Economy | L'intervista

“Questo governo manca di visione”

Cristina Masera, segretaria generale della Cgil/Agb, sullo sciopero del 16 dicembre, gli attacchi al vetriolo, la legge di bilancio e le prossime mosse.
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Sciopero Cgil Uil Milano
Foto: Cgil Agb

Lo sciopero indetto da Cgil e Uil contro la manovra del governo Draghi è stato bollato come un “delitto di lesa maestà”, definito “inopportuno” da Confindustria, “ingiustificato e immotivato” da Palazzo Chigi. Le piazze piene del 16 dicembre dicono altro, però.

Cristina Masera: Tantissimi lavoratori e lavoratrici ma anche pensionati e pensionate hanno partecipato allo sciopero e questo è molto importante se vogliamo farci ascoltare. Speriamo che ora il messaggio arrivi alla politica più forte e chiaro.
Ricordo in primis che lo sciopero è un diritto costituzionalmente garantito, e poi che la protesta non è contro Draghi in sé ma contro le scelte di governo che secondo noi non vanno nella direzione di aiutare lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate e in generale il Paese.
Le istanze di Cgil, Cisl e Uil erano già state presentate a tutti i gruppi parlamentari, che ora i partiti caschino dalle nuvole come se non conoscessero le motivazioni alla base dello sciopero o le nostre critiche è inaudito.

Quali sono i punti nevralgici della protesta?

Intanto il capitolo fiscale. Se 8 miliardi di euro vengono destinati al fisco bisogna dare però di più a chi ha di meno. Tenere da parte una fetta, ovvero un miliardo, per l’eliminazione dell’Irap per i lavoratori autonomi con partita iva che comunque possono già contare su una flat tax al 15% ci è sembrato inopportuno.
Un punto fondamentale è la riforma futura del fisco: l’intenzione del governo è quella di ridurre a 3 il numero delle aliquote Irpef. Se ciò non viene discusso insieme alle parti sociali e non si riesce a dare sufficiente voce a chi di fatto patisce di più il fisco allora vuol dire che abbiamo un problema. Ricordo che l’85% delle entrate dell’Irpef sono a carico di lavoratori dipendenti e di pensionati, l’evasione fiscale non c’è per la stragrande maggioranza di questi soggetti e andare a penalizzare questa fascia o addirittura quelle più deboli è inaccettabile.

 

E poi c’è stata la levata di scudi da parte della maggioranza di governo di fronte alla proposta del premier Draghi di rinviare i tagli Irpef per chi guadagna oltre 75mila euro.

Una proposta che era più un segnale politico che altro visto che si trattava di rimandare solamente di un anno il blocco degli sgravi fiscali. Era dunque davvero impensabile che non protestassimo di fronte a questa incomprensibile decisione dei partiti. Il fisco aspetta una riforma più completa e se queste sono le premesse siamo molto preoccupati.

E sul fronte delle pensioni?

Intanto per avviare il percorso di riforma delle pensioni, altro grande tema, il governo ha convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per oggi, lunedì 20 dicembre. Da marzo i tre sindacati confederali hanno presentato una piattaforma unitaria con i punti principali delle richieste sulla previdenza. In attesa della riforma generale - su cui bisogna accelerare il confronto visto che l’orizzonte è il prossimo Documento di Economia e Finanza previsto per il mese di marzo - il governo ha anticipato una serie di misure fra cui la sostituzione di Quota 100 con Quota 102 per un anno e la riconferma di Opzione Donna - che però non è granché remunerativa dal punto di vista economico - e la pensione anticipata per gli operai edili. Non escludiamo di riuscire a ottenere almeno questi risultati nel perimetro della legge di bilancio, ma a questo punto dipende dalla politica.

Il disegno di legge di bilancio per il 2022 dovrà essere approvato dal Parlamento entro il 31 dicembre, i margini sono di fatto scarsi per ottenere miglioramenti.

Vero, ma c’è ancora tempo per fare dei cambiamenti, è difficile ma possibile, ecco fra l’altro perché il segnale dello sciopero andava dato in questo momento.

 

Palazzo Chigi sostiene però che la manovra sia “fortemente espansiva” e che il governo abbia “sostenuto lavoratori pensionati e famiglie con fatti, provvedimenti e significative risorse”. C’è dunque miopia sul malessere sociale del Paese?

È una miopia il cui vulnus sta nel fatto che la maggioranza di governo è molto ampia e che in condizioni “normali” non si aggregherebbe mai perché ha opinioni molto diverse su come condurre il Paese. Non si guarda a un futuro basato sul lavoro, sull’equità sociale, sulla creazione di posti di lavoro, sulla politica industriale; è una politica di sostegno alle imprese, soprattutto, e che per mantenere un minimo di pace sociale conserva il reddito di cittadinanza, seppur con qualche modifica. Ma non c’è una visione, non ci può essere perché i partiti di governo non la pensano allo stesso modo, anzi a volte hanno posizioni diametralmente opposte. Riscontriamo pertanto un forte immobilismo su quelli che sono i reali bisogni del Paese.
Un’altra battaglia per noi importantissima da fare, ad esempio, è sulla precarietà, le forme contrattuali vanno ridotte e stabilizzate e a proposito di previdenza la nostra richiesta è stata quella di una pensione di garanzia per i giovani che in questo momento sarebbe a costo zero, cioè senza alcun anticipo pensionistico, con il vantaggio per le casse dello Stato di spostare la spesa in avanti. Anche questo sarebbe un notevole segnale politico di cui però ancora non c’è traccia. Per non parlare del decreto anti-delocalizzazioni che ha subito mesi di stallo ed è un altro argomento sul quale come sindacati dobbiamo essere coinvolti. Insomma, motivi concreti per scioperare ce n’erano eccome, anche al di là della manovra.

La Cisl ha però preso le distanze sostenendo che la scelta di scioperare era sbagliata e ha deciso invece di manifestare in piazza sabato 18 dicembre. Non c’è il rischio di spaccare l’unità sindacale, contraccolpo imprudente date le battaglie che vi attendono?

Abbiamo portato avanti le nostre istanze in modalità differenti, la Cisl non ha ritenuto utile arrivare allo sciopero (che peraltro ci era stato chiesto con forza da tutti i nostri direttivi e dalle assemblee generali), ma le motivazioni alla base della protesta sono le stesse e tutto il percorso è stato finora comune. Al di là della scelta di come manifestare il disagio, quindi, non ho dubbi che potremo continuare a lavorare insieme come abbiamo sempre fatto.