CETA, a che punto siamo?
Non si placa l'ondata di mobilitazione per chiedere all'Unione europea di abbandonare il tavolo delle trattative con gli Stati Uniti per il Trattato transatlantico di libero scambio (TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership) e di non ratificare il già negoziato Accordo di liberalizzazione con il Canada (CETA, Comprehensive Economic and Trade Agreement). Dopo le manifestazioni in Germania e a Bruxelles, le reti europee #StopTTIP e #StopCETA si sono date appuntamento al Consiglio europeo di Bratislava, dove oggi si terrà l'incontro informale dei 28 ministri al commercio sul futuro delle politiche commerciali dell'Europa nel corso del quale saranno ricevute le delegazioni della società civile. Se il TTIP, al quindicesimo ciclo di negoziati, era stato dato per morto dal governo francese e dal vice-cancelliere tedesco Gabriel, il CETA si trova invece a uno stadio molto più avanzato. “Bisogna costruire ponti anziché muri” hanno dichiarato domenica a Bratislava la commissaria europea al commercio Cecilia Malmström e la ministra al commercio del Canada Chrystia Freeland, che sarà presente all'odierno summit informale. Il 18 ottobre i ministri degli esteri degli stati membri dell'Unione euroepa dovranno esprimersi sul CETA – e sarà sufficiente la maggioranza semplice – mentre l'accordo definitivo sarà presentato da Malmström e Freeland e firmato dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker e dal premier canadese Justin Trudeau nel vertice UE-Canada del 27 ottobre. Dopo l'approvazione del Parlamento europeo, alcune parti del CETA entreranno in vigore all'inizio del 2017 in maniera transitoria, in attesa che tutti i parlamenti nazionali ratifichino il testo per esteso. Quali parti sottoporre al voto dei singoli parlamenti sarà deciso a Bratislava: per Juncker dovrebbe essere solo il capitolo relativo agli investimenti. Non è dato sapersi cosa accadrebbe se un parlamento bocciasse il CETA: sarebbe un precedente inedito.
I critici considerano il CETA “l'altra faccia della medaglia” del TTIP, ovvero un favore alle multinazionali e un passo verso ulteriori privatizzazioni. Il CETA dovrebbe far cadere il 99% dei dazi doganali tra UE e Canada, con l'esclusione di alcuni prodotti agricoli (fermo restando che il Canada è il terzo produttore mondiale di OGM). Ci sarà il riconoscimento di una serie di standard del partner commerciale, in primis nell'industria automobilistica. L'Unione europea avrà accesso ai settori dei servizi finanziari, della telefonia e dell'energia. Secondo uno studio del “Tufts University Global Development and Environment Institute” di Medford, negli USA, il CETA porterebbe però a una bassa crescita economica e alla perdita di posti di lavoro: 200mila in Europa e oltre 20mila in Canada.
SPD pro, SPÖ contro.
In Germania, 320mila persone in sette città sono scese in piazza sabato scorso per protestare contro CETA e TTIP: secondo un recente sondaggio Ipsos, il 28% dei tedeschi ha dubbi sui vantaggi degli accordi, mentre il 52% è convinto che i negoziati porteranno a un indebolimento degli standard qualitativi dei prodotti. Le manifestazioni si sono svolte alla vigilia della convention della SPD, lunedì pomeriggio a Wolsburg, nella quale i delegati di partito erano chiamati a esprimersi sull'appoggio tedesco all'accordo commerciale con il Canada. Il 66% dei delegati socialdemocratici ha appoggiato il documento favorevole al CETA del segretario, vice-cancelliere e ministro all'economia Sigmar Gabriel. Proprio le recenti dichiarazioni di Gabriel a proposito della morte de facto del TTIP avevano fatto pensare a una manovra per salvare il CETA. Tra i più accesi critici del CETA, assieme a Belgio, Romania e Bulgaria, troviamo l'Austria, dove il fronte del “no” conta su di un sostegno consistente e trasversale: per un sondaggio d'opinione commissionato da Greenpeace e pubblicato dal tabloid “Krone”, il 94% degli intervistati (che si sono fatti un'opinione sull'argomento) sono contrari al TTIP, mentre il CETA è malvisto dall'85% degli austriaci. Secondo Eurobarometer, non c'è paese europeo con una più ampia contrarietà al TTIP. Il cancelliere e leader socialdemocratico Christian Kern, in carica da maggio, ha espresso le sue perplessità riguardo al trattato con il Canada. E così, al contrario dei compagni tedeschi, l'88% degli iscritti della SPÖ ha bocciato il CETA in un questionario online. Un eventuale veto del parlamento austriaco – dove la scorsa settimana si è svolta un'audizione fiume sui trattati transatlantici – stopperebbe il CETA.
Il cancelliere austriaco e leader socialdemocratico Christian Kern, in carica da maggio, ha espresso le sue perplessità riguardo al trattato con il Canada.
E l'Italia?
Nel frattempo, come riportato in un articolo di Monica Di Sisto sul Fatto Quotidiano, il Ministro italiano allo sviluppo economico Carlo Calenda – con altri undici colleghi di Spagna, Portogallo, Regno Unito, Irlanda, Estonia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Svezia e Finlandia – ha firmato una lettera inviata alla Commissione europea nella quale si assicura il sostegno incondizionato del governo italiano alla conclusione delle trattative del TTIP e all'approvazione del CETA nel più breve tempo possibile, nonché all’applicazione provvisoria dell'accordo con il Canada in attesa delle singole ratifiche parlamentari. In un'altra lettera alla Commissione pubblicata da un leak della Campagna “Stop TTIP Italia”, Calenda espresse la disponibilità dell’Italia a esautorare i parlamenti degli stati europei dal proprio potere di ratifica. Un proposito ribadito ieri da 41 europarlamentari, che chiedono l'entrata in vigore del trattato con il solo voto favorevole della plenaria a Strasburgo: "Sostenere che a garantire il controllo democratico siano solamente i voti delle assemblee nazionali rappresenta un implicito declassamento delle competenze del Parlamento europeo".