Razionalità in politica?
Prof. Egidi, attualmente in Europa e Italia si sovrappongono gli effetti di due distinte crisi: della politica e dei media tradizionali. In quale misura questi fenomeni sono intrecciati tra loro? Quali le strategie per riuscire a gestirli?
In questo momento nessuno sa rispondere a questa domanda, perché la crisi della comunicazione in larga parte passa attraverso i meccanismi social, dove spesso si formano delle opinioni senza alcun controllo, senza nessun meccanismo che permetta un’effettiva trasparenza. Un esempio di questo è il fatto che ormai ci sia una larga fetta di popolazione convinta che le vaccinazioni facciano male. Insomma: si ha l’impressione che precedentemente nei giornali la situazione fosse molto più controllata, perché ogni giornale ha una sua struttura di verifica e controllo dell’informazione. Ci troviamo insomma in una situazione di potenziale degrado.
Quali sono secondo lei i segnali più preoccupanti verificatisi negli ultimi tempi?
Il meccanismo dei social per tanti aspetti è interessante, ma priva le persone di un vero contraddittorio rispetto alle proprie idee. Gli utenti tendono più a trovare conferme, che non a cercare situazioni che consentano loro di ragionare ed anche, in certi casi, cambiare opinione.
“La democrazia è basata sul fatto che la gente possa e debba cambiare opinione.”
Come si declina la democrazia nei social media? In futuro occorrerà escogitare nuove forme di… ‘democrazia social’?
Sia i giornalisti che i politici hanno expertise e capacità importanti. Noi dobbiamo recuperare una situazione di fiducia che metta i politici in grado di fare delle proposte ai cittadini e che queste proposte possano essere poste davanti ad un’aperta discussione. E’ anche la perdita di fiducia nei confronti della politica verificatasi in diverse partiti del mondo, che genera una ricerca alternativa attraverso i social. In qualche modo bisogna che i politici riescano a rientrare in questo meccanismo e l’uscita dal vicolo cieco non può che avvenire attraverso l’esplicitazione di una leadership. Com’è successo in Francia: ci vogliono persone coraggiose che sappiano dire quello che pensano.
Questo deve avvenire anche ‘nei social’?
Sì, una volta veicolati dai media questi meccanismi è giusto che si ripercuota no anche là dentro. Ai social comunque non dobbiamo neppure dare un’eccessiva importanza, non sono convinto infatti che ci porteranno alla catastrofe. Ma ribadisco: c’è bisogno di una o più leadership alternative, altrimenti le persone si convincono delle cose più strane.
I nuovi pericoli legati all’irrazionalità social non devono però certo farci pensare che prima dell’avvento di quegli strumenti di comunicazione socializzata la democrazia fosse stata per così dire ‘esclusivamente razionale’.
Ovviamente. Anche se va ricordato che per sua costituzione la democrazia moderna è fondata sul fatto che esiste un grado limitato di competenze dei cittadini. Noi deleghiamo perché speriamo che quella persona, il politico, conosca meglio di noi il contesto in cui operare. Accettiamo di aver bisogno di qualcuno di cui fidarsi. Ed è una vecchia storia, in fin dei conti.
In questa fase però noi abbiamo più utenti di social network che elettori, in pratica. Con molti cittadini che pensano magari di non aver più bisogno della politica, perché hanno già i social. E pensano attraverso di essi di partecipare a sufficienza alla cosa pubblica.
Esatto. Saremmo tentati di pensare che la mattina ci alziamo, andiamo nei social, qualcuno ci propone una legge e noi votiamo, senza intermediari. Questo è un errore catastrofico. Perché vuol dire non sapere più qual è la complessità delle leggi e del mondo in cui ci muoviamo. Non possiamo pensare di essere esperti su tutto.
Chi è che deve prendere in mano la situazione? I social si muovono in maniera assolutamente trasversale. Chi può essere in grado di ‘regolarli’?
Le leggi che vincolano sono sempre molto pericolose perché limitano anche la libertà delle persone. Io credo che le leggi devono intervenire sono nei casi in cui sui social si scatenano opinioni potenzialmente pericolose per terze persone o per gruppi sociali. Se si scatenasse l’idea, che ne so, che tutti quelli che vengono dai paesi dell’Est portano malattie gravissime, ecco questo andrebbe sanzionato. Ma nell’intervento non si dovrebbe andare oltre. Perché il vero punto sta nel fatto che la politica deve riuscire a riprendere il suo cammino. Dopo essersi persa, in parte.