Medicina a Trento, c’è l’ok
Il nodo è stato sciolto: Trento avrà il suo corso di studi in Medicina e Chirurgia. L’ufficialità è arrivata dal Comitato provinciale di coordinamento (riunitosi oggi, 21 gennaio, in Rettorato), che ha dato il via libera al progetto. Dopo una lunga fase di conflitto istituzionale tra l’università trentina, guidata dal rettore Paolo Collini, e la Provincia governata dal leghista Maurizio Fugatti il quale aveva deciso di rivolgersi a Padova - ritenuta più affidabile - per far aprire la facoltà, l’accordo è stato raggiunto. Imminente del resto era la scadenza dei termini per presentare l’accreditamento presso il Ministero. “Un risultato importante dopo settimane di confronto serrato, intenso ma sempre leale, tenuto conto dell’importanza della posta in gioco”, commentano il rettore Collini e l’assessore all’Università Mirko Bisesti.
“Resta ferma la volontà di attivare un progetto comune che preveda una effettiva e rilevante cooperazione accademica che possa ricomprendere gli atenei di Trento, Verona e Padova”, si legge nella nota inviata dall’UniTrento. “Tenuto conto delle modalità e dei tempi di accreditamento del nuovo corso di Medicina - che per l'anno accademico 2020/21 può essere ottenuta dal corso interateneo UniTrento/UniVerona approvato dai rispettivi organi di Ateneo – le tre università e la Provincia autonoma di Trento hanno concordato di attivare sin d’ora un tavolo di lavoro per definire ruoli, modalità e tempi per il coinvolgimento di UniPadova nel rispetto delle reciproche competenze, a partire dall’anno accademico successivo (2021-2022)”. Gli studenti trentini che frequentano la fase finale dei corsi di studi di Medicina a Verona o a Padova, fa sapere inoltre il Rettorato, potranno concludere gli studi del quinto anno a Trento presso le strutture dell’Apss, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari.
Un’occhio infine anche all’Alto Adige e in generale alla macroarea dell’Euregio, dove si auspica che la progettualità della Scuola di Medicina di UniTrento possa trovare terreno fertile, attraverso la collaborazione con le istituzioni competenti, come ad esempio l’Eurac, per soddisfare le esigenze della popolazione che insiste su questo ambito territoriale. L’obiettivo, del resto, è comune: ridurre nel giro di qualche anno la carenza di medici.