Culture | Fumetti

Le autonomie regionali secondo Asterix

Le nuove scorribande dei due celebri galli, attraverso l’Italia, alle prese con le mire espansionistiche di Cesare e il vento dell’indipendenza.
Asterix
Foto: Albert René Editions

I due irriducibili galli Asterix e Obelix, gli arcinoti personaggi creati nel 1959 da René Goscinny e Albert Uderzo, sono tornati. Una picaresca avventura li porterà in Italia (attraversando il Brennero indisturbati?), da nord a sud. Siamo nel 50 a.C., la penisola appare completamente sotto il dominio di Roma - che proprio ieri (21 aprile) ha festeggiato i suoi 2270 anni -, ma anche se Giulio Cesare sogna un’Italia unificata molte regioni rivendicano la propria indipendenza. E per le truppe dei legionari romani non si mette bene.
 

 

“Anche se a Obelix dispiace un po’, gli abitanti dell’Italia, non sono tutti Romani, anzi! Gli Italici ci tengono a preservare la propria autonomia e non vedono di buon occhio le velleità espansionistiche di Giulio Cesare e delle sue legioni”, si legge nella presentazione del volume. Le autonomie regionali affrontate nel popolarissimo fumetto francofono, un’idea che certamente piacerà a più di qualcuno, specie alle nostre latitudini. “L’Italia non si riduce a Cesare, Roma e il suo Colosseo - spiegano gli autori della storia Didier Conrad e Jean-Yves Ferri -. Ci siamo resi conto che per Asterix e Obelix era arrivato il momento di farsi un’idea più precisa di ciò che veramente era l’Italia! Cosa che crediamo non dispiaccia a Albert Uderzo, la cui famiglia è originaria di Venezia”. Il nuovo albo, il numero 37, dal titolo “Asterix e la corsa d’Italia”, uscirà nel nostro Paese il 26 ottobre, avrà una prima tiratura di oltre quattro milioni di copie e sarà pubblicato in più di 20 lingue.

 

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Hartmuth Staffler Sat, 04/22/2017 - 23:26

Wenn die Handlung um 50 vor Christus spielen soll, dann gab es damals natürlich noch kein Tirol, sondern nur ein nicht sehr genau umrissenes Rätien, das gleich nördlich von Verona begann, aber nicht zum römischen Herrschaftsbereich gehörte. Wohl aber importierte Rom rätischen Wein, den bereits Cato der Ältere (gestorben 149 vor Christus) lobte. Und die Römer staunten über die rätischen Holzfässer. Gaius Plinius Secundus Maior, kurz Plinius der Ältere, der 23 nach Christus in Como geboren wurde und 79 nach Christus beim Ausbrauch des Vesuvs im Golf von Neapel ums Leben kam, beschreibt dies in seiner 37bändigen Enzyklopädie „Naturalis Historia“ mit folgenden Worten: „Circa Alpes lignei vasis vinum condunt circulisque cingunt atque etiam hieme gelida ignibus rigorem arcent“, auf Deutsch: In den Alpen birgt man den Wein in hölzernen Gefäßen, umgibt diese mit Reifen und verhindert überdies in kalten Wintern durch Feuer das Gefrieren. Laut dem griechischen Geschichtsschreiber Strabo, der von 63 vor Christus bis 23 nach Christus gelebt hat, waren die rätischen Weinfässer sogar größer als die Häuser der Räter. Die Holzfässer eigneten sich jedenfalls für den Transport besser als die zerbrechlichen römischen Amphoren. Auch dürfte die rätische Barrique-Note (selbst wenn das Holz nicht Eiche, sondern Lärche war) dem leichten Bock-Geschmack der römischen Ziegenlederschläuche überlegen gewesen sein.

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