Enrico Merlin e Marco Albertazzi: i migliori ma fuori...

Il destino di questo Paese è affidato a chi produce, a coloro che a ogni livello e in qualsiasi settore meritano l'attenzione per ciò che quotidianamente fanno. Ebbene i due casi che riportiamo, perchè qui è necessario fare nomi e cognomi sono clamorosi. Enrico Merlin e Marco Albertazzi sono due vere eccellenze del Trentino a livello internazionale. Il primo è il maggior esperto di Miles Davis al mondo, saggista, musicista, docente, autore di straordinarie iniziative in campo artistico e musicale, il secondo è semplicemente uno dei maggiori esperti del Medioevo in assoluto con una bibliografia imbarazzante. Naturalmente out da Conservatorio e Università.
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I migliori in Italia sono fuori da tutto. Da Conservatori, Università, incentivi, contributi, borse di studio, sovvenzioni. Sbarcano il lunario in una condizione di indigenza, affidandosi a una passione multiforme che li costringe a una vita sul filo del rasoio per mantenere la loro coerenza interna, per comunque offrire in una qualche forma ciò per cui sono venuti al mondo.

I casi di Enrico Merlin e Marco Albertazzi, due trentini d'eccezione, ma ce ne sarebbero altri, sono forse quelli che suscitano la maggiore indignazione. Basta andare in rete per rendersene conto, vagliare le loro credenziali, dare un colpo d'occhio ai loro curricula, e osservare da vicino una produzione di opere che lasciano stupefatto anche l'occasionale e distratto cultore della materia. Se poi si prendono in mano i loro libri, si leggono, si studiano, si rimane ulteriormente scandalizzati che due persone, così diverse per interessi ma simili per qualità, non trovino collocazioni adeguate, a casa loro in primis.

Perchè non è possibile riempirsi continuamente la bocca di presunte eccellenze e poi guardare in faccia una realtà che conosce il diritto dei protetti e degli immanicati, senza prendere in esame la bontà dei "prodotti", di una manifattura speciale e importante come quella di una cultura vera, originale, profonda, recensita a livello internazionale, mentre sotto casa ti sorpassano le amanti, l'amico di..., l'affiliato nel migliore dei casi, il mafioso, l'ecclesiastico e il massone, di norma.

Per assurdo sarà la crisi economica, che fa sentire il rumore sordo della battaglia a brevissimo anche nelle autonomie speciali, a non risparmiare i vecchi equilibri, pena la definitiva irrilevanza, nel quadro folle della demolizione del quadro regionale, l'unica cornice e minima per un ulteriore scatto di una terra chiamata a mettere in rete i produttori, solo coloro che possiedono gli strumenti di una conoscenza dura come il diamante. La crisi è destinata a sfrondare l'apparato di un'autonomia parassitaria, può essere un bene non comune, ma degli individui che si mettono davvero in gioco con regole chiare, trasparenti che la politica deve perseguire.

Vengono i brividi a consultare, solo per fare un esempio, le prebende offerte al sistema della comunicazione dall'ente regionale, un sistema di imbonimento informativo con risorse insostenibili in nessuna realtà italiana nell'attuale assetto di disfacimento del tessuto economico e sociale. L'inversione di rotta, una vera e propria conversione a U per comunità destinate a fuoriscire da un sistema clientelare assistito, inamissibile, non sarà indolore e di ciò i trentini, finalmente, cominciano a avvertire il segno.

Il ritardo delle riforme in un Paese economicamente già fallito lascia senza speranze. La Thatcher nei primi Ottanta demolì un intero sistema di sprechi e di spese non necessarie (le pensioni alte, ad esempio, non solo i minatori improduttivi), Schroeder agli inizi del 2000 ha voltato come un calzino il sistema del welfare tedesco e ne vediamo i risultati. E noi?