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Oltre le barriere

Dall’esperienza positiva con i profughi ai progetti di integrazione lavorativa: Patrizia, Alberto e Mattia aprono le porte della cooperativa sociale Aquarius.
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Foto: Legacoopbund

Piazzetta Anne Frank. Per me, che nel percorso abituale verso il lavoro sono solita vedere solo la stazione di Bolzano, il centro e Corso Libertà, è come un’altra città. Mi sembra di essere arrivata in un posto nuovo, eppure sono sempre a Bolzano, solo qualche isolato più in là. Il motivo per cui mi sono spinta fin qua? Una chiacchierata con i responsabili di Aquarius, cooperativa sociale con sede in piazzetta Anne Frank. Voglio scoprire come questa cooperativa riesce a dare lavoro a oltre trenta persone svantaggiate e soprattutto voglio sapere come è andata la loro esperienza con i migranti. Ho saputo, infatti, che Aquarius ha accolto alcuni profughi come volontari nella cooperativa.

Ma partiamo dall’inizio. Da come nel lontano 1993 alcuni medici-infermieri, soci dell’Associazione Parenti e Amici di Malati Psichici (APAMP), sindacalisti e amici di Legacoopbund hanno deciso di istituire una cooperativa sociale a Bolzano. Lo scopo? Creare posti di lavoro per persone con disagi psichici. “Erano gli anni delle prime cooperative sociali. Qui a Bolzano c’erano la C.L.A., l’Oasis e la Novum, ma non c’era ancora nessuna cooperativa che si occupava di persone con disagio psichico”, il Presidente della cooperativa Aquarius Alberto Covanti è un fiume in piena quando parla dei primi anni di vita della cooperativa. La storia di Aquarius è anche un po’ la sua storia. Disoccupato e in cerca di un lavoro, gli era stato proposto da un amico di partecipare a questo progetto: “L’idea era quella di mettere in piedi una fattoria sociale e visto che avevo studiato agraria la proposta cadeva a fagiolo”. Oggi Alberto vede questa richiesta come un colpo di fortuna, anche se poi il progetto della fattoria non è andato in porto e si è deciso di ripiegare su un’altra attività più adatta all’ambiente cittadino: la manutenzione del verde. Si trattava comunque sempre di un lavoro che implicava il contatto con la terra, una certa manualità; ossia un lavoro adatto per persone con disagi psichici. “Allora si pensava che per lavorare nel sociale bastasse buona volontà e la voglia di aiutare gli altri”, sorride Alberto ripensando a come i soci si erano buttati a capofitto in questa nuova impresa, “Quando poi si sono verificati i primi problemi abbiamo capito che la volontà da sola non basta”.

Lo sa bene anche Patrizia Recla, responsabile dell’area sociale di Aquarius, che ogni giorno deve confrontarsi con i bisogni particolari delle persone in situazioni di disagio. Ha lavorato per diversi anni come assistente sociale nel pubblico per poi dedicarsi al progetto di Aquarius: “Qui ho trovato spazio per agire a favore di chi è in situazioni difficili, realizzando il mio sogno professionale”. Dei 60 dipendenti di Aquarius, 26 sono, infatti, persone svantaggiate, occupate secondo la legge 381/91. Oltre alle persone con disagi psichici, in Aquarius oggi trovano lavoro anche persone con altri tipi di “svantaggio”: persone con problemi di dipendenza, persone ammesse in misura alternativa alla carcerazione, minori in situazione di difficoltà familiare… Queste persone vengono seguite e accompagnate da Patrizia e dagli altri collaboratori di Aquarius con grande professionalità e tenendo sempre d’occhio l’obiettivo principale: ossia l’acquisizione di competenze che permettano l’integrazione lavorativa.

Nel corso degli anni Aquarius ha cambiato più volte settori di attività. L’area della manutenzione del verde è però rimasta una costante. E proprio in questo settore Aquarius recentemente ha dato la possibilità a quattro richiedenti asilo di svolgere del volontariato. “La richiesta ci è arrivata dal Consorzio Joti[1], che insieme alla Caritas e al Comune di Bolzano ha voluto dare l’opportunità a questi profughi di svolgere alcuni mesi di attività di volontariato”, mi racconta Matia Tripodi che ha seguito questo progetto per la cooperativa Aquarius. “Nonostante le difficoltà con la lingua”, continua Matia, “è stata un’esperienza positiva. Sia per noi, che anche per i profughi, che hanno colto questa esperienza come un’opportunità per imparare un mestiere e apprendere la nostra lingua”. 

E come sono stati accolti questi volontari dagli altri collaboratori? “Le cooperative sono improntate all’accoglienza, è un processo intrinseco ricevere ed accettare persone nuove e diverse”, spiega Patrizia, “Inoltre nella nostra cooperativa lavorano già numerose persone con storie di migrazione. Abbiamo collaboratori dal Sudamerica, dall’Africa e dai Paesi dell’Est. Le reazioni sono state quindi in gran parte positive. Esperienze come queste possono aiutare a demolire i pregiudizi”.

È necessario che ci siano all’interno della cooperativa persone in grado di seguire i nuovi arrivati, di insegnare loro le abilità del mestiere. “Non è facile occupare chicchessia. È facile a dirsi mettiamoli a fare qualcosa di utile. Ma chi li segue? Chi li attrezza?”, così Alberto ricorda le difficoltà che si possono incontrare. “Noi abbiamo acquistato tutta l’attrezzatura necessaria per tre di loro, ma poi uno è arrivato per un giorno solo. Dopo non si è più visto. Altri, invece, colgono l’occasione e svolgono la loro attività con estrema volenterosità”. Ma ci sarà mai per uno di loro la possibilità di essere assunto dalla cooperativa? Difficile, ma non impossibile, è la risposta dei soci; le loro eventuali candidature saranno tra le numerose altre che arrivano costantemente alla cooperativa da parte di persone che cercano un lavoro, parallelamente a quelle di inserimento di persone svantaggiate che si propongono attraverso i servizi invianti.

Con un filo di inquietudine il Presidente Alberto accenna agli incarichi pubblici, fondamentali per la cooperativa sociale Aquarius, le cui attività si basano su servizi di portierato, mensa, giardinaggio e bar svolti in gran parte su incarico degli enti pubblici. Negli ultimi anni, infatti, gli enti pubblici ricorrono sempre più spesso agli appalti, rinunciando alla possibilità dell’affidamento diretto alle cooperative sociali. “È diffusa l’idea che l’affidamento diretto comporti uno sperpero di soldi pubblici, quando in realtà dare lavoro alle cooperative sociali significa comprare due cose al costo di una: la prestazione e il servizio di inserimento lavorativo di persone svantaggiate”, commenta Alberto. “Le gare si vincono o si perdono e i dipendenti passano da una cooperativa all’altra. Per alcuni collaboratori queste situazioni non creano gravi problemi, ma per altri possono essere fonte di stress e rappresentare una grande difficoltà. È un dato di fatto: il mondo delle gare non si concilia con il mondo delle persone svantaggiate”.

Per informazioni: [email protected] 
Come raggiungerli: Piazzetta Anne Frank, 5 – 39100 Bolzano (BZ)

 

[1] Il Consorzio Joti riunisce le cooperative sociali Oasis, Il Ponte, Eureka e Aquarius.