Generazione Voucher?
Dopo aver steso un elegante tappeto rosso di benvenuto al progetto Benko ed alle parallele e simpatiche iniziative per la creazione di un numero quasi incalcolabile di centri commerciali (alla faccia delle norme restrittive provinciali!), la sonnacchiosa, borghesuccia e ingenua città di Bolzano scopre che anche nel cuore del suo centro storico, teatro di attività commerciali fin dal Medio Evo e vetrina della città per milioni di turisti, inizia a farsi largo il cosiddetto “lavoro a Voucher”.
Di cosa si tratta?
Ci pensa l'Inps che li gestisce a darci le informazioni sul proprio portale:
“È una particolare modalità di prestazione lavorativa la cui finalità è quella di regolamentare quelle prestazioni lavorative, definite appunto 'accessorie', che non sono riconducibili a contratti di lavoro in quanto svolte in modo saltuario, e tutelare situazioni non regolamentate. Il pagamento avviene attraverso 'buoni lavoro' (voucher).”
I voucher sono al centro di grosse polemiche per l'incremento indiscriminato del loro utilizzo ormai in quasi tutti i settori lavorativi e per la relativa legislazione che, puchè sia lavoro, si dimostra sempre più debole e accondiscendente. Nella loro distanza siderale dà un'idea di lavoro dignitoso i buoni lavoro, così come li conosciamo oggi, da strumento per far lavorare studenti e pensionati senza intaccarne il reddito, diventano di fatto l'anello di congiunzione fra il lavoro vero e quello nero; una sorta di lavoro grigio, ma molto scuro. L'idea di renderli tracciabili, piuttosto che circoscriverne l'uso a poche tipologie possibili, potrebbe addirittura essere controproducente poiché si genererebbe una quantità incalcolabile di lavoro per gli organi di controllo.
Probabilmente l'azienda che in pieno centro storico ha affisso sulla propria vetrina un annuncio di lavoro come addetto alle vendite e pagamento a mezzo voucher, dal punto di vista normativo potrebbe anche essere in ordine; in questo caso la gravità sta negli aspetti culturali che questa triste e abberrante comunicazione rappresenta. La sicura buona fede di chi ha ideato l'annuncio senza preoccuparsi di una possibile e generale disapprovazione (che in parte c'è stata), ci da la misura di come il concetto di dignità e quello di lavoro siano irrimediabilmente scissi e, purchè sia lavoro, vanno bene anche queste forme di retribuzione che assomigliano di più alle mance dei nonni che ad uno stipendio.
Estratto dall'art. 36 della Costituzione della Repubblica italiana:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.