“Hötzywood” – e oltre
Oggi, 19 settembre, sono passati esattamente ventisette anni da quel giorno in cui la coppia di turisti tedeschi Erika e Helmut Simon, originari di Norimberga, si erano imbattuti nel corso di una gita in montagna nell’uomo nel ghiaccio sul Giogo di Tisa a un’altezza di 3.200 metri slm, in fondo alla Val Senales nella zona delle Ötztaler Alpen. Qualche giorno fa si sono festeggiati con tanto di musica in strada e accesso gratuito al „suo“ museo la ventennale esistenza del Museo Archeologico dell’Alto Adige, aperto - appunto - nel lontano 1998, anno in cui il nostro uomo “venuto dal ghiaccio” fu trasportato da Innsbruck a Bolzano, essendo stato portato subito dopo il ritrovamento nel capoluogo del Tirolo del Nord. Come mai, si potrebbe chiedere qualcuno, visto che fu trovato da queste parti? Allora, nel 1991, non fu ancora chiaro, se Ötzi fosse italiano o austriaco, nel senso che la zona, in cui fu trovato, era zona di frontiera su un ghiacciaio in continua mutazione e che quasi cent’anni fa, nel 1919, quando fu tracciato il nuovo confine tra Austria e Italia dopo la prima guerra mondiale misurava ben oltre venti metri in più di ghiaccio, motivo per cui non si era riusciti a ben individuare i punti in cui passa esattamente quello spartiacque tra nord e sud che fungeva come punto di riferimento. Ecco perché nel 1991 furono chiamati sia i gendarmi austriaci sia i carabinieri italiani per far presente la giacenza di un cadavere in loco ed erano arrivati prima i gendarmi austriaci… Ecco perché Ötzi dapprima andò a finire a Innsbruck e una volta certificato che quella conca si trova a ben 92,50 metri di distanza dal confine nella parte italiana della montagna, il governo locale, dopo aver accertato che di bene culturale della Provincia autonoma di Bolzano si tratta, aveva deciso di lasciarlo a Innsbruck per tutto il tempo necessario per compiere le necessarie analisi medico-scientifiche e archeologiche.
Essendoci quindi più eventi da festeggiare, si è pensato di estendere i festeggiamenti per una settimana intera. Dopo la festa in strada con tanto di musica live e pop corn distribuiti gratuitamente al pubblico nell’area denominata per sette giorni come “Hötzywood” con tanto di accesso gratuito al Museo per l’intera giornata di sabato scorso, c’è un’altra serie di vari appuntamenti. Tra cui, i due di oggi: presso l’archeoParc situato nella Val Senales e dedicato alla storia e all’ambiente di Ötzi ci sarà una serie di visite guidate particolari e per di più un regalo a sorpresa per tutti coloro che lo visitano, mentre stasera (alle ore 20) presso il cinema Capitol c’è una doppia proiezione del film girato sulla storia dello stesso Ötzi – ovvero la sua vita e la sua misteriosa morte di 5.300 anni fa - per la regia di Felix Randau e intitolato Der Mann aus dem Eis (t.l. L’uomo venuto dal ghiaccio). Detto film è di produzione tedesca, ma il film di per sé è muto perché non essendoci documenti scritti di quel periodo storico non si conosce la lingua che potevano aver parlato, quindi i personaggi gorgheggiano più che parlare, per cui la colonna sonora è comprensibile da tutti, andando oltre una lingua precisa. L’introduzione sarà a cura della direttrice del Museo, Angelika Fleckinger, mentre al termine ci sarà una discussione con il regista e il co-produttore, il bolzanino Andreas Pichler.
Si è detto che l’intera via Museo è stata ribattezzata come “Hötzywood”, parola inventata che rimanda chiaramente alla più nota Hollywood, la storica fabbrica dei sogni sita vicino a Los Angeles. Che nesso c’è? Il gruppo cui è stata commissionata l’ideazione e l’organizzazione, Franzlab, ha preso diversi oggetti ritrovati assieme a Ötzi, oltre ad alcuni dei suoi abiti, e li ha collegati a film hollywoodiani. Ad esempio, l’ascia con la lama in rame rimanda al mitico Shining di Stanley Kubrick per l’ascia con cui il personaggio interpretato da Jack Nicholson insegue la sua vittima… A “Hötzywood” detto titolo si trasmuta in “Shiining”. Le scarpe sono associate a Sex and the City (chi non ricorda il famoso “tacco 12” delle protagoniste?), per cui il modello ötziano, una scarpa bassa creata con tanto di pelliccia, è esposta assieme a due stivaletti e appunto un paio di scarpe col tacco 12, mentre il titolo qui recita “Shoes and the City”… Altri titoli fanno più sorridere come “Southtyrol Night Fever” (dallo storico film sulla disco music che nei primi anni ottanta del secolo scorso rese celebre John Travolta, Saturday Night Fever, ossia La febbre del sabato sera). Di grande bellezza ed eleganza è la pelliccia “copiata” da quella di Ötzi, un modello rigorosamente a strisce verticali, come vuole la storia, e che rimanda a un ipotetico “Game of Furs” (Gioco di pellicce). Ce n’è per tutti e vi invitiamo a fare un salto in via Museo a curiosare e indovinare i titoli originali dei film citati: a quale pellicola famosa rimanda il cartello “Gone with the drink” appeso davanti a un bar? Oppure quello di “West Slice Story” piazzato davanti a una pizzeria, dove per altro si può gustare – sempre per tutta la settimana ancora – un menù che rispecchia negli ingredienti ciò che Ötzi usava mangiare, ossia cereali, selvaggina (lui carne affumicata di Stambecco) e piselli?
Per altro può capitare di calpestare una stella, camminando, sì avete letto bene, una stella, blu con al centro un nome, dove tutti i nomi citati sono legati alle vicende di Ötzi, simile al famoso walk of fame nella stessa Hollywood con le impronte delle grandi star: qui si va dall’archeologo Konrad Spindler che per primo riconobbe il valore storico-culturale della mummia fino alla già nominata direttrice del Museo.
Finiamo il nostro breve excursus citando in ultimo il vernissage – venerdì 21 settembre - della mostra fotografica Brigitte Niedermair. ecce homo con fotografie realizzate appositamente per lo spazio espositivo a Castel Tirolo della mummia umida Ötzi. Perché “mummia umida”? Sappiamo che il nostro si differenzia dalle classiche mummie egiziane non soltanto per essere stato ritrovato conservato nel ghiaccio, mentre quelle mediamente giacevano in sarcofaghi e in quanto lui ha ancora tutti gli organi interni in sede (è risaputo che alle mummie egiziane vengono tolte prima del procedimento di mummificazione, grazie a una soluzione salina che estrae loro tutta l’acqua dal corpo) e perché egli ha mantenuto una minima percentuale di acqua nei tessuti che ha fatto sì che si potessero mantenere la sua pelle, le fasce muscolari e tutti gli altri tessuti, tra cui persino i bulbi oculari!
Vedere per credere… perché è questo il motivo per cui Ötzi è diventato il più grande tesoro della scienza: sono ormai oltre cinquecento gli scienziati che si sono confrontati con la mummia e con gli oggetti storici trovati assieme a essa per analizzarli, spesso incrociando il loro sapere. E sta qui la vera rivoluzione, perché spesso è stato proprio grazie alla cosiddetta contaminazione dei saperi vari che è stato - ed è tuttora - possibile fare tante scoperte del tutto inaspettate.
Ora, che cosa può esserci di così intrigante in un corpo, nei suoi abiti e nel suo equipaggiamento da invogliare persino i commercianti della via Museo di Bolzano a mettersi in gioco? Quegli oggetti parlano, ci parlano di un mondo antico che finora era sempre rimasto occulto, dato che non erano mai stati ritrovati documenti scritti che potessero raccontarcelo e tanto meno oggetti talmente ben conservati, come quelli portati con sé dal nostro “Ötzi”, così chiamato dal giornalista austriaco Karl Wendel che volle inventare un nomignolo più amabile per quel cadavere di cui tutti parlarono nel lontano settembre del 1991. Così, ispirandosi allo Yeti, alla cui caccia era andato Reinhold Messner nel Tibet, Wendel aveva coniato dal luogo di ritrovamento il nome Ötzi, con cui oggi è noto in tutto il mondo – e oltre, forse…