Birmania/Myanmar : ancora violenze contro la minoranza Rohingya

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha chiesto indagini indipendenti per fare luce sulle denunce di nuove violazioni dei diritti umani commesse contro persone appartenenti alla minoranza islamica dei Rohingya in Birmania. Secondo i resoconti di alcuni testimoni oculari, lo scorso 14 gennaio forze dell'ordine birmane e gruppi di buddisti estremisti avrebbero attaccato il villaggio Du Chee Yar Tan nel distretto di Maungdaw dello stato federale di Arakan uccidendo 60 persone e mettendo in fuga la maggior parte dei 4.000 abitanti del villaggio. Le autorità birmane negano l'aggressione al villaggio rohingya ma allo stesso tempo negano a osservatori internazionali e a persone appartenenti alla minoranza Rohingya l'accesso al villaggio.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Nel distretto di Maungdaw le tensioni tra la maggioranza buddista e la minoranza Rohingya sono aumentate in modo massiccio in seguito all'arrivo in dicembre 2013 di monaci buddisti appartenenti al movimento estremista "969". Al loro arrivo i monaci erano passati di villaggio in villaggio invitando la gente attraverso altoparlanti a isolare i Rohingya e a cacciarli dai villaggi.
Il movimento 969 con il suo leader Aishin Wirathu è ampiamente conosciuto per la sua propaganda di odio contro la popolazione di fede islamica del Myanmar. Gli appartenenti al 969 incoraggiano attivamente la violenza contro la minoranza musulmana e spesso le aggressioni contro i Rohingya seguono di poco l'arrivo nello stesso luogo dei monaci del 969.
Particolare preoccupazione desta anche l'ultima campagna del movimento a favore di una legge che proibisca alle donne buddiste di sposare uomini non-buddisti senza uno speciale permesso delle autorità locali. Nonostante l'evidente razzismo e odio propagato dal movimento 969 e nonostante la tanto declamata volontà di porre fine alle tensioni religiose, il governo del Myanmar continua a impedire l'accesso alle regioni in conflitto a diplomatici stranieri, agli ispettori delle Nazioni Unite, ad attivisti per i diritti umani e alle organizzazioni umanitarie. Invece di mettere fuori legge il movimento estremista il presidente birmano Thein Sein ne ha preso le difese definendo il 969 un "segno di pace".