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Bolzano solo al 69esimo posto

Nell'indagine sulla qualità della vita delle donne Bolzano scende in classifica: intervista ad Ulrike Oberhammer, Presidente della Commissione per le pari opportunità
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Foto: (c) unsplash

Accanto alla consueta classifica delle città più vivibili d’Italia, dall’anno scorso, il Sole 24 Ore ha deciso di stilare una seconda lista, per guardare alla qualità della vita delle donne. Organizzata in 12 parametri, la classifica ricomprende al suo interno occupazione e imprese femminili, gap occupazionale e numero di amministratrici, ma anche servizi sportivi e violenza di genere. Nel 2021 Bolzano era arrivata solo 43esima nella classifica generale, una posizione che, però, non è riuscita a riconfermare, chiudendo il 2022 al 69esimo posto. Se alcuni parametri sembrano essere più positivi di altri, come nel caso dell’occupazione femminile, altri invece sono decisamente preoccupanti, con una presenza femminile molto bassa tra gli amministratori pubblici, ferma al 27,97%, e una quantità di imprese femminili che fa scivolare Bolzano al penultimo posto della classifica. Se si guarda poi ai dati che i report europei restituiscono sull’Italia, si comprende quanto, purtroppo, anche le politiche nazionali siano spesso inadeguate, condannando il nostro paese ad inseguire costantemente, in diversi campi, la media europea sulla parità di genere. C’è, quindi, ancora bisogno di iniziative che permettano di creare opportunità e aumentare la presenza delle donne, sia in ambito pubblico che in ambito privato. Ne discutiamo con Ulrike Oberhammer, Presidente della Commissione provinciale per le pari opportunità

Salto.bz: Presidente Oberhammer, qual è stata la reazione della Commissione alla pubblicazione della classifica? 

Ulrike Oberhammer: Avevamo già avuto modo di analizzare i report europei e conoscevamo le statistiche riguardanti l’Italia, tutt’altro che lusinghiere. Questa recente classifica, però, ci ha fatto capire che c’è molto lavoro da fare anche nella nostra provincia, sulla quale hanno pesato moltissimo gli anni di pandemia. Se il confronto con il 2021 ci ha visto scendere in classifica, bisogna comunque dire che dobbiamo ancora ritornare ai livelli pre-pandemici, e sarebbe stato utile fare un confronto con i numeri del 2018 o del 2019. 

 Purtroppo, come nel resto d’Italia, anche in Alto Adige le donne sono le maggiori destinatarie di contratti a tempo determinato o di contratti part-time

Quanto la pandemia ha inciso sulla condizione femminile? 

Le donne hanno risentito moltissimo del periodo pandemico, a partire dall’occupazione: la maggior parte dei posti di lavoro andati persi erano occupati da donne, basta pensare al settore del turismo. Ancora oggi questi posti non sono stati del tutto recuperati. Inoltre molte donne sono state costrette a lasciare il lavoro per dedicarsi alla cura dei figli, vista la chiusura prolungata di scuole e asili, e, anche in questo caso, non siamo ancora riusciti a recuperare del tutto. 

Questo però lascia intuire che le donne siano impiegate in settori occupazionali più precari e meno pagati? 

Purtroppo, come nel resto d’Italia, anche in Alto Adige le donne sono le maggiori destinatarie di contratti a tempo determinato o di contratti part-time. Nel caso di donne con figli, poi, tutto diventa più complicato e se mancano i servizi, come è capitato durante i lockdown, sono loro a lasciare il lavoro per stare a casa, perché retribuite di meno. 

Ancora una volta il carico familiare incide moltissimo sulla carriera delle donne? 

Purtroppo la cura della famiglia è ancora, per la maggior parte, sulle spalle delle donne. La situazione si è ulteriormente aggravata con il rientro nei consueti luoghi di lavoro, lo smart working infatti si era dimostrato particolarmente utile, anche se non risolutivo, ma, ora che si è tornati ad una nuova normalità, molte scuole hanno deciso di non mantenere i due pomeriggi a settimana, riducendoli ad uno o addirittura cancellandoli, lasciando la gestione delle attività pomeridiane alle famiglie. Rimane poi il dato culturale che ancora addossa alle donne il peso maggiore dell’educazione dei figli. 

 

 

La questione della genitorialità rimane uno spartiacque nella vita delle donne, soprattutto in ambito lavorativo? 

Recentemente Philip Morris ha deciso di corrispondere un’indennità pari al 100% della retribuzione in caso di congedo parentale, sia per gli uomini che per le donne. Si tratta di un’impresa privata ma è un esempio di come dovrebbe essere considerata la genitorialità, purtroppo ancora trattata, quasi sempre, come sola maternità. Nonostante i giorni di congedo paterno siano stati aumentati a livello nazionale, si tratta ancora di un periodo irrisorio, mentre noi proponiamo 3 mesi di paternità, per permettere una distribuzione più equa del carico familiare e una permanenza maggiore delle donne nel mondo del lavoro. Questo avrebbe effetti positivi anche sulle pensioni: altro settore su cui si abbatte la discriminazione di genere. 

Tra gli obiettivi del PNRR, però, ci sono anche l’aumento dell’occupazione femminile e il sostegno all’imprenditoria femminile?

Il Presidente Kompatscher ha da poco firmato la Carta europea per le pari opportunità ed è stato anche stilato un piano d’azione, sulla base del quale sono stati richiesti dei fondi, che verranno occupati anche per la costruzione di infrastrutture. Bisogna infatti pensare che uno stimolo all’occupazione arriva anche attraverso gli asili nido, i centri per le attività pomeridiane, le scuole, le piste ciclabili…

Un dato rilevante è la quota di donne in politica, ancora troppo bassa in Alto Adige. Avete già adottato delle iniziative? 

Dopo una lunga battaglia finalmente è stata adottata la quota di genere obbligatoria anche nelle giunte comunali. Se le donne vengono poste in fondo alle liste elettorali, però, si fa fatica ad ottenere un risultato soddisfacente. Spesso, infatti, si paga una certa diffidenza nei confronti della partecipazione femminile in politica, che arriva a coinvolgere le donne stesse. Abbiamo quindi deciso di istituire, in collaborazione con EURAC, un corso per donne in politica, simile al corso, portato avanti con la Camera di Commercio, per l’imprenditoria femminile. 

 Noi proponiamo 3 mesi di paternità, per permettere una distribuzione più equa del carico familiare e una permanenza maggiore delle donne nel mondo del lavoro

Un altro parametro preso in considerazione è quello della violenza sulle donne, qual è la situazione nel territorio bolzanino? 

Nonostante il grande lavoro delle molte associazioni presenti nella provincia, ancora troppe donne non denunciano per paura o per scarsa conoscenza degli strumenti normativi. Abbiamo deciso, quindi, di inserire in tutti i comuni una figura di raccordo, che possa informare ed indirizzare le donne vittime di violenza, proprio per creare una rete di sostegno. Nei comuni di Bolzano e Merano questa rete sta dando dei risultati incoraggianti e speriamo che possa essere d’esempio anche per gli altri comuni. Rimangono però degli aspetti legislativi da modificare. 

L’introduzione del codice rosso ha mantenuto dei profili problematici? 

Il codice rosso ha contribuito alla lotta contro la violenza, ma ci sono delle parti che andrebbero cambiate, mi riferisco soprattutto alla possibilità per i padri condannati di vedere i figli. Questo si ripercuote in maniera profondamente negativa sulle donne, che sentono la pressione esercitata dai partner attraverso i figli, ai quali è spesso capitato di assistere alla violenza. Noi chiediamo di modificare questa parte della legge, sia mediante un rafforzamento del controllo nei percorsi di recupero dei partner violenti, che deve essere dimostrato con particolare incisività, sia attraverso una profonda attenzione al benessere della donna e dei figli.