Il Futura del teatro under 35

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Con tredici progetti inviati da tutto il territorio regionale, Futura Festival 2025 si riconferma un territorio fertile per il teatro giovane. Le compagnie under 35 candidate hanno parlato delle urgenze del presente: identità in crisi, isolamento, disturbi alimentari, nuove fedi e miti contemporanei. Una varietà di linguaggi – che spaziano dal teatro fisico alla danza, dalla prosa alla maschera – ha restituito una generazione teatrale che sta crescendo ed è più che mai determinata a esplorare, sperimentare e interrogarsi.
La crescita del festival è anche strutturale. Un bando che da provinciale si espande e diventa regionale, un aumento del sostegno economico, nuove collaborazioni artistiche. Il tutto guidato da una direzione solida e dai mentor* che seguiranno i ragazzi e le ragazze durante il loro progetto.
A rappresentare questa nuova vitalità, il progetto vincitore. Il “Bestiario Umano” della compagnia SmArt, un lavoro immaginifico e ironico che racconta l’oggi come fosse una sorta di bestiario mitologico.
Ne abbiamo parlato con Paolo Grossi, direttore artistico del festival.
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SALTO: Siamo alla quarta edizione del Futura Festival: come si è evoluto il progetto rispetto alla prima edizione?
Paolo Grossi: Futura è un progetto in costante evoluzione. Da parte mia c’è sempre stata la volontà di migliorarlo e farlo crescere, perché l’opportunità che offriamo alle giovani realtà locali è davvero preziosa. Nella prima edizione, il contributo alla compagnia vincitrice era di 1.000 euro, accompagnato da una settimana di residenza al Teatro di Gries, che resta uno - e forse il più grande - dei punti di forza del festival. Avere accesso a uno spazio teatrale dotato di tutte le attrezzature tecniche e poter debuttare con un lavoro inedito in un teatro della città è un’occasione significativa per i giovani artisti.
Negli anni, grazie al sostegno del Comune di Bolzano e, da quest’anno, anche della Regione, siamo riusciti ad alzare il budget per la produzione fino a 3.500 euro. Questo importo viene gestito interamente dalla compagnia per coprire le varie fasi della creazione dello spettacolo: dalla drammaturgia alla regia, dalle prove degli attori alla realizzazione di costumi e scenografie, fino alla promozione e alla logistica tecnica.
Anche l’organizzazione è cresciuta. Se all’inizio eravamo solo io, come direttore artistico, e Giulia Palaia per la parte comunicativa, da quest’anno si è unita al team Amanda Filippi, che mi affianca sia sul piano amministrativo-burocratico sia su quello artistico, offrendo un supporto più strutturato anche alle compagnie.
Futura è oggi un progetto seguito interamente dal Teatro La Ribalta – Accademia Arte della Diversità, compagnia bolzanina storica della quale sono presidente. La nostra missione, espressa anche attraverso la rassegna “Corpi Eretici”, giunta alla diciassettesima edizione, è quella di essere una sorta di… incubatore culturale. Futura incarna perfettamente questa visione e offre a giovani artisti la possibilità di sperimentare e incontrare il pubblico, attraverso linguaggi non convenzionali.
In termini di partecipazione, siamo passati da 3-4 candidature nella prima edizione a ben 13 quest’anno, con un livello artistico in costante crescita. Oggi partecipano non solo compagnie emergenti, ma anche attori e attrici con esperienze professionali, tutti under 35. Questo dimostra quanto sia difficile, per i giovani, trovare spazio nel mercato teatrale attuale, sempre più chiuso e selettivo. Futura vuole proprio colmare questa lacuna.
Quali erano le sfide iniziali e quali quelle attuali per far crescere un festival dedicato alle nuove generazioni artistiche?
All’inizio la sfida principale era quella di individuare i talenti e le piccole realtà presenti sul territorio. Non era affatto scontato sapere chi ci fosse davvero, chi stesse lavorando nel campo del teatro. Oggi, dopo quattro anni, conosciamo meglio il panorama e la sfida si è trasformata, ora si tratta di offrire reali opportunità a queste giovani realtà che abbiamo scoperto, permettendo loro di esprimersi e di partecipare a un festival che ha acquisito rilevanza a livello regionale.
Quali caratteristiche cerca la direzione artistica nei progetti presentati?
Sin dal primo anno, avevo pensato di proporre tematiche specifiche per ogni edizione. In fase di brainstorming sono emerse molte possibilità, ma poi ho scelto consapevolmente di non porre vincoli tematici. Volevo lasciare totale libertà alle compagnie, senza indirizzare o incanalare le proposte. Futura è aperto proprio in questo senso, permette ai giovani artisti di spaziare completamente.
Ciò che cerchiamo nei progetti è la capacità di rompere gli schemi, di andare oltre il linguaggio teatrale tradizionale. Invitiamo le compagnie a sperimentare, a fondere linguaggi diversi. Quello che davvero ci interessa è la novità, che può emergere da un’urgenza tematica o da una proposta formale innovativa. È importante che i progetti parlino un linguaggio nuovo, perché Futura è pensato per le nuove generazioni e non può fermarsi a un teatro "vecchio stile".
Che tipo di urgenze stanno emergendo dai giovani artisti under 35 in Trentino-Alto Adige e di cosa parlano i loro progetti?
Questa è, secondo me, la parte più interessante. Quest’anno mi ha colpito molto la varietà delle proposte. I tredici progetti ricevuti spaziavano dal teatro di narrazione alla prosa, dal teatro in maschera alla danza contemporanea, dalla performance al teatro interattivo. C’è fermento, c’è voglia di rompere uno schema teatrale ormai standardizzato, quello che vediamo nei cartelloni dei teatri più grandi.
Quando una compagnia giovane si mette in gioco, nascono progetti anche folli, inaspettati: spettacoli dove il pubblico decide l’andamento della narrazione, lavori che escludono completamente l’uso della parola, produzioni che integrano musica dal vivo o cori. Queste contaminazioni sono una ricchezza enorme.
Anche le tematiche affrontate sono molto impegnate: si parla di disturbi alimentari, di isolamento sociale come nel caso degli hikikomori, di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. C’è anche la voglia di affrontare temi seri con leggerezza e ironia. Sono progetti densi, sia per contenuto che per impegno artistico, portati avanti anche da compagnie che stanno costruendo una loro identità stilistica ben precisa. Ed è proprio questo, secondo me, ciò che rende il festival così vitale.
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Il progetto vincitore. Di cosa si tratta e cosa vi ha colpiti di più?
Il progetto vincitore è della compagnia SmArt e si intitola Bestiario Umano. La prima cosa che ci ha colpiti è stato il forte sentimento d'amore verso sé stessi che emergeva chiaramente, accompagnato dal bisogno di riconoscersi all’interno della società. Il progetto mette al centro la volontà di ironizzare su alcuni archetipi che incontriamo quotidianamente, ma anche di riflettere su come, come individui, possiamo convivere in una società che oggi attraversa una fase difficile.
Bestiario Umano nasce come tentativo di catalogare questi archetipi attraverso un linguaggio teatrale molto interessante e innovativo: l’uso del teatro di maschera, dei buffoni di Lecoq, e l’assenza totale della parola. Questo elemento ci ha incuriosito particolarmente, perché è qualcosa di complesso, lontano dalle nostre abitudini, eppure molto potente.
Un altro aspetto decisivo è stata la volontà della compagnia di portare lo spettacolo prima di tutto all’interno della nostra regione, che è trilingue, e poi anche all’estero. Questa ambizione, questa fame e il desiderio di non porsi limiti sono stati sicuramente elementi vincenti.
Futura Festival punta molto sulla “contaminazione” tra Bolzano e Trento. Quali frutti sta portando questa sinergia?
Assolutamente sì, la contaminazione tra Bolzano e Trento è non solo importante, ma necessaria. È fondamentale dimostrare che le due province possono e devono collaborare. Questa sinergia rappresenta anche un’occasione per far lavorare insieme i diversi gruppi linguistici della provincia di Bolzano, cosa che accade raramente.
I primi risultati concreti ci sono già: due dei tredici progetti selezionati sono frutto della collaborazione tra attori e attrici di Bolzano e Trento. La compagnia vincitrice, Smart, è proprio uno di questi esempi perché due attori provengono da Bolzano e due attrici da Trento. Dal punto di vista della visibilità è sicuramente una cosa molto bella, anche se può risultare un po’ più complicata dal punto di vista organizzativo, per quanto riguarda le prove e gli incontri. Ma nulla ci spaventa.
Il frutto più importante che vogliamo coltivare è la costruzione di un fermento culturale giovanile su scala regionale. L’obiettivo è che i giovani possano spostarsi, andare a scoprire cosa succede negli altri teatri, conoscere nuovi artisti e artiste, avvicinarsi all’arte, al teatro, alla scultura, ai musei. Questo è il traguardo massimo che ci siamo posti.
Che visione hai per il Futura Festival nei prossimi 3-5 anni?
Sto lavorando molto sulla visione del festival e, in questo percorso, voglio ringraziare Antonio Viganò, direttore artistico del Teatro La Ribalta, con cui siamo in dialogo costante da quattro anni. Spesso chi osserva da fuori il lavoro di un direttore artistico o di un operatore culturale vede solo la punta dell’iceberg, ossia lo spettacolo in scena. Ma prima di arrivare a quel debutto, le domande e i pensieri sono davvero tanti.
Per i prossimi cinque anni, l’obiettivo è quello di allargare Futura a tutte le discipline, cercando sinergie con le diverse associazioni e realtà locali. L’idea è quella di far crescere il festival, renderlo sempre più articolato.
Stiamo già cercando di arricchire la settimana di residenza della compagnia vincitrice con altri appuntamenti che gravitino attorno al debutto. Quest’anno non ci siamo riusciti per una serie di motivi, ma in futuro vogliamo strutturare il festival in modo più solido, magari coinvolgendo realtà che operano anche a livello nazionale.
Vogliamo costruire un calendario riconoscibile e ripetibile, un appuntamento concreto per tutta la regione. Non ci siamo ancora arrivati, ma siamo giovani e nei prossimi anni ci faremo sicuramente sentire.
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