Society | La fine di un ciclo

Bisogna saper perdere

La Spagna, la squadra che per sei anni ha dominato la scena mondiale del calcio, sta già lasciando il Brasile. Una sconfitta che non estingue il ricordo dei successi ottenuti.

In genere si dice che saper perdere sia più difficile che saper vincere. E' vero. Ed è tanto più vero per chi a vincere era ormai abituato, considerando la vittoria quasi una emanazione naturale della propria attitudine a farlo. Come se, insomma, tra l'intenzione di vincere e l'ottenimento del risultato sul campo non ci fosse quasi frattura, gli ostacoli saltati uno dopo l'altro in leggerezza, talvolta persino con irridente sufficienza (un esempio per tutti: il trionfo per 4-0 sull'Italia negli all'ultimo europeo) sfruttando un abbrivio pensato come costante.

L'eliminazione della Spagna – la meravigliosa squadra capace di primeggiare per sei anni in Europa e nel mondo – assume particolare rilievo per questo: adesso che anche la prima della classe è rotolata nella polvere, la psicologia dei calciatori e dell'intero popolo che in essi si identificava deve fare i conti con una sconfitta già definita come generazionale, o – come si suol dire – con la fine di un ciclo.

Ci sono però indicazioni positive al riguardo. I giornali iberici, al netto della cocente delusione, non si sono accaniti in recriminazioni ingrate. A prevalere, invece, la riconoscenza per quello che è stato fatto di grande e che nessuna sconfitta può cancellare. E' un contributo di maturità che ci deve far riflettere, insegnandoci qualcosa. Ogni avventura, anche la più splendida, è destinata a finire. Importante è accettarlo sapendo cogliere, nell'attimo del declino, la scintilla luminosa che si riverbera dal passato. La malinconia non diventa perciò tristezza, ma consapevolezza dell'avvenuto raggiungimento di un limite.