Economy | L'analisi

Happy sì, ma fino a quando?

Fra piena occupazione ed economia in crescita cosa ci dice davvero il rapporto di Bankitalia? Il turismo porta molta manodopera ma poco qualificata e fa salire il costo della vita. E i pochi laureati fuggono. Lo ammette anche la Provincia.
Idm, turismo, Südtirol
Foto: IDM/Thomas Grüner
  • L’Alto Adige soffre di un “happy problem,” ci dice Banca d’Italia nel suo ultimo Rapporto regionale. Un problema che molte altre regioni d’Italia e d’Europa pagherebbero per avere. Economia in crescita, elevata qualità della vita, bassa disoccupazione, demografia favorevole - come possono questi indicatori felici nascondere un qualsiasi risvolto negativo?

    Il problema che pone un problema felice è che, quando le cose vanno bene, è difficile guardare un pochino più in là, pensare alle conseguenze a medio/lungo termine e - soprattutto - cambiare rotta, ovvero attuare da subito politiche che risolveranno questi problemi prima che diventino insostenibili per l’economia e per la società. 

    (Se vedete un nesso con il nostro atteggiamento verso il cambiamento climatico è perché c’è).

    Dietro ai bellissimi numeri dell’economia sudtirolese Bankitalia individua problemi non nuovi, anzi: l’elevato costo della vita, la difficoltà nell’attrarre capitale umano, le sfide per produttività e innovazione, le transizioni digitale ed ecologica. Mettendoli però tutti in fila gli economisti della filiale di Bolzano ci aiutano a notare come queste dinamiche si mordono la coda, continuando ad alimentarsi a vicenda. Ma sembra che siamo troppo happy per fermare la giostra e interrompere un ciclo che, da virtuoso, si sta trasformando in vizioso.

    Guardiamo alcuni di questi fattori, cominciando dal capitale umano. Siamo in piena occupazione, come conferma anche l’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro. Bankitalia evidenzia però quanto l’Alto Adige fatichi a trattenere laureati. Abbiamo storicamente uno dei più bassi tassi di laureati in Italia e a questo si aggiunge il fatto che, mentre in Trentino tra il 2011 e il 2021 il numero di laureati è cresciuto grazie all’afflusso da altre regioni italiane, in Alto Adige nello stesso periodo si è registrato un deflusso netto di 560 giovani laureati. I nostri se ne vanno a causa della nota vicinanza con Austria, Germania, Svizzera, che parlano la nostra lingua e hanno il vizio di pagare di più, ma anche quelli che vengono da fuori (e che, almeno rispetto all’Italia, troverebbero qui salari migliori), poi non restano.

  • La presentazione: Martedì si è tenuta la presentazione del rapporto annuale di Bankitalia. Foto: SALTO

    La sproporzione dell’offerta di lavoro in settori che hanno bisogno di molta manodopera ma meno qualificata (leggi: turismo) è un problema anche secondo Stefan Luther, direttore del la Ripartizione servizio del lavoro della Provincia, che a RaiSüdtirol dice: “Dobbiamo fare attenzione a non appoggiarci solo su settori che hanno bisogno di molto personale ma poco qualificato. Dobbiamo sviluppare settori che cercano lavoratori qualificati - e qui la situazione non è proprio rosea.”

    Uno dei motivi per cui la situazione non è così rosea può essere spiegato, in parte, anche dal modello aziendale sudtirolese, che si basa molto sulle microaziende, spesso a conduzione familiare. Per attirare - e far rimanere - lavoratori qualificati servono salari più alti e più innovazione. Chi offre entrambi, sostiene Bankitalia, sono le imprese multinazionali che in Alto Adige sono quelle che mostrano una propensione più elevata sia all’innovazione che all’export e che, nelle due province, offrono una retribuzione media giornaliera più elevata di circa il 20 per cento rispetto a quella delle altre imprese. Attenzione, qui non parliamo di mega conglomerati -  qui si tratta di aziende (sudtirolesi, italiane o straniere) anche medie ma con sedi in almeno due paesi. Sono queste le aziende che contribuiscono “in maniera rilevante alla crescita economica locale, alla creazione di occupazione e al trasferimento di competenze tecnologiche sul territorio.” Il modello altoatesino della piccola o piccolissima azienda quindi non è attraente come innovazione e salari. Inoltre, le microaziende soffrono inoltre di altissimi livelli di incertezza. Questo indice è in crescita dai tempi della pandemia per le aziende di tutte le dimensioni, ma, rileva Bankitalia, è molto alto per le ditte individuali e piccole. Questa incertezza si traduce molto spesso in mancanza di investimenti nel futuro - e quindi nell’essere meno attraenti (ormai lo sapete anche voi) per giovani altamente qualificati.

    In Alto Adige i lavoratori con cittadinanza straniera sono il 15 per cento della forza lavoro ma hanno coperto quasi il 72 per cento dell’incremento dell’occupazione.

    Anche gli scenari demografici locali sono molto positivi, sia per via dell’immigrazione - che aiuta a ringiovanire la nostra età media- sia per via della nostra natalità, che rimane più alta che nel resto d’Italia. Gli immigrati sostengono anche l’occupazione (e quindi l’economia): tra il 2007 e il 2022 i lavoratori nati all’estero sono raddoppiati in Alto Adige. Come confermato anche dal Rapporto sul mercato del lavoro, in Alto Adige i lavoratori con cittadinanza straniera sono il 15 per cento della forza lavoro ma hanno coperto quasi il 72 per cento dell’incremento dell’occupazione.

    Nonostante i trend positivi anche da noi inevitabilmente il numero di lavoratori disponibili diminuirà. Per questo una soluzione che Bankitalia propone timidamente è quella di aumentare, anche di poco, la partecipazione al lavoro delle donne. Ma anche qui abbiamo già happy numbers, altissimi per la media italiana! La maggior parte delle donne in Alto Adige lavora però in part-time (con gravi conseguenze sui loro salari e, a lungo termine, sulle loro pensioni). Si tratta quindi di aumentare la partecipazione con lavori a tempo pieno, che si può fare aumentando i sostegni alle famiglie per conciliare carriera e famiglia (Stichwort: Kinderbetreuung). E inoltre, a quali lavori potranno aspirare tutte queste donne - quelli altamente qualificati di cui abbiamo bisogno? Per questo possiamo dare un’occhiata agli indirizzi di studio che scelgono oggi le ragazze all’università. Il rapporto ASTAT di settembre sugli universitari indica che, se da una parte si laureano più ragazze che ragazzi, le prime continuano a scegliere indirizzi di studio tradizionalmente riservati a loro: materie umanistiche, educazione e formazione, ambito medico-sanitario. Le cosiddette discipline STEM (che, incidentalmente, sono quelle che pagano meglio) continuano ad essere popolari tra i maschi. Perché, se, sempre secondo ASTAT, le ragazze vanno decisamente meglio a scuola dei ragazzi? L’alta partecipazione al mercato del lavoro femminile non ci deve far perdere di vista l’obiettivo di politiche a sostegno della famiglia e di incentivare le donne a intraprendere carriere qualificate - già a partire dalla materie che scelgono all’università.

    Non sorprende infine che Bankitalia individui nella mancanza di case a prezzi accessibili un altro problema, forse quello che accomuna e rende ancora più intrattabili tutti gli altri. Il Rapporto indica che nel 2022 la difficoltà di accesso alla casa (calcolata come rapporto tra prezzo medio di vendita delle case al metro quadro e reddito pro capite ) è molto più elevata in Alto Adige rispetto alla media nazionale (+80 per cento, in Trentino si attesta al 40) - con un risultato simile anche se parliamo di affitti. La crescita è dovuta all’aumento della popolazione e al turismo, che rende proibitivi i prezzi in diverse zone. 

    Qui l’analisi di Bankitalia si ferma, anche se uno studio più approfondito su chi compra case e appartamenti in Sudtirolo ai prezzi correnti sarebbe utile per vedere chi lo fa come investimento o per uso seconda casa, penalizzando chi di quella casa ha bisogno per viverci. Offrire mutui a tasso zero, come sembra voglia fare ora la Provincia, non contribuirà certo ad abbassare i prezzi in un mercato surriscaldato - e se i concorrenti del gioco sono ricchi investitori stranieri i giovani che parteciperanno con il loro bel muto agevolato avranno perso in partenza.

    Tutti problemi che conosciamo, dei quali il Rapporto mostra l’interconnessione. A noi cercare le politiche che possono cominciare a scardinarne le dinamiche ma, avvolti dalla bambagia di una congiuntura felice e di un boom turistico senza fine, non sembriamo in grado di farlo.

    Happy sì, ma fino a quando?

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Alberto Stenico Fri, 06/21/2024 - 07:19

Quello della piena occupazione, è stato l'obiettivo delle lotte del movimento operaio e sindacale da oltre un secolo e mezzo. Obiettivo mai raggiunto nel passato e nella maggior parte dei Paesi. Solo qualche decennio fa, il tasso di disoccupazione in provincia di Bolzano era molto superiore al 10%. e costringeva molte persone all'emigrazione per trovare lavoro. La disoccupazione toglie dignità alle persone. Ora che l'abbiamo raggiunta, viva la PIENA OCCUPAZIONE!

Fri, 06/21/2024 - 07:19 Permalink