Violenza contro le donne nella società
In un’epoca che si professa civilizzata come la nostra, le Nazioni Unite hanno giustamente definito la violenza sulle donne “un flagello mondiale”, un fenomeno barbarico che sta raggiungendo dimensioni preoccupanti, perché non comprende solo l’aggressione fisica ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze e persecuzioni di vario genere, fino a sfociare nella forma estrema e drammatica del femminicidio.
È ormai dimostrato che la violenza contro le donne è diventata radicata sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali, a tutti i ceti economici e culturali; sono spesso mariti, fidanzati, compagni di vita e padri, seguiti dagli amici, vicini di casa, conoscenti stretti, colleghi di lavoro o di studio.
Bisogna inoltre precisare, per evitare stereotipi devianti e socialmente dannosi, che queste violenze non sono commesse solo da uomini sbandati, malati di mente, tossicodipendenti, migranti, persone che vivono ai limiti della società, ma anche da individui cosiddetti “normali”.
Siamo di fronte a una delle tante violazioni dei diritti umani, al radicamento di un rapporto tra esseri umani che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne, a un meccanismo sociale che costringe le donne a vivere in una posizione subordinata rispetto agli uomini. Purtroppo la violenza contro le donne sta diventando un fenomeno sempre più diffuso nell’ambito della famiglia e in tutta la società, per cui è indispensabile affrontare seriamente il problema per eliminare o almeno ridurre gli effetti negativi prodotti da questo tipo di violenza, che va punita non solo quando si presenta sotto le forme più brutali e disumane, ma anche quando assume l’aspetto del ricatto morale e della violenza psicologica. Per combatterla oltre alle leggi, servono adeguate forme di prevenzione e di educazione.
Non è soltanto un reato da punire con pene anche severe, ma bisogna collocare il fenomeno all’interno di un contesto sociale e culturale per procedere sul piano dell’educazione e sulla costruzione di nuovi modelli culturali.
Bisogna ricorrere alla prevenzione, per fare in modo che il problema della violenza sulle donne rimanga ai margini della società, per mettere in gioco il modo di stare al mondo degli uomini, per cambiare le rappresentazioni che i maschi hanno di loro stessi e delle donne.
In questo modo sarebbe possibile smontare determinati stereotipi che sono un retaggio del passato e sono privi di ogni fondamento scientifico: il mito maschilista della virilità, secondo il quale le donne desiderano, più o meno coscientemente, di essere possedute con la violenza e possono indurre alla violenza, provocando la reazione maschile attraverso il loro abbigliamento o atteggiamenti invitanti; la riduzione della sessualità alla genitalità, che riduce la donna da “soggetto” a “oggetto e tanto altro ….
Le cause della violenza sulle donne sono sempre state cercate nella frustrazione maschile, nella mancata realizzazione personale dell’uomo, nelle difficoltà sul lavoro o nella vita, nell’insoddisfazione, ma bisogna andare più in profondità perché la causa è anche nel mancato riconoscimento dell’identità delle donne da parte degli uomini e nella non realizzata parità di diritti tra uomini e donne, nel negare alle donne la possibilità di realizzarsi e di decidere secondo quanto ritengono sia meglio per loro stesse.
Tutto nasce in un sistema di rapporti tra i sessi, in forme di sessismo che pongono il maschio in una condizione dominante, La violenza sessuale non riguarda solo l’uccisione di una donna da parte di un uomo (“femminicidio”), ma anche il giudizio estetico e morale sui corpi e sulle scelte delle donne, i condizionamenti psichici, le pratiche di negazione e di controllo, le minacce, gli insulti, le offese sotto gli occhi di tutti e per lunghi periodi di tempo.
Una forma particolarmente drammatica di violenza è l’uso dell’acido contro le donne per deformarne l’aspetto fisico, per cancellarne la bellezza e la grazia, perché la logica perversa dello sfregio non è solo una punizione, ma è anche un modo per affermare il proprio possesso per impedire a una donna di potersi unire ad altri, perché si pensa che sfigurare il corpo della donna possa toglierle ogni valore, ogni possibilità di affermazione nella società, possa essere una condanna alla cancellazione sociale.
Bisogna denunciare! Rivolgersi ai centri antiviolenza che sono presenti in molte città italiane, che hanno un ruolo “esemplare”, DA SOLE NON SI RIESCE uscire da certe situazioni, per cui c’è bisogno di un sostegno psicologico e di un aiuto legale.
E noi donne quando vediamo che nel rapporto di coppia, nel rapporto familiare, nel rapporto con gli amici o con giovani conoscenti qualcosa inizia a non andare per il verso giusto, dobbiamo agire immediatamente in qualunque contesto sociale ci si trovi a vivere.
Si deve tenere presente che quelle frasi, quelle avances, quei comportamenti, che non rispettano né la persona né la donna, possono costituire il primo passo verso brutte avventure, per cui è necessario prendere provvedimenti a questo livello prima che certi “segnali” degenerino in forme di vera e propria violenza fisica e psicologica.. Nello stesso tempo occorrono una maggiore severità e una maggiore rapidità nell’emettere le sentenze da parte della magistratura.
Ognuno di noi può fare molto! la battaglia culturale contro la violenza sulle donne deve passare attraverso un’educazione alla sessualità e all’amore, per valorizzare l’incontro tra i sessi come un incontro tra differenze.
Bertolt Brecht:” Tutti vedono la violenza del fiume in piena, ma nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono”.
La forma più alta d’amore è amare la libertà del proprio partner, amare la sua differenza di cui la donna è il simbolo.
Rossana Rolando