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Ma che fine fa tutta quella plastica?

A causa degli errori nello smaltimento solo il 42% di quanto viene introdotto nelle campane blu viene effetivamente riciclato. Ogni anno bruciate oltre 470 tonnellate.
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Foto: Salto.bz Fabio Gobbato

Entrando nell’immenso capannone della ENERGIE AG, poco lontano dall’abitato di Egna, guardando sulla destra si viene subito colpiti dall’immagine resa dalla montagna di rifiuti svuotati dalle campane della plastica. Una possente ruspa da cantiere rovescia il materiale, cassone dopo cassone, in un grande contenitore dotato di un dispositivo per l’apertura dei sacchetti, a sua volta collegato con un nastro trasportatore. Questo arriva in un fabbricato rialzato dentro al quale sei operai procedono allo smistamento. Vedendo tutto quello che passa sul nastro e ciò che resta dopo il lavoro di separazione fatto alla velocità della luce, l’impressione visiva è che almeno la metà (!) di ciò che transita non dovrebbe trovarsi su quel nastro. Ed è proprio così. Alla domanda secca che ha fatto nascere l'idea di questa miniserie "quanta percentuale di ciò che viene introdotto nelle campane (2200 tonnellate nel 2020) viene effettivamente avviato a riciclo", la risposta, fatti 2.500 calcoli, comparazioni e stime, è il 42% (942 tonnellate). Senza un'adeguata contestualizzazione, la cifra non è in realtà così significativa. Più avanti, inoltre, potrà sembrare contraddetta da altre cifre ma qui, va ribadito per chiarezza, si parla di plastica effettivamente riciclata sul totale del materiale introdotto, che, come si è visto nel primo articolo, è composto da una grande quantità di scarto anche (ma non solo) per le cattive abitudini dei cittadini.

 

 

Nel corso dei 10-15 minuti trascorsi ad osservare il nastro trasportare in compagnia del CEO di Energie AG, Lorenzo Barbon e di Andrea Girinelli di SEAB, è stato tutto un alternarsi di reazioni emotive, tra l’indignazione mista a stupore per le cose assurde che si vedono passare (scarpe, bottiglie di vetro, un frullatore …) al senso di colpa per avere realizzato a più riprese di aver commesso negli anni una marea di errori nello smaltimento. Quanti spazzolini da denti e vecchi giocattoli avrò gettato nelle campane blu convinto di fare la cosa giusta? E il Tupperware che girava da anni in cucina orfano di coperchio? Ricordo bene di averne introdotto uno nella campana qualche settimana fa, ma fortunatamente non è quello agguantato poco fa al volo da Lorenzo Barbon. Il mio era diverso. Se fosse stato lo stesso mi sarebbe venuto un colpo. 

 

Per non parlare delle decine e decine di sacchetti bio che ho utilizzato per portare i rifiuti alle campane. Su quelli, inoltre, come aggravante dei sensi di colpa, all’atto dell’inserimento mi era venuto più di un dubbio, assieme, però, alla certezza che non sarebbero dovuti andare in nessuna delle altre campane. E quindi? Invece di riportare il sacchetto appiccicoso, umidiccio e maleodorante al cassonetto dell’indifferenziato 200 metri più in là, fino alla settimana scorsa era stato per me più facile inserirlo nella campana col pensiero rassicurante che qualcuno sicuramente avrebbe poi fatto la cosa giusta. La cosa davvero curiosa è che da quando sono stato nel centro di smistamento dei rifiuti di Egna mi sono chiesto varie volte se non ci fosse una via amministrativa per fare in modo che a Bolzano, dove non c’è un impianto per lo smaltimento dell’umido in grado di digerire i sacchetti bio, i supermercati semplicemente non li potessero vendere. Sicuramente l’articolo della settimana scorsa non c’entra per nulla, ma da qualche giorno, miracolosamente, per una felice coincidenza, nel supermercato vicino a casa gli shopper bio sono scomparsi da sotto la cassa per lasciare spazio a robusti sacchettoni di carta. Un problema in meno. Ma la montagna di sacchetti bio resterà.

 

Per ricapitolare brevemente quanto scritto nel primo articolo, va ricordato che al di sotto del fabbricato dello smistamento si trovano i cassoni che contengono i rifiuti inseriti nelle campane per errore, mancanza di informazione o per cialtroneria. C’è quello del tetrapack (che andrebbe portato al centro riciclaggio), c’è quello della plastica che non è imballaggio ma è riciclabile, c’è quello della plastica non riciclabile che non è imballaggio (in genere le plastiche dure come quelle degli utensili in plastica …), quello del vetro e del metallo (!), quello del R.A.E (gli elettrodomestici in plastica), quello dei fili in rame degli elettrodomestici che invece per ENERGIE AG rende abbastanza bene. In tutto questo la società austriaca che smista i rifiuti riesce a far riciclare circa 130 tonnellate di frazioni  “sbagliate” (non imballaggi), mentre le circa 470 tonnellate di plastica non riciclabile  (su un totale sempre di 2200 tonnellate raccolte) vengono mandate in due termovalorizzatori d'Oltrebrennero dove generano calore per il teleriscaldamento.

Regole e cifre

Il lavoro di ricerca effettuato nelle ultime settimane ha prodotto la convinzione che quello dei rifiuti e del riciclo sia uno dei campi più complessi dello scibile amministrativo. Unione europea e Stato italiano hanno prodotto una selva di norme in cui è facilissimo smarrirsi. E quando si fanno calcoli, percentuali, sottrazioni e comparazioni, è un attimo perdere l’orientamento. Non è facile, se non con delle stime, capire quanta della plastica introdotta nelle campane non sia invece riseparabile per polimero e venga quindi, come dicono gli esperti, “avviata a recupero energetico” perché brucia da dio.

La percentuale di riciclato è, come si è visto, apparentemente bassa, ma di fatto il dato è coerente con quanto richiesto dall’Ue, dal momento che gli obiettivi parlano di “riciclo e recupero energetico”. Per i rifiuti da imballaggio in plastica, l’obiettivo sancito dall’Ue è il riciclo del 50% entro il 2025 e del 55% entro il 2030.

Vediamo nel dettaglio qualche altra cifra. Nel 2020 il 58% di materiale plastico estratto dalle campane blu (1276 tonnelalte) è stato consegnato a COREPLA. Circa il 63%  di queste 1276 tonnellate (804 tonnellate) è stato riciclato. Sono state avviate a recupero energetico e quindi bruciate 472 tonnellate di plastica.

 

Del contenuto delle campane blu, dunque, il 47% è stato avviato a riciclo (1035 tonnellate su 2200). Delle 1035 tonnellate solo 804 sono costituite da plastica, per il resto, 231 tonnellate, in parte a causa dell’imperizia dei cittadini che buttano nelle campane blu altri materiali ma in alcuni casi per il modo in cui sono fatti alcuni imballaggi, sono di carta, cartone e metalli e quindi a loro volta riciclabile. Viene dunque avviato a recupero energetico, e cioè bruciato in termovalorizzatori, il 53% (1165 tonnellate) di quanto viene inserito nelle campane della plastica.

Come si spiega uno scarto del 42%? “imperizia dei cittadini?”. “Nel 2012 – spiega Andrea Girinelli, ingegnere SEAB responsabile dell’area servizi ambientali – nelle campane in teoria doveva andare solo bottiglie e flaconi e venivano raccolte 544 tonnellate, con uno scarto del 25% e una quantità di contenitori per liquidi (CPL) tra il 45-50%. Nel 2013 si è passati alla tariffa puntuale, con la quale i cittadini pagano in base alla produzione di rifiuti. E’ stato questo il momento chiave in cui la quantità di rifiuti conferiti nelle campane blu è di fatto quasi quadruplicata. Ma già prima del 2013 nelle campane ci finiva praticamente di tutto”. Ammettere tutti i tipi di plastiche nelle campane a partire dal 2013 non è stata dunque una furbata del Comune per aumentare vertiginosamente i dati della raccolta differenziata. “E’ stato il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi (Corepla), che, vedendosi tassati tutti gli imballaggi in plastica ha iniziato a raccoglierli tutti e quindi pure il Comune di Bolzano si è adeguato prevedendo che nelle campane possano essere inseriti tutti i tipi di imballaggi in plastica. Allora la percentuale di CPL era ovviamente più elevata, vicina al 50%, ma la quantità di materiale raccolto era molto inferiore”.