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L'impossibilità di chiamarsi

Intervista a Enrico Ianniello: attore, regista, traduttore e romanziere. Presentato a Bolzano il nuovo romanzo edito da Feltrinelli: "In scena si nasconde l'identità".
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Foto: Giangiacomo Feltrinelli Editore

Il libro e l'autore

La Compagnia delle Illusioni. Si chiama così il nuovo romanzo di Enrico Ianniello: attore, regista, traduttore e romanziere casertano. Ianniello è conosciuto nel mondo dello spettacolo per aver fatto parte della compagnia teatrale diretta da Toni Servillo, per avere ricoperto diversi ruoli avuti nei film di Nanni Moretti e anche per aver interpretato il commissario Nappi nella serie televisiva Un passo dal cielo, andata in onda su Rai 1 e con protagonista Terence Hill. Per quest'ultima è diventato un volto noto soprattutto in Sudtirolo, dove è ambientata la serie.

Per quanto riguarda il lato letterario, Ianniello ha vinto il Premio Campiello Opera Prima con il suo precedente romanzo, ovvero La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin. Ha ricevuto inoltre il premio John Fante - sempre per l'opera prima - e altri riconoscimenti nazionali. La Compagnia delle Illusioni, edito da Feltrinelli, è stato presentato venerdì scorso alla Libreria Ubik di Bolzano e con l'autore ha dialogato il direttore del quotidiano Alto Adige Alberto Faustini.

Sinossi

Il protagonista de La Compagnia delle Illusioni si chiama Antonio Morra, detto 'O Mollusco ed è un cinquantenne senza speranza che vive a Napoli insieme alla madre e alla sorella. Antonio dirige una piccola compagnia teatrale di dilettanti ma ha perso lo slancio di un tempo: per questo si fa chiamare 'O Mollusco, un essere senza spina dorsale, senza identità che tenga. Antonio finisce tra le ragnatele di Zia Maggie, una donna misteriosa che, con l'inganno e la persuasione, lo inserisce nella sua Compagnia delle Illusioni, un'associazione segreta che si occupa di fornire -  a chi lo richieda - un attore per ogni ruolo si desideri, per ogni illusione e trucco che sia voglia creare. Non tutto andrà per il meglio.

L'intervista

salto.bz: Leggendo La Compagnia delle Illusioni si può pensare anche al precedente romanzo, La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin, poiché in entrambe le storie - molto diverse tra loro, s'intende - sono presenti due gruppi di scapestrati che agiscono sul reale: è un motivo ricorrente, un tema a cui tiene?

Enrico Ianniello: Sì, per alcuni versi. Però si deve dire che Isidoro era un ragazzino prodigio, circondato - a suo modo - da un gruppo di persone che l'aiutavano nello svolgere il suo compito. Per quanto riguarda l'ultimo romanzo - appunto - il gruppo di persone che agisce nella storia in realtà è quasi criminale, verso i tre quarti della storia accumula così tanto potere di influenza sul reale da diventare pericoloso. Quello di Isidoro, invece, era un gruppo amorevole, gioioso. Sono gruppi, sì, ma antitetici.

Una cosa che accomuna però molto i due personaggi dei miei romanzi, uno Antonio Morra e l'altro Isidoro, è una mancanza, una perdita. Entrambi perdono la capacità di esprimersi, a seguito di un evento traumatico.

 

 

Per quanto riguarda l'ambientazione, ovvero la città di Napoli, come reagisce la città fittizia all'operare della Compagnia delle Illusioni e come secondo lei reagirebbe la Napoli reale?

La Napoli reale cambia pelle molto più velocemente nella Napoli fittizia ed è proprio questo che ho tentato di dire all'interno del romanzo. Napoli è una città totalmente porosa: si lascia attraversare da tutto: da qualsiasi movimento culturale, che accetta e tollera, porta avanti. Questo è il nucleo e per quanto gli artisti si possano sforzare di modificare la città, la città sarà sempre più veloce, più brava a mutare, aldilà del simbolico.

Scrivendo il romanzo ha scoperto qualcosa di nuovo sul mestiere dell'attore, che è quello che la tiene più impegnato dopo quello di regista o romanziere?

Sì, ho fatto delle riflessioni in più sul mestiere. Di solito si tende a pensare all'attore come a una persona angosciata dal portare la propria identità in scena, che sia a teatro, al cinema o in televisione. In realtà nel novanta percento dei casi si fa questo mestiere per nascondere la propria identità, per confrontarsi con le varie identità dei personaggi che si interpreta e per farlo ci si deve necessariamente nascondere dietro a una maschera. In scena si nasconde la propria identità.

Parliamo dell'importanza dei soprannomi all'interno del romanzo: se Antonio Morra non si chiamasse 'O Mollusco, potrebbe avere qualche altro soprannome o è irripetibile, unico? Diventerebbe un altro personaggio di questa tragi-commedia oppure potrebbe diventare ogni tipo di personaggio?

Il mollusco indica proprio la sua totale assenza di carattere e l'assenza totale di un nome che lo caratterizzi. Lui sceglie proprio il mollusco, perché a un certo punto dice che durante la sua vita, ci sarebbe in atto una progressiva molluschizzazione della sua persona. Morra sente di sentirsi sempre più incapace di essere partecipe della sorte degli uomini, di provare compassione per gli altri, si isola nel suo essere una cozza. Lui sceglie un nome che indica l'impossibilità di chiamarsi.

 

Quale tipo di illusioni sono presenti nel romanzo, qual è la sua idea di illusione profonda che permea il racconto?

La più profonda illusione è la capacità di giocare, come spiega bene il personaggio di Zia Maggie. Più che altro il tema dell'illusione è collegato al modo in cui noi possiamo immaginare il mondo futuro, anche solamente il nostro. Ci sono due strade: una riguarda l'immaginare un mondo migliore, l'altra - invece - è una strada fatta solo di recriminazione e di frustrazione personale. Se si imbocca la seconda strada, piena di "Perché questo non mi è stato concesso?", allora il mondo diventa all'improvviso un mondo sgradevole.

Spesso facciamo l'errore di sovrapporre l'autore e il narratore, l'autore e il protagonista. I lettori, gli amici, le persone che la conoscono, hanno mai fatto questo tipo di sovrapposizioni tra lei e il personaggio di Antonio Morra?

Sì, capita molto spesso, così com'è successo con il mio primo romanzo. Certo, lo si fa sbagliando ma può diventare un gioco divertente con i lettori. Almeno, ogni tanto io ci gioco un po'.