Culture | Diario di viaggio

Mozambico (parte 2)

tra parchi naturali e secoli di storia
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Ihla de Mozambique, poco dopo il tramonto
Foto: Giulia Pedron © Tutti i diritti riservati

Come dicevo all’inizio, in Mozambico il paesaggio cambia continuamente.

Dopo Vilankulo ci siamo addentrati nell’entroterra per raggiungere il Gorongosa National Park e quindi davanti a noi non vedevamo più l’oceano infinito ma un ambiente fatto di foreste, praterie e zone paludose.

Il Gorongosa National Park è un'area naturale protetta del Mozambico centrale che occupa una superficie di 4,000 km². Dopo la lacerante guerra civile che è durata fino al 1974, all’interno del Parco erano rimasti pochissimi animali. Nel 2004, l’organizzazione non profit Carr Foundation, ha iniziato un progetto per ricostruire le infrastrutture del parco, ripristinare le popolazioni di animali selvatici e stimolare lo sviluppo economico locale, aprendo un nuovo importante capitolo nella storia del parco.

Tra il 2004 e il 2007 la Carr Foundation ha investito oltre 10 milioni di dollari nella riqualificazione del parco. I progressi sono stati visibili fin da subito e oggi il Gorongosa ospita una grande varietà di animali e piante, alcuni dei quali non si trovano in nessun'altra parte del mondo. Anche se la probabilità di avvisare alcuni grandi mammiferi è più bassa rispetto ad altri parchi africani, visitare il Gorongosa significa anche credere nel progetto e appoggiare il grande lavoro di tutti coloro che ci stanno dietro. Noi, per motivi di tempo, siamo rimasti solo due giorni ma se avessimo avuto la possibilità ci saremmo sicuramente fermati di più.

Tappa successiva, salendo verso il nord del Paese, Guruè. Già arrivarci è stata un’avventura, in Mozambico infatti non sai mai se e quando arriverai in un preciso posto. Gli “autobus” non partono a orari stabiliti ma solo quando sono pieni e questo a volte significa aspettare ore e ore: bisogna sempre considerare la possibilità di non arrivare a destinazione il giorno che si aveva inizialmente intenzione di arrivare. “In Europe you have clocks, in Africa they have time” mai come in questi momenti mi torna in mente questa frase che mi aveva detto anni fa da un volontario americano.

Complicanze logistiche a parte, una volta arrivati a Guruè, anche se distrutti, eravamo contenti (e così è successo in ogni posto!).

Circondata da fertili colline verdi con immense piantagioni di tè ordinate, Gurué è una città che si trova ad un’altitudine di 720 m e per questo motivo offre un clima più fresco rispetto alle calorose città costiere. L’attrazione principale sono i dintorni caratterizzati da un colore verde intenso che contrastano con il rosso acceso delle stradine sabbiose. Cespugli di tè, cascate nascoste, grandi eucalipti, Gurué è il luogo perfetto per perdersi nella natura.

Ultima tappa del viaggio, Ihla de Mozambico, per lungo tempo la capitale della colonia portoghese del Mozambico, un concentrato di storia e un intreccio di culture. Ihla de Mozambique, nominata patrimonio dell’UNESCO è, purtroppo, una delle destinazioni turistiche in più rapida crescita del Mozambico. Dico purtroppo perché un turismo “non controllato” rischia di trasformarla in un anonima località turistica dove resort e hotel di lusso prenderanno il sopravvento. Per ora Ihla de Mozambique rimane un paradiso, una piccola isola al largo della costa settentrionale del Paese  bagnata da acque cristalline dove l’influenza portoghese è ancora visibile nei palazzi coloniali conservati alla perfezione che ricordano però anche un lungo e terribile periodo di sofferenza: gli abitanti dell’isola furono fatti schiavi e costretti a vivere nella zona sud in condizioni disumane.

Oggi la popolazione è dedita soprattutto alla pesca ed è in prevalenza di etnia macua, con evidenti influenze arabe e portoghesi. La gente parla il macua e un dialetto dello swahili.

Un mese nella terra della Boa Gente non è abbastanza per conoscere l’intero Paese ma è stato sufficiente per farci partire con la voglia di tornarci!

Giulia Pedron

www.giuliapedron.com