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Barriere molli

L’Otello Circus del Teatro La Ribalta di Bolzano, la compagnia di Viganò composta da attori con disabilità, fa faville. E finisce sull'inserto del Corriere della Sera.
Otello Circus
Foto: Vasco Dell'Oro

Signori, va in scena la disabilità. L’universo umano della compagnia “La Ribalta” di Bolzano alle prese con l’’“Otello Circus”, l’opera lirico-teatrale ispirata alle opere di Giuseppe Verdi e William Shakespeare diretta dal regista Antonio Viganò accompagnata dall’Orchestra AllegroModerato di Milano con la direzione musicale di Marco Sciammarella e Pilar Bravo, è finito sul palcoscenico (è il caso di dire) nazionale, celebrato sulle pagine dell’inserto del Corriere della Sera “Buone notizie”.  

 

 

“‘Otello Circus’ è tragedia e melodramma, giocolieri e acrobati, pagliacci e suonatori. Una scommessa azzardata. Per rischiare ci volevano la visionarietà di Antonio Viganò e la tenacia di Marco Sciammarella: far lavorare insieme attori con disabilità (professionisti) e musicisti con fragilità psico-fisiche accompagnati dai giovani professori d’orchestra che sono i loro compagni di fila”, scrive Ariel Pensa, giornalista del magazine, raccontando l’incontro fra le due realtà artistiche. 

Lo spettacolo ha registrato una fila di sold-out al teatro dell’ex Paolo Pini di Milano dopo il Comunale di Ferrara e fra dicembre e gennaio tornerà a casa, a Bolzano, per una serie di repliche prima di partire per una tournée internazionale che toccherà paesi come l’Iran e l’Argentina. 

 

 

“Questo Otello è anche un viaggio nella consapevolezza dei miei attori, sempre più consci di non rappresentare solo se stessi, ma anche grandi personaggi. La loro particolarità si fa ricchezza: la personalità di ciascuno aggiunge ombre magnifiche ai ruoli che interpretano. Poi c’è la tradizione del teatro popolare: il circo scespiriano dei sentimenti umani con l’aggiunta della musica. E per noi lavorare con l’orchestra è stato un altro clamoroso passo avanti”, riferisce Viganò.

Gli fa eco Sciammarella: “Per i nostri musicisti speciali è un’occasione di formazione: noi non siamo professionisti, ma vogliamo essere professionali. Del resto non facciamo musico-terapia, ma crediamo fermamente che misurarsi con l’arte faccia crescere la qualità della vita; progettiamo un’accademia che abbracci oltre alla musica altre forme di espressione. E la gratificazione che ci può dare un pubblico severo è ineguagliabile”. E intanto in Alto Adige l’hype, come si suol dire, cresce.

 

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