Culture | Capitale europea della cultura

Denis Isaia: il lavoro che abbiamo fatto può ancora essere valorizzato

Denis Isaia, presidente della Cooperativa 19, ha seguito tutte le principali fasi della candidatura di Bolzano. Nel suo consuntivo una punta di rimpianto, ma anche la convinzione che il lavoro finora svolto possa ancora rivelarsi fruttuoso in futuro.

L'eliminazione di Bolzano, e più in generale del Nordest, dal novero dei candidati che si contenderanno l'elezione a Capitale della cultura europea per il 2019 non ha soltanto consequenze a livello politico, ma può essere trattata anche considerando gli effetti sul territorio, dove piccole realtà si muovono già da tempo per creare relazioni e iniziative non necessariamente finalizzate a grandi progetti, bensì rivolte a dare spazio e senso alla cultura che si produce ogni giorno, qui e ora.

Ne abbiamo parlato con Denis Isaia, giovane presidente della Cooperativa 19 che fu coinvolta dalla Provincia, all'indomani della formulazione della candidatura di Bolzano, per imbastire una trama di operazioni tese a comunicare e illustrare ai cittadini quali vantaggi avrebbero potuto venire da questo tipo di impegno. Un'attività che ha avuto poi molta visibilità mediante l'iniziativa del famoso container giallo e un altro spazio fisico riconoscibile, ovvero l'Atelier Europa di Piazza del Grano, che adesso rischia di essere chiuso. O forse no.

Salto.bz: Denis Isaia, potrebbe spiegarci come sono andate le cose, possibilmente dall'inizio?
Denis Isaia: Quando c'è stata l'occasione della candidatura, la Provincia ha incoraggiato la costituzione di cooperative culturali. Noi siamo nati così, seguendo il fine di lavorare in modo professionale sul territorio. La candidatura ci è sembrata il progetto più giusto, sostanzialmente legata all'idea di “città metropolitana”, che è stata un po' il fulcro di tutto il nostro lavoro. Il nostro compito era quello di rappresentare il volto della candidatura sul territorio.

Quali erano i vostri vostri principali referenti?
I soggetti coinvolti nel tavolo di lavoro tematico sulla candidatura di Bolzano eravamo noi, Peter Paul Kainrath, che rappresentava l'Alto Adige nel comitato scientifico di Venezia, la Provincia e poi, in una fase più avanzata, il Comune.

E i compiti?
Essenzialmente divulgare i vantaggi della candidatura in loco. Il container, per esempio, è stato ideato da Kainrath. E' lui che ha deciso – insieme ai piani alti – di proporre questa struttura itinerante. Noi abbiamo gestito il progetto, ne abbiamo curato i contenuti. L'abbiamo insomma fatto circolare e conoscere in 17 tappe. In ogni tappa veniva allestita una mostra cercavamo di allacciare contatti con le varie associazioni. Questo avrebbe dovuto rappresentare il il primo “step”, la formulazione degli intenti, per poi arrivare alla costruzione del programma vero e proprio, cioè quello che ora dovranno fare i sei selezionati.

Quanti soldi sono stati investiti complessivamente per sostenere la candidatura?
Circa 1 milione di euro. Una cifra senz'altro notevole, ma nella quale ci sta tutto. Noi, del resto, non avevamo il controllo del budget, che era di stretta pertinenza provinciale.

A questo proposito si è parlato di sprechi, di denaro pubblico gettato dalla finestra e adesso, sfumata la candidatura, definitivamente perduto. Si è fatto per esempio riferimento alla famosa cena da 50.000 euro...
La cena – alla quale io non ho partecipato, ci tengo a dirlo - era organizzata dalla Provincia (al Museion) per mobilitare gli imprenditori locali a sostegno della candidatura. Gli imprenditori, dopo la cena, sono stati invitati a offrire un contributo (5000 euro a imprenditore). Alcuni hanno aderito con sincero entusiasmo e hanno offerto davvero un notevole sostegno, anche logistico. Per questo non direi che si possa parlare di spreco.

Se non è possibile parlare di sprechi, converrà però che quello che è stato fatto difetta di prospettive ulteriori. Almeno all'apparenza.
Sì, magari l'apparenza è questa. Ma per chi ha lavorato ai vari progetti il consuntivo è un altro. Abbiamo mobilitato energie, intrecciato relazioni, coinvolto partner diversi. Su questa base spero che sia possibile costruire ancora.

Anche se il discorso della candidatura è finito?
I progetti ai quali abbiamo lavorato muovevano dalla candidatura, ma avevano un respiro più ampio. Certo, alcune cose si sono esaurite, del resto – penso all'esperienza dell'Atelier – avevamo già previsto di chiudere entro gennaio 2014. Il fatto che i risultati siano usciti prima abbrevia forse un po' questo percorso, ma abbiamo ancora diversi cantieri aperti e dalle dichiarazioni sentite ieri (Durnwalder e Tommasini, ndr) pensiamo che potremo avere ancora occasioni di sviluppare le nostre idee.

Per esempio?
Per esempio tutte quelle messe a punto ultimamente, mediante un maggiore coinvolgimento dell'Euregio. Un attore che forse avrebbe potuto costituire un punto di riferimento più accentuato, fin dalla fase iniziale...

E' una critica?
Dico soltanto che pensando in una logica di reti, di “città metropolitana”, quanti più attori si è in grado di coinvolgere meglio è.

Senta, ma perché la candidatura è sfumata?
Difficile dirlo. A mio avviso si è trattato di una scommessa che aveva delle basi molto solide per quanto riguarda la politica culturale: città metropolitana, reti, industrie culturali e creative, apertura del territorio. Dopo lo sfortunato episodio della rana di Martin Kippenberger c'era voglia di rilancio. Potremmo anche sindacare sui singoli errori che sicuramente abbiamo commesso. Ma nel complesso, se molti dei progetti cominciati verranno ancora sostenuti, i soldi spesi non verranno sprecati. L'importante è non chiudersi. Altrimenti di soldi ne sprecheremo molti di più in futuro, per fare il salto di cui abbiamo bisogno.