Il sindacato coinvolga anche i giovani
Alfred Ebner, segretario generale della Cgil-Agb in Alto Adige, come si sta preparando il sindacato al doppio appuntamento congressuale, sia locale che nazionale?
Siamo adesso nella fase preparatoria del congresso nazionale, previsto nella seconda metà del mese di gennaio 2019 a Bari. Siamo ben oltre la scadenza naturale, una scelta nata affinché l’assemblea non si sovrapponesse alle elezioni politiche del 4 marzo. Nel frattempo a cascata ci saranno tutti i momenti assembleari sui territori. Il Congresso locale dovrebbe svolgersi, secondo quanto poi deciderà nel dettaglio il nostro direttivo a giugno, durante il mese di novembre 2018.
Finisce, dopo otto anni, l’era di Susanna Camusso. La persona che le succederà sarà all’altezza delle sfide per la Confederazione generale dei lavoratori italiani?
È importante che la Cgil arrivi unita all’appuntamento e che al congresso di Bari ci sia una discussione aperta, che affronti i problemi che abbiamo di fronte. Da questa scaturirà il nome di chi succederà all’attuale segretaria generale. Vorrei però ricordare che noi non ragioniamo su chi sarà il leader maximo. Siamo una struttura partecipativa in cui operano in tanti e questo è un valore in termini di democrazia da salvaguardare.
In Alto Adige in quale situazione la Cgil-Agb si avvicina al suo congresso provinciale?
Abbiamo superato i 35.000 iscritti e siamo il secondo sindacato più rappresentativo della provincia di Bolzano, dopo la Cisl. Posso dire che questa Cgil-Agb è sicuramente in salute. Bisogna però cominciare a cambiare qualche cosa per rispondere ad un mondo in rapida evoluzione e lo lascio come messaggio a chi verrà dopo di me.
Lei lascia dopo una lunga esperienza direttiva nell’organizzazione di via Roma. Qual è la sua storia sindacale?
Sono, posso dire, un vecchio del mestiere, anche se l’attività sindacale non è meramente una professione. Personalmente ho fatto il segretario generale a Bolzano dal 1998 al 2006, poi per 5 anni ho guidato i pensionati. Nel 2013 sono stato richiamato alla segreteria generale. Adesso finalmente, a 65 anni, vado in pensione e sicuramente troverò qualcosa da fare. Mi considero una vittima, come tante, della legge Fornero e in materia di età pensionabile parlo con cognizione di causa. Conosco gli effetti di quella la normativa. Sono stato bloccato più di una volta. I nati negli anni 50, tra i quali ci sono io stesso, sono stati effettivamente tra i più colpiti.
Hanno ragione quindi Lega e Movimento 5 stelle a voler modificare la severa riforma pensionistica che mise al sicuro i conti statali, a costo però di conseguenze drastiche sui lavoratori?
La posizione della Cgil sulla legge è nota. All’epoca, quando si approvò quella manovra, c’erano rischi finanziari per il Paese. Noi l'abbiamo subita, sicuri che fosse un sacrificio breve e che poi il tutto venisse rivisto. Un’altra riforma ora ci vuole, non ci sono dubbi.
Cosa suggerisce allora a chi prenderà da lei il testimone alla guida della Cgil-Agb?
Bisogna impegnarsi, e forse non abbiamo fatto sinora abbastanza, per le nuove generazioni. Vanno trovati i modi e gli strumenti giusti per avvicinare i giovani. Dobbiamo adeguare anche il nostro linguaggio, che è ormai stagionato. Il volantino oggi magari funziona meno, vanno meglio twitter e i social, con tutte i limiti che conosciamo a partire delle fake news, che sono sempre in agguato.
Il precariato è una piaga che si insinua anche nel rapporto tra giovani e sindacato, percepito come una tutela solo per i già garantiti. È così?
Il precariato è nato anche per le "riforme" del diritto del lavoro a cui ci siamo sempre opposti. Matteo Renzi con il Jobs act ha forzato definitivamente la mano ed è stato penalizzato in prima persona nelle tornate elettorali. Gli elettori non lo hanno certo ringraziato. Ma non ci sono solo le scarse tutele contrattuali tra i problemi da affrontare per le nuove generazioni. Penso per esempio ai cambiamenti nella produzione, all’automazione e alla digitalizzazione, alla delicatezza della questione della privacy con il rischio di un controllo su 24 ore dei lavoratori tramite braccialetti elettronici e altre diavolerie.
L’Industria 4.0 non è sempre positiva per le condizioni del mondo del lavoro?
Bisogna capirsi su cos’è effettivamente l’Industria 4.0. Ma a prescindere: sono processi che vanno governati dalla politica e dal sindacato. Non si può pensare infatti che tutto quello che la tecnologia permette sia lecito e giusto. Senza regole uno vince e tutti gli altri perdono. Amazon per esempio con i vantaggi tecnologici che ha può oggi mettere fuori mercato gli altri operatori. I monopoli sono però dannosi per la società. Anche in Alto Adige la digitalizzazione va avanti. Bisogna però porsi il problema del fatto che le nuove tecnologie non devono essere a favore di pochi, ma favorire il benessere collettivo, l’avanzamento della società. Non è una posizione ostile al progresso, ma i processi vanno governati, per non lasciare sole le persone.