E da ingenui pensavamo che…
E da ingenui pensavamo che fosse Trump l'inventore dei fake news.
Il pretesto, l'anniversario dei 150 anni dalla nascita di Winston Churchill, non è in effetti tra i più robusti ma l'occasione va comunque colta per gettare uno sguardo su quella che è stata una delle più colossali fake news della storia d'Italia e che incredibilmente resta ancora in piedi a decenni di distanza da quando fu concepita e realizzata, ad onta delle smentite più documentate. Una vicenda nella quale alcune località dell'Alto Adige sono state utilizzate, non a caso, come location privilegiata.
La prima cartolina da incollare sull'album è quella dello storico Grand Hotel Carezza dove, nell'estate del 1949, approda assieme alla moglie, fuggendo dalla calura del Lago di Como, l'ex premier inglese Winston Churchill. Mandato casa dagli elettori all'indomani della guerra vittoriosa e in attesa di riprendere, nel 1951, il bastone di comando al numero 10 di Downing Street il vecchio leader vagabonda per l'Europa in cerca di paesaggi da immortalare nei suoi acquerelli. Ne troverà ovviamente anche a Carezza, immortalando su tela il lago e le montagne, ma il suo soggiorno, come del resto quello precedente sulle rive del lago di Como, viene interpretato con dei sottintesi assai più romanzeschi. Churchill, si dirà, è venuto in Alto Adige a cercar traccia di un famoso scambio epistolare intrattenuto negli anni di guerra nientepopodimeno che con Benito Mussolini. Ovviamente Churchill a Carezza nulla trova perché nulla cerca. Si ferma alcuni giorni, dipinge e se ne riparte per Londra.
La storia delle lettere però è appena iniziata e lo scenario in cui matura la colossale operazione di intossicazione dell'opinione pubblica si sposta a Merano.
La storia è stata ricostruita sin nei minimi dettagli da quel bravissimo storico che risponde al nome di Mimmo Franzinelli e che associa non comuni capacità divulgative ad un acume investigativo che lo porta ad analizzare pagine e pagine di documenti e a trarre conclusioni che non ammettono né replica né smentita.
In caso in questione il tutto è contenuto in un libro intitolato L'arma segreta del Duce, edito nel 2015 dalla Rizzoli. Il primo capitolo si intitola Il comandante David e ruota per l'appunto sulla figura di un personaggio, Tommaso David, che è il primo tra diversi protagonisti a comparire sulla scena.
Soldato in tutte le guerre combattute dall'Italia nel 900, a partire dalla spedizione contro la rivolta cinese dei Boxers sino alla guerra d'Abissinia, collocato a riposo per alcune traversie giudiziarie, David rientra in gioco nel secondo conflitto mondiale organizzando la repressione della guerriglia partigiana sul confine orientale ed infine, ed è questo l'elemento di maggiore interesse, occupandosi, durante gli anni della Repubblica Sociale Italiana di contro propaganda e di spionaggio.
Al termine del conflitto deve far perdere le sue tracce, ma ricompare a Merano sotto falso nome. Il professor Luigi Grossi è un personaggio di rilievo nella città del Passirio del dopoguerra. È attivo in numerose società sportive, fa l'istruttore di scherma, si occupa dei profughi dalmato-giuliani, ma figura anche nei direttivi della banda musicale degli scout e di altri sodalizi. È probabilmente in questo periodo riprende contatti con gli ambienti con i quali aveva collaborato ai tempi di Salò e con loro escogita l'operazione basata sull'inesistente carteggio tra Mussolini e Churchill. Franzinelli racconta la vicenda nei più minimi dettagli ma qui basterà dire che David sostiene di aver ricevuto direttamente dal duce, negli ultimi convulsi giorni di guerra, un plico contenente tutta una serie di lettere che farebbero pensare addirittura ad una sorta di accordo segreto tra i due, con l'inglese che chiede all'italiano di entrare in guerra a fianco di Hitler e contro la sua Gran Bretagna per esercitare, nel campo avversario, una sorta di ruolo moderatore se non addirittura un doppio gioco. È assolutamente evidente che si tratta di una tesi del tutto demenziale il cui unico scopo è quello di alleggerire il giudizio storico sulle tremende colpe di Benito Mussolini. L'obiettivo della cricca dei falsificatori, che si raccoglie attorno a un periodico dichiaratamente neofascista intitolato L'Asso di Bastoni è però quello di usare il materiale per una sorta di ricatto politico e, in seconda battuta, anche per ricavarci qualche sostanzioso guadagno. Tra il 1949, Churchill a Carezza, il 1951, Merano diventa il teatro di una trattativa che vede coinvolti personaggi di assoluto rilievo
Il racconto di Franzinelli, basato su una serie di documenti emersi dagli archivi, è una requisitoria implacabile. E racconta di come il David, appoggiandosi anche qualche personaggio locale, arrivi a presentarsi nel giugno del 1951 alla presenza di Alcide De Gasperi, venuto a Merano per trovare l'amico democristiano Luigi Negri. Un primo tentativo cui fanno seguito altre manovre, come quella che ha come perno l'onorevole democristiano Angelo Facchin, all'epoca esponente di punta della DC altoatesina ed infine quella che coinvolge un personaggio assai noto della Merano di quei decenni, l'ingegner Piero Richard al quale David chiede di sollecitare l'intervento del suo amico, il ministro delle finanze Ezio Vanoni. Con tutti viene ventilata l'ipotesi di una cessione allo Stato del presunto carteggio. Le richieste riguardano una serie di provvidenze a favore degli ex combattenti della Repubblica di Salò, ma anche azioni politiche per salvaguardare l'italianità di Trieste. Tra i vari discorsi a volte sconclusionati, il sedicente custode del carteggio Mussolini Churchill infila anche un'aspra critica a De Gasperi per aver firmato a Parigi l'Accordo per la tutela dei sudtirolesi.
È il repertorio classico della destra postfascista e non meraviglia quindi che la vicenda approdi proprio in quei mesi agli onori della cronaca con una campagna di stampa accuratamente organizzata proprio dall'Asso di Bastoni, che richiama già nella testata l'iconografia classica dei picchiatori in camicia nera. Le avances di David non restano ovviamente senza risposta. I funzionari che lo contattano, tuttavia, esprimono un giudizio abbastanza concorde: si tratta di un mitomane che non appena gli viene chiesto di esibire almeno qualche esempio del famoso carteggio si ritrae accampando varie scuse. Il suo ruolo nella vicenda volge comunque al termine. La centrale di intossicazione e falsa propaganda decide di lasciarlo perdere e di spostare altrove il terreno dell'iniziativa. David esce di scena e morirà dimenticato qualche anno più tardi, non prima tuttavia di aver ricevuto una decorazione al merito per le sue imprese belliche.
La storia del carteggio Mussolini Churchill prosegue, con altri protagonisti fra la Svizzera e la Lombardia e spuntano, finalmente, le famose lettere che, come documenta, implacabile, Franzinelli, sono dei clamorosi falsi costruiti a tavolino e dal contenuto assolutamente improbabile. Nonostante questo la compagnia dei falsari riesce a piazzarle, con qualche notevole guadagno finanziario, su alcuni dei periodici di larga tiratura che vanno alla grande fra i lettori dell'Italia postbellica. È solo il primo atto di una storia che andrà arricchendosi, negli anni successivi, con altri clamorosi episodi. Il più rilevante è quello riguardante i falsi diari di Benito Mussolini, compilati da due anziane signore piemontesi e che verranno lungo spacciati per veri. Altra storia, che richiama in parte quella della corrispondenza tra Churchill e Mussolini, riguarda le false lettere inviate da De Gasperi ai militari alleati per chiedere loro di bombardare l'Italia. Quest'ultima parte diventa il munizionamento con il quale il periodico di estrema destra Candido sferra un violentissimo attacco al leader democristiano, venuto in odio feroce a quegli ambienti perché considerato vicino al comunismo bolscevico ma anche, quando capita, alle nostalgie austroungariche. A condurre un'operazione in prima persona il direttore di Candido Giovanni Guareschi, convinto, in buona fede probabilmente, della bontà del materiale che i falsari gli hanno fatto intravedere. Pagherà questa convinzione con una condanna divenuta esecutiva per effetto di una precedente pena ancora da scontare e rifiuterà di chiedere la grazia accettando di finire in cella.
Franzinelli ricostruisce questa ed altre vicende sino al dettaglio, dimostrando al di là di ogni possibile dubbio, che nell'Italia di quegli anni una banda di falsificatori che aveva non poche delle sue radici negli apparati propagandistici della Repubblica di Salò, costruì un racconto palesemente e maldestramente inventato per tratteggiare in termini più che benevoli l'esperienza fascista e per infamare esponenti della classe politica del dopoguerra. Appoggiandosi e periodici postfascisti ma soprattutto alla diffusione dei settimanali scandalistici di amplissima tiratura il gioco, in qualche maniera funzionò, e non bastarono a bloccarlo i severi giudizi degli storici e quelli altrettanto drastici dei tribunali.
La cosa incredibile è che, d'oltre settant'anni di distanza da quando si cominciò a vociare di un soggiorno ai piedi del Latemar di Winston Churchill e da quando l'ineffabile professor David iniziò a muoversi a Merano, l'intossicazione della verità è ancora in pieno svolgimento. La storia del Premier inglese alla ricerca di documenti tra le Dolomiti è stata accreditata recentemente anche da un giornale locale. I falsi diari di Mussolini sono stati pubblicati con notevole dispendio finanziario da una casa editrice che rientra nel perimetro dell'impero berlusconiano. A patrocinare l'operazione un personaggio del calibro di Marcello Dell'Utri, tra i fondatori di Forza Italia e condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa che giustificò l'idea affermando di non esser certo dell'autenticità dei diari ma neppure del contrario. La stessa cosa succede per la vicenda delle lettere di De Gasperi accreditate come autentiche qualche mese fa da un quotidiano della destra. Su Internet, anche su siti considerati autorevoli, il revisionismo assume poi proporzioni notevoli. La fake news non sbiadisce e la nuova narrazione si consolida.
E da ingenui pensavamo che fosse Trump l'inventore dei fake news.