ed è entrato nell’atmosfera iniziando a sentire gli effetti dell’attrito dell’atmosfera sullo scudo termico. Qui Perseverance è passato da una velocità di 19 mila km/h a “soli” 1600 km/h, un’incredibile decelerazione in pochi minuti. A 11 km dal suolo, senza poter sbagliare di un secondo, Perseverance ha spalancato il suo paracadute di 21 metri di diametro per ridurre ulteriormente la velocità, arrivando così a 300 km/h. A 1 chilometro di altezza i razzi direzionali si sono accesi e a 15 metri di altezza dal suolo lo skycrane ha lentamente sganciato il rover fino a fargli toccare il suolo marziano.

 

 

Il problema principale nel “frenare” - ha spiegato l’esperto astronomo del Planetarium Alto Adige, Luca Ciprari, in occasione della videoconferenza organizzata dal Museo di Scienze Naturali giovedì sera - è l’atmosfera su Marte, fatta del 95% di CO2, del 3% di azoto e solo 1% di ossigeno. L’atmosfera su Marte è molto tenue e non facilita il rallentamento: è infatti necessario utilizzare tutte le diverse tecnologie di decelerazione esistenti: lo scudo termico, il paracadute e i razzi di rallentamento. Un sistema così complicato aumenta quindi la possibilità di fallimento, ma Perseverance ce l’ha fatta.

Le nuove tecnologie e gli strumenti radar avanzati implementati dalla NASA su Perseverance hanno aumentato di parecchio la precisione con cui si può ammartare sul pianeta rosso. Perseverance è infatti il primo rover ad essersi avvicinato al suolo ad “occhi aperti”. A un km di altezza dal terreno, infatti, si sono accesi i razzi direzionali e un sistema semiautomatico dotato di telecamera e gestito da un algoritmo ha diretto Perseverance verso il punto migliore per appoggiarsi.

Ma com’è fatto Perseverance? Chi ha visto il film “Wall-E” di Pixar può già farsene un’idea. Si tratta di un robot dotato di ruote e pannelli solari, telecamere per analizzare le rocce, radar superficiali, spettrometri a raggi x e ultravioletti e un lungo braccio meccanico che permette di orientare la mano del robot che sostiene un gigantesco trapano addetto ai carotaggi. Perseverance presenta delle ruote motrici dal massimo grip che gli consentiranno di muoversi sul terreno lacustre del bacino Isidis. Ha un baricentro perfetto, raggiunto con una precisione pari a 2,5 centesimi di millimetro. Porta con sé anche Mastcam, una fotocamera di massima risoluzione che invierà immagini tridimensionali, e Meda, una vera e propria stazione meteorologica che studierà il clima di Marte.

 

 

Ultimo ma non per importanza, a Perseverance è agganciato Ingenuity, il primo elicottero ad arrivare su Marte. Questa è la prima volta che si prova a far decollare un oggetto su un pianeta non terrestre. L’atmosfera di Marte è poco densa quindi le pale faranno fatica a sostenere il peso dell’elicottero. Poter muoversi volando però permetterà di coprire zone più ampie velocemente, motivo per cui il corretto funzionamento di Ingenuity rappresenterebbe un altro fantastico risultato nella serie di missioni marziane dei prossimi anni.