Politics | Privilegi e sprechi

Regioni autonome: buttar via il bambino con l'acqua sporca?

Nei giorni scorsi il libro "La casta a statuto speciale; conti, privilegi e sprechi delle regioni autonome" ha dato scalpore perchè ha fornito a Bruno Vespa lo spunto per un attacco frontale alle autonomie speciali. Si tratta di un libro polemico dall'inizio alla fine, e che tende a fare di tutt'erba un fascio.
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L'autore non risparmia colpi bassi, confronti fuori luogo, dati statistici mescolati senza logica chiara, luoghi comuni che ora fanno il giro nei media, senza riflessione sulle ragioni delle autonomie speciali e delle responsabilità per le disfunzioni nello stato regionale italiano. Dall'altra parte il testo riporta un gran mole di dati e grafici comunque già pubblici, e sarà difficile contestare che le fonti utilizzate - dalla Camera di Commercio di Mestre al Ministero dello sviluppo economico, dalla Corte dei Conti all'ISTAT – siano serie: da anni questi dati indicano sprechi nella finanza regionale, costi della politica ingiustificabili, squilibri nel sistema di finanziamento delle Regioni speciali.

Prendiamo per esempio il capitolo "L'Eldorado delle famiglie". De Robertis fa un lungo elenco delle prestazioni sociali di tutti i tipi che le Regioni speciali, in virtú delle loro competenze, sono riuscite ad attivare a favore della propria popolazione. Effettivamente il divario fra le regioni speciali e quelle ordinarie del Nord, ma anche fra le Regioni speciali del Nord da una parte e la Sicilia e la Sardegna sono impressionanti. Nel capitolo iniziale sul "grande divario" afferma: "Regioni in cui vengono rimborsate le cure dentistiche, pagati i pannolini, c'è una pressione fiscale più bassa, gli stipendi dei pubblici dipendenti e degli amministratori sono mediamente più alti, le aziende godono di sovvenzioni pubbliche vicini ai limiti europei che vietano aiuti di Stato, e in invece Regioni in cui tutto questo è negato."

In effetti, il livello generale di prestazioni pubbliche, servizi e strutture sociali e sanitarie nella nostra provincia come nel Trentino, Valle d'Aosta e nel Friuli è più avanzato. Questo però non è un privilegio, ma un frutto del nostro autogoverno locale, delle nostre scelte democratiche di spesa pubblica. Che il livello delle entrate delle Regioni a statuto speciale sia relativamente alto, forse troppo alto, è nient'altro che un risultato di accordi fra Stato e Regioni autonome. Ogni Regione e Provincia, che sia speciale o meno, cerca di assicurarsi quello che può, per cui il bersaglio vero di tali critiche sarebbe lo Stato incapace di organizzare bene il federalismo fiscale. Va ribadito a questo punto che la specialità è fatta per consentire ad alcune Regioni uno spazio di autogoverno più ampio. per motivi ben precisi. È rimesso alla loro autonomia e ai rappresentanti eletti in queste regioni di creare un sistema di welfare regionale secondo le preferenze locali. È questo il senso di autonomia territoriale. Ed è questo che De Robertis non sembra aver capito affatto.

Capitolo invece assai azzeccato quello sul costo della politica nelle Regioni a statuto speciale e sul "dipendentificio federale". Benché le Regioni ordinarie, e soprattutto quelle del Sud, non scherzassero con gli stipendi dei loro politici, in quelle a statuto speciale consiglieri, governanti, sindaci e sottgoverno sembrano essersi scatenati, e, a differenza dei loro colleghi delle regioni ordinarie sono usciti quasi indenni dalle sforbiciate del Governo Monti. Sarà risaputo, ma l'analisi del "dipendentifico" (De Robertis) siciliano con tanti esempi al limite dell'assurdo potrà servire per ripensare non certo l'autonomia, ma l'approccio assistenzialista che regna nella politica di questa realtà a scapito degli stessi siciliani. L'autore non risparmia le critiche neanche alla "casta" locale, agli stipendi dei politici del Trentino-Alto Adige, ai negoziati fra ministri, partiti al governo e parlamentari SVP ("Quegli sporchi ricatti").

Dopo la bordata generale contro le Regioni speciali – se si salva una è solo il Friuli Venezia Giulia che effettivamente ha un livello di entrate minore rispetto le altre 4 Regioni – non può stupire la terapia suggerita dall'autore: abolire le Regioni speciali che De Robertis definisce "un relitto del passato", un'anomalia che economicamente e storicamente a lui appare sempre più priva di significato. Con tali sentenze l'autore non solo fa torto alle amministrazioni virtuose che - a parte certi sprechi e investimenti malriusciti – possono presentare risultati migliori in un'ampia gamma di politiche sociali, economiche, della formazione, della sanità, dell'ambiente, che li avvicinano alle realtà regionali più avanzate in Europa. Ma De Robertis dimostra anche una fatale ignoranza delle ragioni di fondo dell'istituzione delle Regioni speciali: la diversità etnico-culturale, la tutela delle minoranze nazionali, le peculiarità storiche. La tutela delle minoranze linguistiche è prevista dalla Costituzione e le autonomie speciali non sono altro che lo strumento giuridico e politico per garantire questo obiettivo di fondo. Questi motivi per almeno 4 di queste regioni e province non sono per niente relitti del passato. In fondo il suo è un attacco al regionalismo e federalismo in quanto tale per invocare un nuovo accentramento che in Italia è già risultato fallimentare.

Pierfrancesco De Robertis: La casta a statuto speciale – Conti, privilegi e sprechi delle Regioni autonome, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2013, pp.148, Euro 10

L'autore è responsabile della redazione romana del "Quotidiano Nazionale", giornalista parlamentare, e ha pubblicato anche: "La casta invisibile delle Regioni".