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Si fa presto a parlare di “svolta”

Il sindacato infermieri Nursing up sulla situazione del pronto soccorso di Bolzano e non solo. Ribetto: “Personale escluso dalle decisioni e sempre più demotivato”.
Erste Hilfe
Foto: Othmar Seehauser

Dopo mesi di roventi polemiche è stato recentemente presentato dall’assessora Martha Stocker un piano d’azione per intervenire sulle problematiche legate al pronto soccorso di Bolzano. Le misure decise riguardano in sostanza l’aumento del personale medico e infermieristico (due medici e quattro infermieri di fresca assunzione); la guardia medica che nel fine settimana sarà trasferita in ospedale; le medicazioni che verranno spostate al distretto sanitario di Gries; 20 posti letto messi a disposizione nelle cliniche private Bonvicini, Sant’Anna, villa Melitta e Salus center. Scettico, riguardo questa riorganizzazione, si era dimostrato il sindacato dei medici Anaao secondo cui tali misure “non rispondono ai bisogni della popolazione”. In sintonia anche il sindacato degli infermieri Nursing up: “parlare di ‘svolta al Pronto Soccorso’ di Bolzano - afferma il referente regionale di Nursing Up Massimo Ribetto - è tutto da dimostrare, tutt’al più, viste e considerate le soluzioni proposte, si può parlare di buone intenzioni nel cambiare lo stato attuale delle cose”.

"La sensazione è che la dirigenza sia impegnata più nel ‘salvare la faccia’ al politico di turno e comunque la propria"

Prima di far “piovere” soluzioni dall’alto da parte di “dirigenti che di assistenza e primo soccorso ne capiscono poco o nulla”, prosegue Ribetto, sarebbe importante che questi “funzionari” facessero l’unica cosa pertinente al loro ruolo di gestione delle risorse umane, ossia: creare i presupposti affinché il personale sia nella miglior condizione possibile per svolgere il proprio lavoro”. In che modo? Ascoltando le proposte di professionisti del settore, medici e infermieri. “La sensazione è che la dirigenza sia impegnata più nel ‘salvare la faccia’ al politico di turno e comunque la propria. Assistiamo a dirigenti che s’improvvisano in esperti, che in realtà non sono e impongono delle idee e proposte, che non vengono nemmeno concertate con il personale, il quale dovrebbe poi metterle in pratica. Quale potrà mai essere il risultato di un processo simile?”, così il sindacalista. 

Il caso di Merano

Se Bolzano ha le sue grane nemmeno Merano fa eccezione. Gli accessi al pronto soccorso della città del Passirio, fa notare Ribetto, sono sostanzialmente raddoppiati (oltre 200 al giorno con punte di oltre 300), “segnaliamo che mancano tre infermieri e quattro che sono in servizio, non hanno ancora ricevuto la formazione sul triage e nemmeno quella per lavorare nelle aree critiche. Di conseguenza, il turno notturno del servizio ha visto diminuire di un’unità la presenza infermieristica, quando invece servirebbero quattro infermieri in pronto soccorso”. Per ovviare a tale carenza il personale infermieristico si è reso disponibile ad allestire un servizio di “pronta disponibilità” notturna pur di garantire un’assistenza adeguata in pronto soccorso. Senza contare che la Direzione Tecnico assistenziale è stata costretta a chiudere per il secondo anno consecutivo, durante il turno notturno, la stanza sub – intensiva OBI (Osservazione Breve Intensiva), interna allo stesso Pronto Soccorso, dove quattro posti letto vengono sorvegliati i pazienti critici mediante idonei monitor. 

"L’idea secondo cui, la situazione in cui versano i servizi di pronto soccorso, si possa risolvere grazie all’utilizzo del medico di base è semplicemente utopica"

Guidare, non solo gestire

Oggi, il cittadino che accede al pronto soccorso, spiega Ribetto, “viene preso in carico, viene trattato e poi se ne va con diagnosi e terapia, a differenza del passato, in cui ad ogni accertamento diagnostico seguiva quasi sempre il ricovero ospedaliero. Di conseguenza, il trattenimento in pronto soccorso era breve e nessuno protestava. Questo cambiamento nella ‘presa in carico’ del paziente ha fatto aumentare il carico di lavoro nei servizi di pronto soccorso, senza però che le risorse umane venissero adeguate. E in questo, c’è una grande responsabilità di chi gestisce le risorse umane infermieristiche che a nostro avviso, non è in grado di imporsi con le rispettive direzioni di comprensorio e di affermare il reale fabbisogno di personale che è necessario”.

E ancora: “L’idea secondo cui, la situazione in cui versano i servizi di pronto soccorso, si possa risolvere grazie all’utilizzo del medico di base è semplicemente utopica”. Serve piuttosto, secondo il sindacalista, porre le basi per creare condizioni ottimali per un lavoro professionale così che anche la massima qualità possa essere garantita. “Il personale così com’è gestito oggi, non è semplicemente messo al centro dell’attenzione, è pertanto escluso dalle scelte decisionali che discenderebbero naturalmente dalla propria competenza e responsabilità professionale. E di conseguenza abbiamo sempre più demotivazione, disaffezione verso l’azienda e il proprio lavoro, fino ad arrivare a casi di licenziamento e di cambio lavoro o addirittura, di professione”, chiosa Ribetto. La vera “svolta”, conclude il referente regionale di Nursing Up, dovrebbe essere fatta invitando i numerosi dirigenti tecnico assistenziali a “prendersi veramente cura del personale e dei professionisti, che dovrebbero ‘guidare’ e non meramente ‘gestire’”.