Quando la storia di uno diventa di tutti
Come è facile comprendere, da sempre arte e storia si incrociano e condizionano a vicenda, l’arte è frutto del presente nel quale nasce e del passato che ha portato a quel presente, e ogni tanto riesce a condizionare la storia stessa, non “solo” ad esprimerla ai massimi livelli fino a rendere comprensibile e soprattutto condivisibile il sentimento di un preciso momento storico a secoli di distanza, ma ad agire su di essa, modificando visioni e approcci.
Pensiamo al rapporto idealizzato eppure profondo, oltre che proficuo che ha legato l’arte del Rinascimento all’antichità, così come all’antico rispolverato all’epoca di Canova e David, oppure storicismo di Carrà e colleghi. Che sia diretto ed esplicito o sottinteso e nascosto, più che il rapporto tra arte e storia, a cambiare negli anni è il ruolo che si vuole riconoscere alla storia all’interno dell’arte, oltre naturalmente a ciò che per “storia” si intende in quel preciso momento.
Dalla Transavanguardia in poi, l’arte ha profondamente affinato il proprio approccio alla storia, della quale la produzione contemporanea fa un uso consapevole e smaliziato, che si avvale di un’acuta conoscenza storico-politica del passato, pensiamo per esempio a Mona Hatoum. La storia, riprodotta, citata e reinterpretata all’infinità, a volte si rivela una presenza evidente e quasi ingombrante, altre invece si nasconde tra le pieghe di un’opera, entrando profondamente nel suo stesso DNA, ma sempre è una presenza ricercata e condivisa, declinata con gli svariati mezzi espressivi a disposizione della produzione contemporanea.
Tra le innumerevoli tecniche espressive che connotano l’arte contemporanea, la scultura è forse quella che più di altre manifesta ancora la propria indipendenza dalla digitalizzazione e dagli strumenti che questa offre.
Spesso, chi si occupa di scultura, pur ricorrendo magari a materiali nuovissimi e hi-tech, ricorre a tecniche di lavorazione la cui origine si perde nel tempo, che richiedono lunghe fasi di elaborazione oltre che attese, come accade da millenni agli scultori e a chi si occupa di arti plastiche in genere.
In questi giorni a Bolzano è ospitata una mostra nella quale una serie di opere proietta l’osservatore all’interno del tempo scandito dalla scultura, attraverso un percorso che sospende lo scorrere dei minuti, per far coincidere storia e presente.
Negli spazi della galleria Antonella Cattani contemporary art, Hermann Runggaldier utilizza l’uomo o più precisamente il corpo umano, quale strumento per dare forma e visibilità ad un’analisi che approfondisce le relazioni che l’uomo contemporaneo è - o non più -in grado di tessere.
Nei cicli di opere in mostra, il corpo umano si trasforma in raffinato strumento di analisi dei legami interpersonali e delle dinamiche profonde, che ancorano l’esistenza umana alla natura, mentre la storia del singolo si trasforma in universale.
Nella serie di opere in mostra fino al 27 giugno, prende forma una delicata analisi della condizione umana, declinata ricorrendo a due diversi formati e ai relativi linguaggi. Da una parte, le coppie di figure a grandezza naturale, si pongono sullo stesso piano dell’osservatore, ne condividono lo spazio, nonché il presente. D’altro canto, i gruppi di figure di minori dimensioni, appaiono sospese all’interno di palcoscenici estranei a qualsiasi precisa collocazione storico-geografica, che per forza quindi diviene “qui e ora”.
Attraverso la propria ricerca, Hermann Runggaldier elabora una complessa esplorazione della condizione umana e del suo essere in relazione a sé stessa, agli altri, e ad una natura sempre presente anche se negata, che si rivela in una serie di rilievi caratterizzati da superfici levigate, all’interno delle quali fanno la loro presenza una serie di finestre, dalle quali si affacciano simbolici elementi naturali, che riportano l’uomo al proprio legame con la terra.
In questi lavori la storia personale si trasforma in universale, le vicende del singolo diventano quelle dell’intera umanità, riportando a quel senso di condivisione di un destino comune, così chiaro nelle pagine della storia eppure a volte così difficile da cogliere nel presente.